Intervista: La Scomparsa Del Giocatore Militante

Guy Chiappaventi racconta la storia amara e discussa di un protagonista del calcio italiano anni.80, connettendo il tutto al contesto politico e sociale di riferimento. Ne abbiamo parlato con l’autore.

Cosa ti colpisce di più di storie come quella che hai ben raccontato nel tuo bel libro?

Io ho cercato di raccontare una storia di un altro calcio, il calcio premoderno. Quello prima della televisione via cavo. Un calcio più umano e meno ricco dove nella squadra descritta nel libro, si chiama Alma ma è la Lazio, potevano giocare sette-otto calciatori nati a Roma.

 Le dichiarazioni rilasciate dal protagonista durante la sua esperienza ad Avellino quanto sono dettate dall’ingenuità e quanto dal reale senso di militanza. Poteva evitarle?

Perché avrebbe dovuto evitarle? E’ un calciatore e allo stesso tempo un militante politico, extraparlamentare. Intende il calcio stesso come militanza. Dice: “L’unico modo che ho per incidere è non parlare del calcio in maniera consumistica. Io non gioco a calcio per la Bmw e la fica, come gli altri”.

In età giovanile M.M. é guidato da un gran senso di giustizia sociale, ma col tempo si fa sempre meno remore ad infrangere la legge: é un controsenso o é un atteggiamento figlio delle vicissitudini  patite?

E’ un personaggio di confine. Abbraccia l’etica ma resta un ragazzo di strada, di borgata, anche se non è nato in borgata. E’ la forza del personaggio e della storia raccontata nel libro. Non ci sono buoni buoni e cattivi cattivi. Ma c’è una grande zona grigia.

A tal proposito ti chiedo quanto hanno pesato gli infortuni nel minare la sua vita oltre che la carriera in modo incontrovertibile.

Beh, è chiaro che senza i due infortuni avrebbe avuto un’altra carriera, avrebbe giocato probabilmente dieci anni in serie A e avrebbe di conseguenza fatto anche un’altra vita.

Credi che il suo modo pensare e di esporsi in prima persona l’abbia etichettato come “diverso” all’interno degli spogliatoi di appartenenza?

I suoi compagni di squadra dicono di no, che nello spogliatoio non si parlava di politica e che non lo percepivano come un Ufo. Ma io penso che evidentemente il carattere e l’impegno politico, tra l’altro a sinistra in una squadra con un alone di destra, lo abbiano portato a differenziarsi.

In connessione con la domanda precedente ti chiedo se le sue accuse legate al calcio scommesse vadano viste come una sorta di rivalsa verso chi non l’ha accettato alla Lazio. 

No, non credo. Non in assoluto. Credo che abbia scelto l’obiettivo più facile e che faceva più comodo a tutti: un compagno a fine carriera. Poi può essere che abbiano anche pesato simpatie e antipatie personali.

Nel libro si intuisce grande disillusione sociale nel protagonista con il passare del tempo: anche dal punto di vista politico?

Ma, sai, il libro è una non fiction novel. Molte cose sono vere, altre verosimili, alcune di fantasia. Ti rispondo dicendo che la disillusione sociale potrebbe essere anche la mia.

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