
Elena Marmugi ci regala un libro piacevole che oltre ad intratattenere con una trama interessante consente di conoscere meglio il contesto empolese, calcistico e non. Ne abbiamo approfondito i temi con l’autrice.
Quando è nata l’idea del libro?
Verso la fine del campionato 2018/2019. Sono toscana ma vivo a Milano dal 2001 e ogni 15 giorni torno a
casa per vedere il mio Empoli. Quella domenica, prima di muovermi verso il Castellani – pensando che il
2020 sarebbe stato l’anno del centenario – sono stata assalita da un forte desiderio di provare a scrivere
una storia che raccontasse la mia città e la mia squadra.
“La Città Azzurra” è stata un’idea di cui mi sono innamorata in un attimo, un libro pensato di pancia.
Da subito ha scatenato nella mia testa un sacco di immagini, sono affiorati personaggi, situazioni, ricordi.
E’ un libro che mi ha combinato… un gran casino: mi ha svegliato di notte costringendomi ad annotare cose
che mi venivano in mente, per paura di perderle al suono della sveglia; mi ha fatto compagnia in tanti
weekend in cui sono rimasta a casa perché sentivo la necessità di andare avanti con il racconto; è stato
fondamentale nel periodo del primo lockdown, quando scrivere di calcio era un po’ come andare allo
stadio.
Quali sono stati le tue fonti di ispirazione in termini di stile di narrazione?
Rispondo citando alcuni autori che ho letto per “allenarmi”, per iniziare a pensare in termini calcistici e
anche per capire meglio come un uomo vive il calcio, perché volevo che fosse (e così è stato) un uomo il
protagonista del mio libro.
Osvaldo Soriano per esempio, al quale invidio la galleria variopinta dei personaggi e il suo modo poetico di
raccontare i destini degli sconfitti; Eduardo Galeano del quale ho setacciato “Splendori e miserie del gioco
del calcio”; Pippo Russo di cui ho letto “Il mio nome è Nedo Ludi”, altro romanzo sul calcio ambientato a
Empoli…
Potrei andare avanti con “Atletico Minaccia Football Club” di Marco Marsullo e “La Simmetria dei desideri”
di Eskhol Nevo. Mi fermo qui, a cinque… è già una bella squadra di calcetto!
Nel libro Empoli viene correttamente indicata come “ombelico del mondo” dal punto” dal punto di vista geografico: in un certo senso questo fattore si rispecchia anche socialmente e culturalmente?
L’ho indicata come “ombelico del mondo” per praticità geografica, in fondo siamo proprio lì in mezzo: vicini
al mare, alla montagna e alle colline, equidistanti dalle più note città d’arte toscane, equidistanti da Roma e
da Milano. Sarebbe presuntuoso però dire che siamo al centro di tutto. A livello culturale, per esempio, ci
inchiniamo di fronte a Firenze, Pisa, Siena, Lucca…
Tuttavia, pure noi annoveriamo dei “gioiellini” che varrebbe la pena visitare e conoscere.
Come giudichi l’uso dei social in tema di discussione sportiva? Ha tolto fascino alla classica discussione da bar?
Di solito non partecipo, ma leggo incuriosita.
Alcuni commenti riescono a restituire in modo fedele, schietto e sincero la discussione da bar, utilizzando
quel tipico linguaggio colorito che riesce sempre a strappare un sorriso. Certo, sul web poi non arriva la
bevuta che mette tutti d’accordo…
Resto un po’ interdetta invece di fronte alla mancanza di contenuti o quando, peggio ancora, gli unici
contenuti sono le offese ed i social diventano perlopiù “sfogatoi”.
Nel leggere il libro mi sono reso conto che un certo modo di vivere la provincia sta scomparendo, sei
d’accordo?
Mi piace pensare – e mi aggrappo a questa idea – di no.
Credo che alcuni sentimenti – la solidarietà, la fiducia nel prossimo – debbano essere semplicemente
rispolverati, ma se gli diamo una bella lucidatina riaffiorano. Molti sono riemersi su larga scala in questo
strano periodo che stiamo vivendo: il ricordarsi dell’anziano solo, andare in farmacia o a far la spesa per lui;
citofonare senza preavviso ad un amico per il semplice gusto di fare un saluto e restare a parlare per ore,
uno in strada e l’altro affacciato alla finestra; portare un pezzo di torta al vicino di casa o – come fa Alfredo
ne “La Città Azzurra” – accompagnare un nonno che non ha la macchina a riscuotere la pensione…
Piccoli gesti che ti fanno ancora credere di vivere in una comunità di persone perbene. In provincia è così:
puoi sentirti solo, ma mai abbandonato.
Nel libro è molto sentita la differenza tra tifare per una “piccola” rispetto a tifare per una “grande”: cosa comporta in termini di emozioni?
Empoli è un caso raro, siamo gli unici a un certo livello ad essere conosciuti prima per la squadra di calcio
che per tutto il resto. Comunque, per rispondere alla tua domanda…
L’essere più abituati a soffrire. Sapersi accontentare. Avere quella capacità di saper leggere in chiave
positiva anche una sconfitta. Essere consapevoli del fatto che per i calciatori che vestono la nostra maglia,
non siamo un punto d’arrivo, ma di partenza. Idem per gli allenatori.
Di grandi fioriture all’ombra del Castellani ne abbiamo viste parecchie: Montella, Di Natale… Spalletti, Sarri.
E per chi va resta l’affetto (sempre contraccambiato) per aver dato tutto per i nostri colori e l’orgoglio di
poter dire: è cresciuto nelle file dell’Empoli!
C’è una partita dell’Empoli che ti è rimasta particolarmente nel cuore?
Tante sono menzionate nel libro. Ad Alfredo infatti, il protagonista, ho dato la mia età in modo da prestargli
anche i miei ricordi. Indimenticabile la prima vittoria a Firenze contro la Fiorentina nel settembre del ‘97; la
partita di playout Empoli – Vicenza, un 3-2 soffertissimo al Castellani… vittoria strappata quando ormai
eravamo ad un passo dalla Serie C.
Tra le più recenti invece – da farselo scoppiare, il cuore – i due derby contro il Pisa della passata stagione.
Ma, per essere coerente con quanto detto nella risposta precedente, metto anche una sconfitta.
Un’amarissima sconfitta che ci riscaraventò in B: Inter – Empoli del 26 Maggio 2019.
Ero a San Siro, fu una partita strepitosa che avremmo meritato se non di vincere, almeno di pareggiare.
Non so quanto rimasi immobile a guardare il campo ormai vuoto.
Ricordo gli applausi degli avversari e le lodi alla squadra, in metropolitana schiacciata tra i tifosi interisti.
Quali sono i tuoi progetti letterari futuri? Ci sarà ancora spazio per il calcio?
Per il momento mi godo l’affetto che sta ricevendo “La Città Azzurra” da lettori e tifosi di qualsiasi squadra.
Scrivere per me è passione e professione, scrivo ogni giorno per la radio in cui lavoro e vorrei coltivare
questo dono anche in futuro, certo.
Resto in ascolto, con cuore e braccia aperte, in attesa di ispirazione e se tra le mie pagine ci sarà da tirare
ancora un calcio ad un pallone, non mi tirerò indietro. Ma non sono io a decidere, le storie …arrivano.
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