Intervista: Generazione 73

L’anno 1973 è stato davvero molto importante dal punto di vista calcistico, avendo regalando tanti campioni e soprattutto uomini di alto spessore, piacevolmente selezionati da Paquito Catanzaro. Ne abbiamo parlato con l’autore.

Come nasce l’idea di dedicare un libro ai nati nel 1973, anno molto interessante dal punto di vista calcistico?

L’idea nasce da una chiacchierata con l’editor Mauro Giorgini. Ricordammo un Europeo vinto dall’Under 21 grazie a un gol di Pierluigi Orlandini e tra un aneddoto e l’altro tirai fuori “Certo che giocatori, quelli del ’73”. Dalla Nazionale alla serie A il passo è stato breve. Ancor più breve è stato quello dal taccuino, su cui avevo appuntato una serie di nomi, al documento Word.

Cosa si deve aspettare un lettore che si approccia al tuo libro? Come lo convinceresti alla lettura?

Gli suggerirei di indossare scarpe comode. Si cammina su un manto erboso e lo si fa a lungo, più o meno per 180 pagine. Pagine di Storia e storie. Pagine nelle quali, alla maniera del libro “Cuore”, provo a raccontare le vicende umane di 16 calciatori e la vicenda calcistica di 16 ragazzi divenuti uomini.

Ne libro hai usato veri espedienti narrativi, tutti in egual modo coinvolgenti. Hai seguito un preciso piano o hai scritto d’impulso?

Ho scritto di getto. La prima versione del manoscritto è stata realizzata in 19 giorni. Nei mesi successivi (da settembre a dicembre) abbiamo lavorato all’editing e rivisto alcuni racconti pure 2, 3 volte. Sono sempre molto attento alle dritte che arrivano da editor e lettori beta, pertanto ho fatto tesoro di ogni critica e/o diretta e ho messo a punto un libro che, stilisticamente parlando, mi convince proprio perché molto variegato

Sei più attirato dalle storie dei grandi campioni affermati o da chi si è distinto magari solo per un importante episodio?

A me piacciono quegli aneddoti che riconducono alla fiaba. Per conoscere le statistiche vai su Google e in pochi secondi soddisfi la curiosità. All’interno di un racconto puoi raccontare le crepe, le fragilità, i pianti e le urla di gioia. I calciatori meno conosciuti, per i quali faccio normalmente il tifo, hanno tanto da raccontare e trovo meraviglioso dar loro voce.

Le carriere di Filippo Inzaghi e Christian Vieri si sono sviluppate in provincia, dove sono “fatti le ossa”: credi possano essere d’esempio per i giovani dei nostri giorni?

Inzaghi sembra il protagonista di un romanzo di formazione. Per affermarsi ha dovuto intraprendere un “viaggio dell’eroe” che lo ha portato dalla provincia alla grande città e da lì al tetto d’Europa del mondo. Lo ha fatto superando ostacoli via via più impegnativi mantenendo una dimensione umana invidiabile. Vieri, invece, mi ricorda un guascone. Sarebbe la spalla perfetta di Cyrano de Bergerac.

Al tempo questo ti chiedo se la generazione oggetto del libro avesse valori o un carattere diverso rispetto alle successive.

Quelli del ’73 sono ragazzi che non hanno conosciuto i social ma che hanno visto cambiamenti epocali: la sentenza Bosman, il passaggio all’Euro, l’attentato delle Torri Gemelle. Potrei andare avanti per ore ma mi limito a ricordare che quasi tutti continuano a lavorare nel mondo del calcio. Ciò significa che hanno lavorato con dedizione e professionalità. Secondo me su valori del genere si deve fondare la carriera di qualsiasi sportivo.

C’è un personaggio tra quelli da te raccontati che hai particolarmente nel cuore?

Gennaro Iezzo, per tre motivi. 1) È portiere; 2) È stato il portiere di un Napoli che ho amato alla follia, poiché in due anni è balzato dalla Lega Pro alla serie A; 3) Per poter indossare la maglia del Napoli ha rinunciato a un lauto ingaggio e alla possibilità di giocare in Champions Leauge. Se non è romanticismo questo?

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