
Ogni amante del calcio datato attendeva la pubblicazione di un libro su Josef Bican e Angelo Amata De Serpis colma tale desiderio in un romanzo accattivante, esplicativo della sua grandezze ed anche delle varie vicissitudini politiche e sociali. Ne abbiamo parlato con l’autore.
Come nasce il tuo interesse per Josef Bican e quando é nato il progetto di dedicargli un romanzo?
Innanzitutto grazie infinite per l’invito e l’ospitalità a Bibliocalcio. Il mio interesse per la storia di Josef Bican è sorto alcuni anni fa, ma in modo molto casuale. Durante le ricerche effettuate per il mio precedente romanzo “Árpád ed Egri”, dedicato ai due grandi allenatori ebrei ungheresi Árpád Weisz ed Ernö Egri Erbstein, mi è capitato più di una volta, anche su giornali italiani dell’epoca, di incrociare il nome di Bican e, già su quelle testate sportive, trovare spesso giudizi lusinghieri sulle sue qualità calcistiche, da qui il passo per approfondire un po’ di più la sua storia e scoprire le sue straordinarie qualità umane e la sua interessantissima vicenda è stato davvero breve.
Molte volte il suo talento ed il suo impatto nella storia del calcio sono un po’ sottovalutato: cedo sia solo una conseguenza dell’epoca remota nella quale ha giocato?
É una domanda che mi sono posto per tutto il tempo della mia ricerca e poi della stesura del racconto e, la risposta che ritengo più realistica, è che una componente di questo strano oblio è di certo l’epoca remota della sua vicenda umana e sportiva, ma anche credo l’inequivocabile dato che Bican fu, per tutta la sua vita, un elemento scomodo, poco amato sia dagli austriaci perché di origine ceca, sia dai nazisti perché non volle diventare tedesco, sia a volte dagli stessi cechi prima perché considerato viennese, poi perché non allineato al partito comunista locale, avendo rifiutato più volte di aderire al regime e, principalmente, per la sua voglia di libertà e di non essere condizionato da niente e da nessuno: in pratica era un personaggio da tenere il più possibile lontano dai riflettori, che ha dovuto subire spesso discriminazioni e privazioni, sia economiche che sociali.
Tecnicamente è fisicamente sembra di essere di fronte ad un giocatore estremamente moderno per l’epoca di appartengano, sei d’accordo?
Indubbiamente sì. Dai numerosi articoli che ho potuto scovare e da tante testimonianze, anche di suoi ex compagni di squadra, si intuisce chiaramente che siamo di fronte innanzitutto a uno straordinario atleta (avrebbe potuto competere, con ottimi risultati, a livello internazionale anche nella corsa veloce in quegli anni), inoltre era dotato di tecnica sopraffina con entrambi i piedi, probabilmente proprio perché già da piccolo giocava a calcio spesso a piedi nudi, non potendo permettersi delle scarpette da calcio, oltre che abilissimo anche di testa. Un altro dato importante era la sua duttilità tattica, nella sua carriera ha ricoperto in pratica tutti i ruoli del reparto offensivo, segnando in qualunque posizione del campo goal a raffica.
Nel libro é ben rappresentato il rapporto tra libertà personale e misure coercitive: credo che da esso Bican abbia tratto un risultato positivo o negativo? La sua carriera avrebbe potuto essere diversa?
La sua voglia di libertà e di non volersi piegare a nessun tipo di totalitarismo è l’aspetto che mi ha affascinato di più e mi ha spinto a raccontare la sua storia che, come mi preme ribadire, è un romanzo e non una biografia. L’integrità morale, la coerenza con i suoi principi, l’opporsi ai soprusi, il desiderio di voler “giocare solo a calcio”, lo rende ai nostri occhi un “eroe” molto attuale, ma tale atteggiamento lo ha sicuramente danneggiato non poco, sia sotto il profilo professionale, sia nella vita quotidiana. La storia non si fa con i “se” e con i “ma”, però non è facile immaginare che, se si fosse piegato ai voleri dei nazisti o dei comunisti cechi, probabilmente, avrebbe fatto una carriera calcistica molto più ricca di allori e avrebbe avuto una vita meno tribolata ma, forse, avremmo perso la possibilità di avere un esempio virtuoso da raccontare alle nuove generazioni e io, molto probabilmente, non avrei scritto questo romanzo.
Al netto delle decisione arbitrali il Mondiale del 1934 rappresenta il suo piu grande rimpianto sportivo, tenuto conto del valore del Wunderteam?
Sicuramente il mondiale del 1934 è stato il punto più alto raggiunto con le nazionali da Bican con il quarto posto conquistato ed effettivamente fu un risultato che andò molto stretto a quella che allora era considerata la squadra più forte del mondo, il team delle “meraviglie”. Io credo però che il rammarico più grande per lui fu la mancata partecipazione ai mondiali del 1938 con la maglia della Cecoslovacchia, per un incredibile problema burocratico. Davvero non so se, con “Pepi” Bican in campo forse nel suo momento migliore, al fianco dell’altro fortissimo attaccante Oldřich Nejedlý, il risultato sarebbe stato lo stesso, con l’eliminazione ai quarti della rappresentativa ceca per mano del Brasile.
Come vorresti che venga ricordato “Bepi” Bican?
Io mi auguro innanzitutto che di Bican venga finalmente conosciuta un po’ di più la sua storia perché, al di fuori della Repubblica Ceca, pur essendo stato uno dei più grandi bomber di tutti i tempi, sono davvero pochi quelli che lo hanno anche soltanto sentito nominare; inoltre spero che venga ricordata la sua capacità e, se vogliamo anche testardaggine, di voler mantenere fede alle proprie idee e di non voler mai scendere a compromessi, un vero e proprio esempio di vita ancora oggi estremamente attuale.
Continuerai ad occuparti del calcio del periodo? Hai in cantiere qualche altro progetto ad esso collegato?
) In futuro può darsi di sì, sono nato come giornalista sportivo e lo sport, e il calcio in particolare, mi ha sempre affascinato, ma non ti so dire. A me piace raccontare la storia sempre da un’ottica un po’ diversa e, mi auguro, più interessante, come ho cercato di fare in “Né rosso né nero”, dove c’è il tentativo di narrare, in modo semplice, una piccola fetta di storia dell’Europa del Novecento, attraverso la particolare lente dello sport e del calcio, proprio per renderla più accattivante, specie per i giovani. Dopo questo lavoro è in cantiere un altro romanzo, questa volta però ambientato nel Cinquecento della Riforma e della Controriforma.
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