


Una nuova alba
“Una nuova alba” segna il primo romanzo di Sergio Francesco Tagliabue. Racconta una storia incentrata sulla confusione esistenziale di giovani uomini nella Manchester degli anni ’70. In particolare di Damon, il protagonista. È un libro che scandisce ogni difficoltà dell’esistere, ogni passo nell’incertezza, con le canzoni del movimento post-punk di quegli anni e con la nascita della cultura casual nelle terraces. Nell’arco del romanzo, Damon è visceralmente legato al destino di Ian Curtis, leader e frontman dei Joy Division. Figura che appare più volte come un ologramma in grado di proiettare il protagonista verso cime di verità e consapevolezza. Il romanzo è anche imperniato della cultura casual negli stadi del Nord Inghilterra che nasce proprio in quegli anni, e si aggiunge alle molteplici ambientazioni e tematiche presenti nel libro. La forza del romanzo non è però racchiusa solo nella sua trama e nell’ambientazione, ma anche nella delicata capacità di accarezzare temi intimi e profondi. In “Una nuova alba” si viene avvolti dall’atmosfera di ragazzi ventenni e della loro quotidianità, segnata da violenza, amore, dubbi e criticità, le difficoltà nello scegliere un destino da percorrere, in tempi marchiati dalla crisi economica di tutta l’Inghilterra. Ed è proprio nell’amicizia, nell’amore, nello stadio e nella musica che sarà custodita una nuova alba.
Allora Sergio, la prima domanda verte sulla storia e sulla tua scelta di raccontare quell’epoca, segnata dal fenomeno casual, dalla violenza negli stadi e dalla nascita del movimento post punk a Manchester. Come nasce quest’idea di scrivere un romanzo che raccoglie tutte queste tematiche?
La mia è stata una scelta spontanea e venuta dal cuore dato che questa epoca e quei posti rappresentano le mie principali passioni, ho voluto immergermi totalmente in queste mie passioni raccontando storie di ragazzi che potrebbero benissimo essere quelle mie e dei miei amici se solo avessimo vissuto in Inghilterra in quegli anni, in tanti aspetti comunque, sono argomenti che possono essere ancora attuali al giorno d’oggi e nei quali possono rispecchiarsi anche i giovani dei nostri giorni ed anche in Italia. Diciamo che ho voluto parlare di qualcosa che conoscevo già bene per sentirmi quasi parte del romanzo, per sentirmi quasi uno dei protagonisti della storia e penso che anche altri ragazzi come me lo possano fare. La mia passione per il calcio inglese e per tutto quello che riguarda la storia, la cultura, la musica nel Regno Unito risale ormai a tanti anni fa ed ho continuato a farla crescere sempre di più attraverso la lettura di libri, guardando film ambientati in quei posti, ma soprattutto viaggiando in UK, scoprendo grandi città, ma anche piccole realtà altrettanto belle e che mi hanno sicuramente ispirato per scrivere storie di ragazzi di periferia.
Quindi in entrambi i libri, attraverso il racconto delle vicissitudini dei protagonisti, si parla appunto di queste mie passioni che riguardano l’Inghilterra, c’è il calcio, infatti i personaggi principali sono tifosi dello Stockport County, una squadra della periferia di Manchester, ci sono le sottoculture, e qui si parla molto del fenomeno dei Casuals nato proprio in quegli anni sulle terraces degli stadi inglesi soprattutto nel Nord del Paese, e c’è ovviamente la musica, tutta quella che c’era a Manchester in quegli anni, ma soprattutto il post-punk, un genere nato in particolar modo grazie ai Joy Division, band che soprattutto Damon, il protagonista principale, seguirà sin dagli inizi dalla loro formazione fino alla fine dopo la tragica morte del loro leader e cantante, Ian Curtis. E poi c’è, volenti o nolenti, la violenza, quella che c’è nelle strade, in periferia, ma anche allo stadio; non posso dire che la violenza negli stadi sia una mia passione, anzi, ma ha fatto parte, o fa parte ancora forse, della vita di quei ragazzi nati e cresciuti in posti difficili, in famiglie povere alle prese con la disoccupazione. La violenza negli stadi un po’ l’abbiamo vissuta anche noi ragazzi che andavano alle partite negli anni più difficili ed anche se non ne abbiamo fatto parte in modo diretto l’abbiamo comunque sentita e non era possibile raccontare di calcio negli anni 80 senza trattare questo argomento anche perché proprio i Casuals furono una sottocultura nata anche con l’intento di vestirsi in modo sportivo con capi firmati allo stadio per passare inosservati davanti alla polizia ed alle tifoserie avversarie per poi colpirle sfruttando il fattore sorpresa.
Damon, il protagonista, segue visceralmente le vicissitudini di Ian Curtis, quasi come fosse il suo migliore amico. Tra l’altro, per raccontare quell’epoca riporti nel romanzo fatti realmente accaduti nel mondo musicale e delle terraces mancuniane, ed è dunque evidente anche un tuo grande lavoro storiografico. Perché questo legame così profondo tra Ian e Damon? E’ grazie alla musica che si può uscire da uno stato di confusione esistenziale?
Sì, effettivamente ho fatto un grande lavoro storiografico, ma per me è stato piacevole perché sono le mie passioni, molti fatti già li conoscevo, ma è stato bello poterli approfondire e cercare di costruirci intorno un romanzo, spesso ho dovuto incastrare vari avvenimenti, partite o concerti soprattutto, per poter fare in modo che i protagonisti partecipassero ad ognuno di questi, qualsiasi partita o concerto raccontati nei libri sono reali nelle date e nei luoghi indicati, non è stato facile perché si parla comunque di 40 anni fa circa e spesso le informazioni sono poche o poco precise. Il legame tra Damon ed Ian è molto profondo, ma più che altro per il primo, per i suoi sentimenti, le difficoltà, ma anche le speranze ed i sogni che ogni ragazzo può avere a quell’età. E’ un rapporto quasi “spirituale”, infatti Damon non ha mai la possibilità di incontrare di persona (se non vedendolo sul palco) Ian, di parlargli e di spiegargli quanto le sue canzoni siano importanti per lui, ma gli basta ascoltare i suoi pezzi e guardarlo negli occhi durante i concerti per avere un rapporto così intimo con il cantante. Non ho voluto dare un ruolo nel romanzo ad Ian Curtis perché è stato una persona reale e non sarebbe stato giusto farlo diventare un personaggio di un libro, non sarebbe stato nemmeno un mio diritto e non avrei mai osato farlo, ma penso di essere comunque riuscito a dargli un ruolo importante perché credo che la musica possa essere un mezzo davvero forte per tutti, ma soprattutto per dei giovani ragazzi che ancora devono scoprire la vita, le sofferenze anche sentimentali, i problemi quotidiani, spesso la musica riesce a dare la forza per reagire, altre volte serve anche per non sentirsi soli e quando si è tristi è anche bello ascoltarla per avere quasi un senso di conforto, per essere sì tristi, ma con la sensazione che forse anche altre persone hanno vissuto come te quella tristezza. A volte quando si è tristi non si vuole nemmeno conforto, ma solo sentire di non essere soli, di poter piangere e sfogarsi con l’aiuto di una musica triste o con dei testi nei quali ci si può riconoscere. Secondo me, come si è potuto capire appunto da questo rapporto che Damon sente di avere con Ian e le sue canzoni, la musica può quindi aiutare anche ad uscire da uno stato di confusione esistenziale perché spesso i testi, in particolare quelli proprio dei Joy Division, sono molto profondi e parlano dei problemi veri, problemi che molti di noi hanno avuto ed il fatto di potersi confrontare in certi momenti con queste canzoni può far sentire meno soli, e questo può dare la forza per reagire, il potere della musica è davvero forte e credo seriamente che i ragazzi ascoltino di più quello che le canzoni dicono loro piuttosto di quello che gli dicano i genitori o gli insegnanti. Damon attraversa un periodo difficile sia dal punto di vista esistenziale che da quello sentimentale e spesso si affida alle canzoni dei Joy Division per affrontarlo e per andare avanti prendendo poi le sue decisioni facendosi trascinare anche dai suoi sentimenti e non solo dalla ragione e da quello che si deve fare per forza.
Nel romanzo, Damon e i suoi amici sono immischiati anche nel mondo della violenza negli stadi, nel fenomeno casuals e hooligans. Situazione che, tra l’altro, produce anche un forte senso di smarrimento in Damon. Qual è la visione che i protagonisti hanno della violenza nelle terraces? È semplice violenza, teppismo, o, invece, per quei ragazzi dimenticati dalla politica, prede della crisi economica, è quasi un modo per definire loro stessi e per riscattarsi?
Per i ragazzi dei miei romanzi la violenza è un qualcosa che hanno imparato a conoscere sin da ragazzini e si sono abituati a conviverci per poter sopravvivere in quelle periferie difficili fatte di delinquenza, disoccupazione, povertà e disagi; sin da bambini hanno imparato a difendersi ed a difendere i propri amici ed il proprio “territorio”, quindi la loro città e la loro squadre locale sono per questi ragazzi qualcosa che sentono a tutti gli effetti loro, hanno un fortissimo senso di appartenenza e sono determinati nel dover difendere tutto ciò che sentono loro e di nessun altro. E questo si ripercuote anche allo stadio, la squadra locale non è solo una squadra da tifare, è un sentimento, si sentono parte di essa e quindi la vogliono difendere così come difenderebbero dei loro amici, non vogliono permettere a nessuno di invadere il loro territorio, di occupare i loro spazi, i loro pub, il loro stadio. Ed allora la violenza negli stadi diventa ai loro occhi un modo per difendere la loro città e la loro squadra, è anche un modo per sentirsi più forti, in un certo senso questa violenza forma il loro carattere duro che poi servirà loro anche nella vita di tutti i giorni, nel lavoro, in famiglia, nella società.
Quindi penso che per quei ragazzi, così come nella realtà di quei tempi, fosse davvero un modo anche per riscattarsi, per sentirsi forti, per sentire di essere riusciti a prevalere o almeno a provarci con forza e coraggio. Non è probabilmente il modo giusto, ma per ragazzi abituati a convivere con la violenza forse quello era l’unico modo che avevano per potersi sentire forti e realizzati. Anche se poi, nel corso nella storia e soprattutto nel personaggio di Damon, tutto questo viene messo in dubbio, ad un certo punto crescendo ci si rende conto che possono esserci altri modi, che può esserci qualcosa di meglio rispetto alla violenza, che la vita può offrire altro.
Nel romanzo, poi, anche l’amore. I Joy Division cantano, in uno dei loro brani più celebri, che “l’amore ci farà a pezzi di nuovo”. È così anche in “Una nuova alba”?
Nel romanzo si parla tanto di violenza, di risse allo stadio, di rivalità tra tifoserie o tra ragazzi appartenenti a quartieri diversi, ma alla fine è l’amore ad essere protagonista ed a vincere e le musiche dei Joy Division sono a mio parere la colonna sonora perfetta e soprattutto quella canzone perché comunque è un amore conquistato con fatica, con sofferenza, un amore che spesso può far soffrire e farti a pezzi, e non parlo solo di amore tra un uomo ed una donna, ma anche di sentimenti come l’amicizia o come l’amore che ci può essere all’interno di una famiglia. Il titolo “Una Nuova Alba” è una frase che vuole essere ottimista e far capire che nonostante tutte le sofferenze ognuno di noi può avere la possibilità di rifarsi, di riscattarsi, di reagire, di avere nuovi amori, nuove amicizie, una nuova alba appunto. Quindi nella storia ci saranno molti momenti difficili, tristi, di sofferenza, ma ci sarà anche spazio per la speranza, per l’amore, Damon ci riflette spesso ed in alcuni casi nota come alla fine l’amore prevalga, di come possa essere più forte dell’odio e della violenza, quando ci si trova di fronte a certe situazioni, per alcuni, è il cuore che comanda e spontaneamente si agisce seguendo i sentimenti piuttosto che usando la violenza, nel libro si parla di come si può perdonare, di come si può aiutare anche qualcuno che credevi tuo nemico, di come la violenza e l’odio possano portare solo ad altra violenza e ad altro odio, mentre l’amore, il perdono, l’amicizia possano aiutare a costruire qualcosa di importante e di duraturo come dei rapporti veri e sinceri con persone alle quali ci si sente legati.
“No Love Lost”
Con il suo nuovo libro “No Love Lost”, Sergio Francesco Tagliabue torna a seguire le vicissitudini di Damon e i suoi amici, proseguendo il flusso narrativo iniziato con “Una nuova alba”. Anche in questo volume, la trama è densa di storie che narrano le difficoltà della quotidianità di ragazzi nati nella profonda periferia di Manchester. Amore, passione, prospettive future, ansie, debolezze e scelte importanti accompagnano i vari personaggi, soprattutto Damon, il protagonista, nella loro crescita fino a diventare adulti. Decisioni difficili da prendere, ansia per il futuro, invisibilità sociale sono solo alcuni dei punti toccati nel romanzo. L’ambientazione della storia parla anche di eventi realmente accaduti nella prima metà degli anni ‘80, come i Troubles nell’Irlanda del Nord, l’Heysel, le Falkland e gli scioperi dei minatori. “No Love Lost” ha la capacità di prendere il lettore per mano ed accompagnarlo in un viaggio di intimità, profondità e abissi, fino a farlo riflettere ed emozionare.
Sergio, come nasce questo libro e perché la necessità di raccontare, ancora una volta, le storie di Damon e i suoi amici, continuando il viaggio già intrapreso con “Una nuova alba”?
Innanzitutto, senza svelare niente a chi non lo avesse letto, il primo libro ha un finale che lascia intendere che ci debba poi essere un seguito che possa dare delle risposte ad argomenti rimasti in sospeso, ma poi ammetto di essermi affezionato ai miei personaggi e di avergli quindi voluto dare ancora spazio, continuare a raccontare l’evolversi delle loro vite nel percorso di crescita dall’essere dei ragazzini fino a diventare dei ragazzi più adulti e maturi, in pratica i due libri hanno un percorso di 10 anni ed in un arco di tempo così lungo ho potuto analizzare come questi giovani siano cambiati in quel periodo continuando ad affrontare gli stessi problemi di sempre, ma anche problemi più seri e più affini alle loro nuove esperienze ed alla loro età che avanza. Inoltre, dopo aver analizzato il periodo musicale a Manchester tra la fine e l’inizio degli anni 80 ero interessato anche ad approfondire la prima metà degli anni 80 quando la musica cambiò notevolmente e con essa anche le abitudini dei giovani e le sottoculture, ad esempio quella dei famigerati Casuals che in quegli anni sarebbero diventati un fenomeno che avrebbe coinvolto tutto il Regno Unito, facendoli uscire allo scoperto diversamente da quanto succedeva agli inizi della loro nascita.
Anche qui, violenza, cultura casual e problemi dati dal precariato e dalla mancanza di prospettive. Come sono cambiati Damon e il suo gruppo da quando li abbiamo incontrati in “Una nuova alba”?
Alcuni personaggi saranno cambiati e maturati, altri saranno sempre gli stessi, un po’ come succede nella vita reale, crescendo c’è chi affronta i problemi con più maturità, chi resta fedele ai propri ideali e chi li mette in dubbio o anche chi resta ancora quel ragazzino di sempre, un po’ immaturo ed irresponsabile. Ma oltre ai personaggi sono i problemi ai quali la vita li mette di fronte che cambiano, in questo nuovo capitolo questi ragazzi sono alle prese con difficoltà anche più grandi, non è più solo la rivalità con tifoserie avversarie, ma sono aspetti più seri che riguardanoanche le loro vite personali, li vedremo affrontare problemi legati alla droga, a rapporti sentimentali, a violenze di altro tipo, avranno maggiore risalto anche le protagoniste femminili, in un certo aspetto saranno proprio le ragazze a determinare molti degli eventi e le storie riguardanti il calcio e lo stadio diventeranno argomenti quasi di secondo piano. Credo che come i protagonisti anche gli argomenti toccati siano più maturi, più seri e difficili da affrontare, credo e spero di esserci riuscito anche usando un certo tatto, mantenendo il rispetto nei confronti di quelle persone che anche nella realtà si sono trovate ad affrontare certe difficoltà.Io lo trovo un romanzo più maturo rispetto al primo sotto tutti i punti di vista, per i temi delicati che vengono affrontati, per la crescita dei personaggi, per i loro dubbi ed i loro sentimenti e forse anche dal mio punto di vista personale, nel mio percorso da scrittore, mi sono infatti cimentato in argomenti di cui io stesso non sapevo se fossi in grado di parlare nel modo giusto e con un certo tatto per non dire cose sbagliate o per non mancare di rispetto a nessuno.
Ian Curtis, in questo romanzo, ha già compiuto il suo gesto estremo. Come si sente Damon, che aveva preso Ian come una sorta di guida spirituale, da quando il suo modello non c’è più?
Dopo il trauma iniziale per il gesto compiuto da Ian, al quale Damon aveva reagito male lasciandosi andare nello sconforto sentendosi perso perché in un certo senso quel suo modello lo aveva tradito arrendendosi in quel modo (ma ovviamente questo sarebbe un argomento da approfondire meglio, il suicidio in generale è un atto davvero difficile da capire, spiegare, giustificare), nel proseguo della storia riesce a trovare il modo di reagire grazie all’amore, sarà però un percorso molto lungo durante il quale dovrà affrontare ancora problemi, dubbi, delusioni, abbandoni, speranze andate perse, e comunque la figura di Ian resterà importante per lui, spesso gli sembrerà ancora di vederlo, di vedere quei suoi occhi che così tanto gli avevano detto nel primo libro, nonostante quel gesto estremo compiuto da Ian, per Damon lui resterà ancora un “amico” importante, soprattutto per le sue canzoni, ma anche per come aveva inizialmente affrontato le sue difficoltà prima di arrendersi. Damon a differenza di Ian riesce a reagire, anche se non possiamo mettere a confronto i problemi dei due non potendo conoscere a fondo quello che il povero Ian ha vissuto e non potremmo mai permetterci di giudicarlo, soprattutto grazie all’amore per una ragazza, un amore che invece, forse, Ian non sapeva più cosa fosse, un amore quello tra Damon e questa ragazza tumultuoso e problematico, pieno di momenti davvero difficili, ma un amore che alla fine riesce a trionfare e ad essere più forte di tutto il resto. Pur restando sempre legato alla figura di Ian in un certo senso Damon riesce a staccarsi da quella “illusione” riuscendo ad affrontare la vita con le sue forze e con l’aiuto degli amici e dell’amore che alla fine prevale anche sulla violenza e sull’odio.
Questo libro chiude un cerchio, iniziato con il tuo primo romanzo? O c’è spazio anche per un terzo libro che ci proietterà ancora una volta nelle vite di questi ragazzi di Manchester?
Possiamo dire che ogni “cerchio viene chiuso” e che non c’è la necessità “editoriale” di proseguire, ma che lo potrei fare ancora spinto dall’affetto nei confronti dei miei personaggi e per continuare ad analizzare la scena musicale e sottoculturale in Inghilterra, magari a fine anni 80 o ad inizio anni 90. Non ne sono sicuro però, non vorrei infatti esagerare ed annoiare i lettori perché comunque alla fine sarebbe un proseguire su un qualcosa che ho già fatto, lo “schema” sarebbe ancora lo stesso, quello di raccontare fatti reali attraverso le storie dei personaggi, ed inevitabilmente gli argomenti principali sarebbero ancora la musica, il calcio e le sottoculture. Ho anche voglia di sperimentare altro, uscire dai miei soliti canoni e provare qualcosa che per me sarebbe nuovo e diverso, sarebbe un po’ una nuova sfida nel mio percorso di scrittore che forse mi intrigherebbe e motiverebbe di più. Quindi allo stato attuale direi che le storie di Damon e gli altri sono giunte al loro termine, ogni lettore potrà immaginare da solo quello che questi ragazzi faranno nel proseguo delle loro vite, io ci penso spesso, proprio come se fossero dei miei amici, delle persone reali. Nonostante questo, però, non escludo del tutto un nuovo seguito, ma non subito, nel frattempo potrei pensare ad altri progetti e lasciare in sospeso l’idea di proseguire facendo diventare le storie dei ragazzi di Stockport una trilogia.
Senza rivelare troppo, c’è stata la salvezza esistenziale, in particolare Damon? E se sì, qual è stata la loro ancora di salvezza?
Collegandomi alla mia risposta ad una domanda precedente direi di sì, nel percorso di maturità e di crescita dei personaggi ed in particolare di Damon ci vorrà del tempo per raggiungerla, ma posso dire che c’è alla fine una salvezza esistenziale soprattutto grazie all’amore, ma anche ad altri sentimenti importanti come l’amicizia, il rispetto, la famiglia. Nei due libri si parla di questi ragazzi sin da quando avevano circa 20 anni fino ad arrivare quasi ai 30 quindi si parla proprio della fase della loro maturità, da quando sono ragazzini alla presa con i problemi della loro età fino a quando sono in pratica degli adulti che devono affrontare problemi diversi da quelli di quando erano più giovani pensando al loro futuro ed a quello delle persone a cui sono legati. I problemi esistenziali, le crisi di personalità tipiche degli adolescenti si trasformano nel secondo libro in problemi di cuore riguardanti storie d’amore serie, in problemi relativi ai dubbi sul futuro, a delle decisioni importanti da prendere che potrebbero influire in modo decisivo su quel futuro. Direi quindi che c’è stata la salvezza esistenziale e che l’ancora di salvataggio sono stati dei sentimenti forti e sinceri come l’amore e l’amicizia.
Qual è il messaggio che, alla fine, viene racchiuso in queste due opere che hai scritto?
Il mio intento non è mai stato quello di lanciare messaggi o dare dei consigli o soluzioni, non credo di poter essere la persona giusta per farlo e che non lo siano nemmeno i miei personaggi, ho sempre solo voluto raccontare delle storie che potrebbero benissimo essere storie vere di ragazzi veri e non sempre la vita deve per forza dare dei messaggi o degli insegnamenti. Pensandoci a posteriori, e non a quando stavo scrivendo, potrei dire che alla fine da questi libri si possa capire l’importanza dei valori veri, dell’amore, dell’amicizia, del rispetto, della sincerità e della famiglia, penso che in certe fasi questi libri aiutino a capire quanto sia importante credere in sé stessi e lottare con le proprie forze per raggiungere gli obiettivi che ci prefissiamo o semplicemente per sopravvivere ed affrontare le difficoltà, i momenti tristi, ci sono storie all’interno dei due libri nelle quali i personaggi riescono a vincere le proprie paure, ma purtroppo nella vita non è sempre così e ci sono anche persone più deboli o più sfortunate che magari non ce la fanno, non riescono a vincere, a lottare, a superare certe difficoltà. Ed allora oltre a “premiare” le persone che ce la fanno, che sono forti e che non si arrendono, mi piace anche pensare a quelle che invece non ce la fanno e non perché sono dei perdenti o delle persone che non hanno lottato, ma forse perché hanno dovuto combattere problemi troppo grandi, problemi che li ha messi a dura prova e che alla fine li ha sconfitti. E’ un libro che non parla solo di vincenti e delle loro vittorie, ma anche delle sconfitte di chi ci ha provato, ma non ce l’ha fatta.
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