Intervista: Ed E Il Pareggio: Storia Insolita Dei Mondiali Di Calcio

Cesare Gigli propone un rivisitazione delle varie edizioni dei Mondiali tanto personale quanto coinvolgente, concentrandosi sugli aspetti e gli avvenimenti più significativi e particolari. Ne abbiamo parlato con l’autore,

Il libro regala una visone personale ed alternativa della storia dei Mondiali: é questo uno degli obiettivi del libro?

Si. Di storie dei mondiali ce ne sono tante, migliori della mia e con tutte le statistiche messe in evidenza. Ho voluto dare una visione personale, “insolita” come ha scritto nel sottotitolo, di quello che è stato uno dei due appuntamenti sportivi più attesi al mondo. Ho voluto sottolineare come la partecipazione alla coppa del mondo fosse un evento storico e sociale, e non soltanto sportivo. Da qui, il fatto che – ma ne parleremo dopo – le ultime edizioni non hanno lo stesso fascino, direi lo stesso sapore, di quelle “storiche”, se così possiamo chiamare le edizioni del XX secolo. Del minutaggio di Messi già sappiamo tutto. Trovo più interessante vedere che Mandzukic sia l’unico giocatore ad essere entrato a referto per aver segnato per entrambe le squadre in una finale mondiale, o che Cabrini sia ancora oggi l’unico ad aver sbagliato un rigore in una finale mondiale, rigori che mai ci furono durante le finali della Coppa Rimet.

Quanto é durato e come ha organizzato il lavoro di ricerca?

Parecchio: i primi articoli risalgono addirittura al 2014. Ma se vogliamo quantificare il lavoro, circa due anni. Il lavoro è stato
svolto creando una biblioteca essenziale, con testi prevalentemente inglesi e brasiliani. Poi passare a libri e inserti di cronaca
italiani; infine, una visitina alle emeroteche digitali di tutto il mondo. E’ stato divertente, soprattutto nel vedere come alcune visioni
del mondo fossero completamente diverse solo un secolo fa. Nel 1930 il grande cantante d’opera Scialipyn non volle cantare per Rimet, sessanta anni dopo i tre maggiori tenori avevano visibilità grazie alla stessa manifestazione. Al termine, decidere come organizzare il lavoro; quindi concentrarsi su una singola edizione mantenendo intatto l’impianto di ogni capitolo.

Da tifoso a quale edizione dei Mondiali é particolarmente legato?

Da “tifoso” le edizioni più legate alla mia infanzia e adolescenza, come è – credo – normale che sia. Da “Germania Ovest 1974” a “Spagna 1982”, quindi. Ho avuto anche la fortuna che almeno due di esse (1974 e 1982) sono storiche a prescindere dal mio ricordo di gioventù. Da storico, l’edizione del 1954, del 1970 e del 1986 si aggiungono a queste. Ne dovessi comunque prendere una, direi il 1982. Una tale concentrazione di campioni e di partite storiche non è più stata presente.

Tra la fase ad eliminazione diretta e quella con i secondi gironi (a tre o quattro squadre) quale preferisce e quale rispecchia meglio i valori in campo?

 La fase a eliminazione diretta non consente pasticci, e crea quella tensione che rende lo sport quella possente metafora dell’esistenza per cui tutti noi ci appassioniamo, e il calcio questo strano sport giocato solo con i piedi che ha il potere di tenerci a giocare in un campetto fino a quando non fa buio. “Chi segna l’ultimo gol ha vinto” non è altro che la riproposizione di un’eliminazione diretta con tanto di golden goal, se ci si pensa. E poi, le edizioni con i “secondi gironi” sono state tre: nel primo caso si è assistito praticamente a due semifinali; il secondo caso ha avuto l’episodio che è stato l’unico, vero, favore alla squadra di casa (e quindi un biscotto cotto dalla FIFA stessa), e nel terzo, praticamente, le partite finali erano i quarti. Solo nel caso della Germania Ovest, infatti, chi è andato in semifinale non ha giocato la terza partita. Insomma, la parte a eliminazione diretta dopo un’iniziale fase a gironi ci deve stare. Le edizioni dal 1958 al 1970, e dal 1998 ad oggi, sono state le migliori (anche se con qualche anomalia in alcune: ma non voglio fare spoiler del libro).

La “grande bellezza” di squadre come l’Ungheria del 1954 e l’Olanda di vent’anni dopo sembra essersi spenta di fronte ad un certo narcisismo sei protagonisti: quanto ha contato questo aspetto e quali sono invece i meriti della Germania Ovest nelle due finali?

La Germania Ovest ha avuto in entrambi i casi meriti enormi, secondo me: nel 1954 nel pianificare il percorso per arrivare a quella
finale sfruttando una formula demenziale, e poi nel capire che l’Ungheria mascherava con un attacco stellare una difesa mediocre (i
motivi sono spiegati nel libro); nel 1974 nello sfruttare i punti deboli che una squadra narcisista – e per questo perdente – gli aveva
offerto. Perchè ricordiamoci che lo spettacolo è bello, emozionante e tutte queste cose qui. Ma poi il calcio è uno sport dove si vince segnando, e non giocando bene. Non ci sono i giudici a bordo campo che danno voti come nei tuffi o nella ginnastica. Va poi detta un’altra cosa: la Germania Ovest ha avuto in entrambi i casi una forte spinta patriottica. Nel 1954 con l’orgoglio, dopo nove anni dove erano additati come la feccia del mondo, e con più di qualche ragione, di essere di nuovo nazione. Nel 1974 con l’orgoglio di aver vinto un mondiale perdendo solo da un’altra Germania, sancendo così una voglia di riunificazione che avremmo visto esplodere solo quindici anni dopo.
Sul doping tedesco del 1954 l’accusa è così risibile che neanche perdo tempo a rispondere: basta vedere la partita.

Tra le righe del libro sono riscontrabili  critiche all’attuale dirigenza calcistica internazionale: qual é l’aspetto che più la preoccupa?

Il fatto di essersi dimenticati che le emozioni di questo sport arrivano da chi gioca a pallone, e non da sponsor o giocatori
professionisti che sembrano più star del wrestling nei loro atteggiamenti. I Mondiali in Qatar sono stati da questo punto di vista
disastrosi. Lo spettacolo fuori dai 90′ (o 120), le polemiche sulle conferenze stampa, il nascondere i disastri sociali e le tragedie
umane che hanno portato alla creazione del ghetto dorato dove si è giocato… Intendiamoci: nel 1978 Havelange in Argentina non fece cose diverse, supportato da Franchi che si accingeva a diventare un dominus ingombrante. Si ritrovò come Infantino l’assegnazione già fatta, ma non fece nulla per evidenziare la cosa. Anzi, nascose la tragedia di quella feroce dittatura militare sotto il tappeto. Ma le partite erano vere, ci si divertiva e non si chiedeva a Cubillas di giocare per squadre miliardarie portando sponsor. Soprattutto, non si chiese a Kempes di indossare il costume da guacho per celebrare la vittoria.

Non posso non chiederle cosa pensa della edizione appena conclusa nel 2022 e cosa si aspetta dalla prossima del 2026.

Sportivamente parlando quella del 2022 è stata interessante, con una partita candidata ad essere quella del secolo. La finale è stata
emozionante come poche altre: con la Francia non ci si annoia mai, lo devo ammettere anche se a denti stretti. Nel 2026 ci sarà un enorme punto interrogativo. Gironi da tre dove passano le prime due e eliminazione diretta a partire dai sedicesimi. Temo che dopo la prima partita i gironi saranno quasi decisi, con chi giocherà seconda a
terza molto avvantaggiata. E poi, non vorrei che le enormi distanze da coprire facciano sì che alcuni incontri si possano avere solo in finale. Ma soprattutto, manca il fascino di vedere giocare a questi livelli solo ogni 4 anni. Comunque, alla fine, saremo ancora tutti lì a vedere le partite, quindi non penso di avere il diritto di lamentarmi.

Pensando all’intera storia dei Mondiali le viene in mente uno o più protagonisti che l’hanno particolarmente segnata e che possa o possono un’icona del torneo?

 Di protagonisti ce ne sono infiniti: Dal “filtrador” Stabile a Mbappè ognuno può scegliere chi preferisce. Io ne prendo due, uno per “continente”. Per il sudamerica scelgo Garrincha. Un’ala così decisiva non credo ci sarà mai più. Tutto genio e zero costanza. Per l’europa, invece, scelgo Klose, ossia l’esatto contrario. Una volontà di ferro, una correttezza enorme che lo hanno portato a giocare 4 mondiali arrivando sempre tra i primi quattro, con due finali (una vinta) e il record di gol segnati. Due facce di come il calcio sia divertente quando lo si giochi. Se con incoscienza o pianificando ogni passaggio, non importa. E’ il fascino della palla da giocare con i piedi che ti conquista e ti porterà a fermarti ogni volta che, passeggiando, siincontra un campo di pozzolana dove ventidue persone corrono appresso a un pallone sollevando polvere. “E alla fine, vincono i tedeschi”, come direbbe Lineker, anche se adesso sembra non essere più così.

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