Intervista: Qatar 2022, I Mondiali Dello Sfruttamento

Davvero toccante il resoconto di Riccardo Noury relativo alla situazione lavorativa legata a stretto filo al mancato rispetto dei diritti umani nel paese ospitante i Mondiali. Ne abbiamo parlato con l’autore.

Come spiega il quasi totale silenzio dei media in rifermento alla continua violazione dei diritti umani in in paese come il Qatar? Potenza del denaro per garantirsi l’omertà o scarsa attrazione mediatica della situazione? 

Valgono entrambe le spiegazioni: da un lato la strategia dello sportwashing, praticata dagli stati del Golfo, vuole isolare l’evento sportivo dal contesto generale; dall’altro il tema dello sfruttamento del lavoro migrante non è “attraente” dal punto di vista giornalistico. 

Mi ha molto colpito l’inoperosità dei paesi di provenienza dei lavoratori oggetti di sfruttamento: avrebbero potuto fare qualcosa, magari preventivamente? 

Quei paesi dipendono fortemente dagli aiuti degli stati donatori, tra cui quelli del Golfo: non sarebbe valsa la pena, dal loro punto di vista, protestare per la morte di loro connazionali.  

Riesce a trovare una ragione per la quale le condizioni di lavoro e gli stipendi debbano essere di infimo livello in un paese che ha speso miliardi per l’organizzazione di un evento mondiale? 

La forza lavoro negli stati del Golfo è prevalentemente costituita da migranti e, ovunque si trovi nel mondo, è sottoposta a condizioni lavorative precarie e a sfruttamento. Il sistema della kafala, che vincola il lavoratore al datore di lavoro, ha fatto il resto. Questo sistema è solo in parte stato abrogato. 

A parte Eric Cantona nessun uomo di calcio ha criticato l’organizzazione del Mondiale in Qatar: quanto sarebbe stato utile una forte presa di posizione da parte di star acclarate del mondo del calcio?

Sarebbe stata molto utile. A ridosso dei mondiali, qualcosa si è mosso. Sette federazioni calcistiche che prenderanno parte al mondiale (Francia, Belgio, Germania, Olanda, Inghilterra, Galles e Australia) hanno aderito alla richiesta di Amnesty International alla Fifa, affinché istituisca un fondo di 440 milioni di dollari per risarcire i lavoratori che hanno subito violazioni dei diritti umani. Altro, probabilmente, accadrà durante i mondiali. Sarebbe stato molto meglio se non si fosse atteso tutto questo tempo. 

Quale scenario prevede per il post Mondiale? Lo spegnimento dei riflettori sul paese sarà ancora più controproducente per o lavoratori stranieri?  

Abbiamo sottolineato il rischio che, bloccatosi nel 2020 il processo di riforme, alla fine dei mondiali la situazione del lavoro migrante resterà precaria. I lavoratori migranti troveranno altri grandi eventi in quell’area (i campionati di calcio asiatici del 2023, sempre in Qatar; i giochi asiatici invernali del 2029 in Arabia Saudita) e le condizioni di sfruttamento rischieranno di essere sempre le stesse. 

Amnesty International come proseguirà la sua meritevole opera di monitoraggio della situazione in Qatar e negli stati limitrofi? 

Come sempre, con ricerche sul campo, appelli alle autorità e sollecitazioni agli organi di competenti della comunità internazionale. La fine dei mondiali non significherà la fine del monitoraggio di Amnesty International sulla situazione dei diritti umani negli stati del Golfo.  

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