Intervista: Nando Martellini. Al Limite Del Ricordare

Cesare Borrometi e Pino Frìsoli ripropongono gli articoli di Nando Martellini in un libro che evoca emozioni e sentimenti antichi, così come la personalità e la signorilità di un grande cantore del calcio. Ne abbiamo parlato con gli autori.

Nel complimentarmi per il bel libro vi chiedo come avete organizzato il lavoro di ricerca e quanto è durata la preparazione del progetto?

Prima di tutto, grazie infinite ! Siamo ben lieti del fatto che siate in tanti a gradire questo nostro omaggio al grande commentatore radiotelevisivo, soprattutto sportivo (ma non solo, specie negli anni giovanili radiofonici).
Diciamo che l’idea venne a me, Cesare Borrometi, addirittura dieci anni fa: l’intento era quello di evocare la figura di Martellini, voce e volto della RAI per oltre quarant’anni, in coincidenza con il decennale della scomparsa che sarebbe caduto nel maggio 2014, alla vigilia dei Mondiali calcistici brasiliani, finora gli ultimi, purtroppo, ai quali presero parte i “Moschettieri” azzurri. Coinvolsi subito Pino Frìsoli, che già allora era l’Heinrich Schliemann della televisione sportiva, e ci mettemmo al lavoro sperando di rispettare le tempistiche preventivate, Tuttavia, spulciando vecchi giornali e riviste “d’antan” sia d’argomento sportivo che radiotelevisivo e ripescando introvabili libri, emersero tali e tante testimonianze, sia di cronache poi divenute storia dello sport (in particolare i “lanci” delle radioteletrasmissioni di avvenimenti agonistici che sarebbero stati poi raccontati in diretta dallo stesso Martellini), sia di “memorie”, dai particolari non a tutti noti, soprattutto di partecipazioni degli azzurri ai vari tornei iridati che si fregiarono della voce del cronista romano. Così impostammo questa antologia, corredata da nostre annotazioni storiche poste quale introduzione ad ogni singolo articolo prescelto. Abbiamo aspettato anni prima di pubblicarla, faticando un po’ nel trovare quell’editore che poi è diventato Oligo, al cui staff siamo profondamente grati.

Qual è il vostro ricordo personale di Nando Martellini?

E’ inevitabile che ci torni subito in mente l’immancabile appuntamento preserale domenicale, quando, intorno alle 19,00, veniva trasmessa la telecronaca registrata di un tempo di una partita del massimo campionato giocatasi nel pomeriggio (bei tempi, quando la serie A scendeva in campo alla stessa ora, lo stesso giorno !) e quasi sempre era Nando Martellini a raccontarla, facendo le dovute pause e comunque tenendo per mano il telespettatore, che fosse tifoso o no. Poi era inevitabile associare Martellini alla Nazionale italiana e se, qualche volta, capitava che una partita degli azzurri fosse commentata da uno dei suoi peraltro bravi colleghi (il geniale Beppe Viola o il trascinante Bruno Pizzul) anziché da lui, un pizzico di dispiacere c’era sempre: era come se sentissimo la mancanza di un ospite quasi sempre presente in casa nostra assieme ad altri amici. Insomma, come tutti i grandi personaggi della TV della seconda metà del Novecento, Martellini era quasi una persona di famiglia.

Come comunicatore ritenete che abbia apportato degli sviluppi nel suo modo di scrivere e di raccontare l’evento sportivo?

Indubbiamente: da una parte il Martellini cronista, mai sbracato né retorico, sempre preciso, osservatore delle varie fasi di gioco, se pur intendeva ricalcare lo stile signorile dei colleghi della BBC inglese, aveva comunque quel lato emergente della propria personalità che lo rendeva imparziale e obiettivo. Dall’altra parte il Martellini narratore e giornalista-scrittore, oltre a confermare quelle doti che già emergevano al microfono, aggiungeva talvolta anche un pizzico di ironia, qualche piccola battuta, tanto per sdrammatizzare certi argomenti, ma senza strafare. Era davvero “anglosassone” nel modo di comunicare, indipendentemente dal mezzo di cui si serviva (radio, TV, giornale o libro).

E’ stato per molti aspetti il “cantore” perfetto di un calcio vissuto con più semplicità e libero da forzature statistiche o pseudoscentifiche?

Diremmo proprio di si: allora la televisione si limitava a riprendere le partite e si adeguava alle esigenze delle squadre, dei tifosi, anche della Lega Calcio e della FIGC (restando in casa nostra). La partita di calcio non era uno spettacolo televisivo a prescindere, ma diventava tale se i giocatori in campo sapevano crearlo, sciorinando doti tecniche spesso inarrivabili. Non esistevano (se non raramente) le grafiche in italiano e in inglese per le partite del nostro campionato: erano Martellini e gli altri telecronisti a informarci sui calci d’angolo e di punizione battuti; il computer era solo per pochissimi eletti e quindi nessuno dava retta alla percentuale di possesso del pallone da parte di una o dell’altra squadra e via dicendo. Nel nostro libro antologico abbiamo inserito anche svariati esempi, articoli di Martellini stesso riguardanti il modo di preparare e presentare un incontro di calcio al pubblico del tempo, un “dietro le quinte” che ci fa capire come quei tempi, così diversi e lontani rispetto agli odierni, fossero comunque zeppi di discrezione nel confezionare la ripresa di un avvenimento agonistico, diretta o registrata che fosse.

A vostro parere nel suo cuore c’era più la Partita del secolo del 1970 o la finale del Mondiale del 1982?

Finchè fu in vita, Martellini non ebbe difficoltà a dichiarare che entrambi quegli “Italia-Germania” fossero a pari merito le cose più
belle da lui raccontate ai telespettatori italiani (ai quali, non dimentichiamolo, si rivolgeva sempre all’inizio di ogni telecronaca, specie se in diretta dall’estero). Crediamo di condividere sino in fondo quell’opinione.

E’ giusto ritenere che tra lui e Bruno Pizzul ci sia stato un ideale passaggio di testimone, così come era avvenuto tempo addietro con Nicolò Carosio?

Certamente, soprattutto da un punto di vista storico-temporale, anche se l’ex-calciatore friulano appena nominato Commendatore
della Repubblica (onore al merito !) aveva dalla sua una visione della narrazione dell’evento agonistico più “sudamericana”, più “ritmata”, con dei “crescendo” vocali che si legavano al corso delle singole azioni della partita. Ognuno, d’altronde, sapeva interpretare il proprio ruolo di commentatore radiotelevisivo in modo sempre personale, senza imitazioni stilistiche di sorta.

Quanto mancano i suoi modi affabili ad un giornalismo sportivo basato sulle urla e sul sensazionalismo?

Ovviamente mancano moltissimo: essi rappresentano il senso dellamisura in tutto ciò di cui si alimenta l’informazione sportiva e
calcistica in particolare. Quando RAI Sport ha a lungo riproposto molti vecchi programmi anni ’70-’80, dando spazio anche a svariate telecronache realizzate da Nando Martellini, molti “nativi digitali” sono rimasti quasi basiti nello scoprire come si facevano i commenti alle partite di calcio in quei tempi anagraficamente non vissuti, quasi esaltando delicatezza, discrezione, eleganza, essenzialità nelle informazioni, gestione delle pause… insomma, quei “tempi” televisivi ideali purtroppo ormai da tempo misconosciuti. Del resto Martellini stesso lo diceva sempre: “Noi abbiamo il compito di aiutare il pubblico a vedere e per questo non dobbiamo imporre la nostra personalità al microfono, cosa che invece è indicata quando trasmettiamo per radio”.

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