
Giovanni Di Salvo ripercorre la storia della nazionale femminile di calcio con precisione e passione, riuscendo a rendere percettibile l’orgoglio ed il senso di appartenenza della giocatrice, anche attraverso tante intervista. Ne abbiamo parlato con l’autore.
Come e quando nasce l’idea del libro e quanto é durato il lavoro di ricerca?
Dopo i Mondiali del 2019 molti si accorsero che esisteva anche una Nazionale di calcio
femminile e tanti ne iniziarono a parlarne sebbene sapessero poco o nulla sulla storia delle
Azzurre. E così ho accettato la sfida di essere il primo a narrarne le gesta in quanto, uno dei
miei credo come autore, è sempre stato quello di raccontare storie ed eventi inediti. Reperire
materiale ed informazioni non è stato affatto semplice tenuto conto che per lunghissimo tempo il
calcio femminile è stato molto trascurato dai media. L’esperienza fatta con i precedenti libri,
comunque, mi è stata preziosa, infatti ormai so “destreggiarmi” bene andando a caccia di
materiale tra le biblioteche d’Italia. Senza dimenticare le notizie ed il materiale iconografico
raccolti tramite tantissime interviste fatte alle ex calciatrici ed ai contatti che possiedo con
giornalisti e ricercatori esteri (Messico, Regno Unito, Perù, Argentina ecc) con cui
periodicamente scambio informazioni.
Quanto ha influito il marasma tra diverse federazioni nel frenare lo sviluppo del
movimento calcistico nazionale?
In effetti nei primi anni la presenza di più organi che gestivano questo sport ha inciso negativamente nel suo sviluppo e nella sua crescita. E lo dico sia in termini di risultati sportivi, perché per alcune
manifestazioni si sarebbe potuto allestire una Nazionale ancor più competitiva, sia in termini di
riconoscimento ufficiale della disciplina in quanto CONI e FIGC per rimbalzare le loro richieste di
affiliazione prendevano come pretesto proprio il fatto che non ci fosse un’unica Federazione.
Cosa é mancato al movimento per evolversi come in altri paesi dal 1999 al 2019?
Sono mancate tante cose, dagli investimenti e alla giusta attenzione da parte dei media, che
hanno lasciato colpevolmente questa disciplina sotto un cono d’ombra. Le posso però dire
quello che certamente non è mancato: la passione e lo spirito di sacrificio delle nostre
calciatrici.
Il fatto di essersi affidati per molto tempo a commissari tecnici uomini é stato sempre un
vantaggio?
Onestamente ritengo che la scelta di tecnici uomini all’inizio non fosse determinato da
particolari vantaggi ma da una scelta obbligata perché non vi erano ancora donne allenatrici.
Poi l’esperienza nella panchina azzurra di Carolina Morace e adesso di Milena Bertolini hanno
dimostrato che ci sono Coach valide tanto quanto gli uomini. Anzi mi auguro che si abbia
sempre più il coraggio di lanciare donne allenatrici e che non restino confinate solo al calcio
femminile o giovanile.
Riesce ad individuare in tal senso un commissario tecnico che abbia influito più di altri
nella maturazione delle giocatrici?
Chiaramente devo basarmi sui racconti di chi la maglia azzurra l’ha indossato e vissuta in prima
persona. E sulla scorta di ciò mi sento di dire Amedeo Amadei, che mise a disposizione il suo
bagaglio e la sua grande esperienza di calciatore di alto livello, Sergio Vatta per le sue doti
umane e Carolina Morace per le innovazioni che portò nello staff e nelle sessioni di allenamenti.
Tra le migliori giocatrice della storia ci sono tante attaccanti (Vignotto, Morace e Panico
tra le altre): sono loro il simbolo della Nazionale italiana, almeno fino agli anni recenti?
Non vorrei soffermarmi solo sulle grandi attaccanti di ieri o di oggi. Infatti il libro rappresenta un
omaggio a tutte le donne che hanno indossato con onore la maglia azzurra e che hanno sudato,
lottato, pianto e riso per portare più in alto possibile il nome dell’Italia. Pertanto alla sua
domanda rispondo che per me il simbolo della Nazionale italiana è la passione genuina che ha
contraddistinto tutte quelle che vi hanno giocato.
La negativa performance dell’Italia all’ultimo europeo può ostacolare o ritardare il
l’evoluzione del calcio femminile in Italia?
E’ chiaro che le aspettative della vigilia erano diverse perché tutti pensavamo che superare la
fase a gironi fosse alla nostra portata. Quindi non vi è dubbio che ci siano state delle
ripercussioni negative in quanto è venuta meno quell’euforia e quel clamore che caratterizzò la
cavalcata delle Azzurre ai Mondiali del 2019 e che poi si concretizzò, nel mese di settembre, nel
boom di iscrizioni di bambine nelle scuole calcio. Fortunatamente ci siamo rialzati
immediatamente conquistando il pass per i Mondiali del 2023 in Australia e Nuova Zelanda
senza passare dai play off. Piuttosto mi soffermerei sull’avvento del professionismo perché
questo passaggio può essere cruciale per l’evoluzione del calcio femminile nel nostro paese.
Infatti non deve essere visto come punto di arrivo ma di partenza. E’ una fase delicata e il
sistema dovrà dimostrare di aver raggiunto una maturità tale da poter sostenere questa
importantissima conquista, a lungo agognata dalle calciatrici.
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