Intervista: Casagrande: All’Inferno e Ritorno

La vita di Walter Junior Casagrande è davvero meritevole di un libro, per le tante cadute abbinate alle dipendenze alle quali sono poi seguite concrete reazioni, il tutto con il calcio a dettare i tempi. Ne abbiamo parlato con l’autore.

Come nasce il tuo interesse per Walter Casagrande e l’idea di dedicargli un libro?

Un libro va scritto non tanto in base ai titoli di un personaggio, ma alla sua storia. Facile buttare fuori qualcosa su Ibrahimovic o su Lukaku, ma quasi tutto è già stato detto o scritto da qualcuno, magari anche meglio. Casagrande ha in valigia una storia ricca di scenari: adolescenza complicata, ribellione, politica, guai con le forze dell’ordine, dipendenze chimiche. Ma anche sentimenti, tanti sentimenti. Amore, affetto, amicizia. Poco calcio e tanta vita, altrimenti non sarebbe stata una storia da raccontare.

A tuo parere Casão é un uomo debole per le tante cadute o in uomo forte per come si é sempre rialzato?

Sia forte che debole, come tutti quelli che hanno percorso sentieri simili ai suoi. Nella vita siamo tutti un po’ bipolari e abbiamo dei lati oscuri che nemmeno noi conosciamo. Chi tende a cadere spesso ha un lato debole scoperto, ma per rendere giustizia all’uomo Casagrande occorre dire che la sua ultima fase è stata vincente, attualmente sta bene, quindi il suo lato forte sembra in grado di avere il sopravvento. Sembra.

Mi ha colpito il suo profondo rapporto con Socrates: la loro confidenza é stata anche un sostegno e giustificazione delle proprie dipendenze?

Nella vita ognuno di noi è attratto dai suoi simili e dai suoi contrari. L’amicizia Socrates-Casagrande è un paradigma del secondo di questi teoremi. I due erano tremendamente differenti: Socrates accanito bevitore e Casagrande quasi astemio, Socrates totalmente inaffidabile per la scarsa memoria e menefreghismo assoluto, Casagrande sempre attento a nuove opportunità e sempre competitivo, mentre il suo amico Magrao faceva tutto come veniva e giocava solo per il divertimento anziché per le vittoriie. Non a caso a un certo punto le loro strade si sono separate.

A tal proposito ti chiedo se a tuo parere gli é mancata una salda figura di rifermento dall’adolescenza all’età adulta.

Non c’è la controprova. In Brasile, più ancora che in Italia, è diffusissima l’abitudine di fare figli e poi sparire, ovviamente riferendosi ai padri. Nel Mondiale del 2018 un giornale brasiliano aveva pubblicato un’inchiesta da cui si evinceva che circa metà dei convocati per il torneo era cresciuto senza padre. Il signor Walter Casagrande senior era nella media, comunque almeno il minimo sostentamento l’aveva garantito per i tre figli.

  É corretta tecnicamente e tatticamente la definizione di centravanti “di manovra” per lui?

Inizialmente sì, poi c’è stata un’evoluzione ulteriore. La padronanza tecnica del giocatore era straordinaria, fino a portarlo a giocare da mezzala in alcune fasi della sua carriera e addirittura da “volante” in qualche partita nel Porto, con la maglia numero 5, prima di infortunarsi seriamente. Era un calciatore completo, come testimoniano i racconti di molti suoi compagni di squadra, compresi quelli di Ascoli e Torino. Tecnico e cattivo, perché se c’era da fare a sportellate non si tirava indietro.

In nazionale ha numeri importanti, ma vi ha giocato poco: solo una scelta tecnica o in qualche modo età un giocatore scomodo?

Se ci limitasse alle sue doti tecnici, avrebbe dovuto giocare il triplo delle partite che ha collezionato, o forse di più. Il suo problema era quell’insostenibile voglia di litigare con gli allenatori, di metterne in discussione le decisioni, di voler partecipare per forza alle scelte e alle decisioni. E alla fine di Francia-Brasile del Mondiale 1986, i suoi insulti verso la panchina della Seleçao vennero visti e sentiti da tutti, la frattura era insanabile. E Casagrande aveva appena 23 anni.

Se pensi alla sua vita/carriera sono più i rimpianti o i pentimenti?

Quando si è fatti in quel modo non ci si pente mai. Ognuno di noi è quello che è, se fosse diverso sarebbe un altro. Ronaldo Fenomeno se avesse avuto la costanza di Gattuso cosa sarebbe stato? Sarebbe stato Gattuso. Recoba se avesse avuto il carattere di Javier Zanetti cosa sarebbe stato? Sarebbe stato uno Zanetti mancino. Ma ognuno di questi è stato unico. Forse l’unico vero rimpianto è stato quello di non avere convinto Telè Santana a portarlo al Mondiale del 1982 dopo l’infortunio di Careca. Al posto di Serginho Chulapa avrebbe dato molti problemi agli avversari. Ragionando da italiani, meglio che l’abbiano lasciato a casa.

Ti stai confermando un grande esperto ed una penna ispirata quando si tratta di parlare di calciatori/personaggi sudamericani: cosa ti attrae di queste figure?

E’ un caso che siano tutti sudamericani. Il primo requisito è che questi giocatori abbiano davvero una storia che valga la pena di essere raccontata. Quando si parla di sudamericani c’è sempre di mezzo qualcosa di romanzesco, qualche particolare che “fa letteratura” se non altro per la diversa cultura nella quale affondano le radici dei personaggi in questione. Certo, avendo la fortuna di conoscere decentemente lo spagnolo e il portoghese, la ricerca delle fonti e del materiale storico risulta molto facilitata.

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