
Il libro di Raffaele Nappi racconta e celebra in modo particolare la figura e le gesta di Gabriel Omar Batistuta. Ne abbiamo parlato con l’autore.
Cosa ti ha spinto a dedicare un così bel libro a Gabriel Batistuta, a 17 anni dal suo addio al calcio?
Guccini disse e scrisse: “Gli eroi son tutti giovani e belli”. Certo. Si riferiva a un ribelle, un rivoluzionario, nient’altro che una testa calda. Giovanni Battista è uno degli eroi più amati di Firenze, perché tanto affine allo spirito fiorentino e toscano. Ha l’animo schietto, leale, tenace, insofferente all’ordine costituito. Bati, con i dovuti paragoni, era come lui.
Ho molto apprezzato lo stile agile, ma al tempo stesso ricercato con il quale sviluppi i concetti del libro: la narrativa calcistica è idonea ad essere approcciata con contenuti e comparazioni di alto livello?
Anche qui mi permetto di fare una citazione. Chi sa solo di calcio non sa niente di calcio. Siamo appiattiti sulla contemporaneità: il bello è trovare il dettaglio, la storia nascosta, personale, quella meno conosciuta, che rende il calcio una narrazione a volte antica e genuina. Un rito collettivo.
Per le scelte fatte e i valori lo possiamo definire un uomo d’altri tempi? Almeno in relazione ad altri giocatori suoi contemporanei?
Sa cosa faceva prima di una partita importante? Se ne andava a pesca, sul Rio Paranà. Sa cosa faceva quando non giocava a calcio? Viveva la sua vita normalissima, “ma senza vedere le partite in tv”, che il calcio in tv lo annoiava. Il giorno in cui ha segnato alla sua ex squadra ha pianto. Il giorno dopo la nascita di suo figlio si è recato all’allenamento, da solo, prima di tutti, per poi tornare a casa dalla famiglia. Non sono solo gli uomini ad essere cambiati: è il calcio ad essere cambiato.
Al tempo stesso o suoi addii alla Fiorentina e alla Roma sono stato fonti di polemiche e voci. È stato usato come capro espiatorio per situazioni globalmente più complesse?
Il presidente Cecchi Gori ha dichiarato incedibile Batistuta, per poi accettare un’offerta miliardaria. Sensi ha acquistato Batistuta a suon di miliardi, per poi rivenderlo a Moratti nel mercato di gennaio e vantarsi pubblicamente che “gli aveva rifilato una sola”. Se si rompe è colpa di Bati. Se gioca con le infiltrazioni è colpa di Bati. Se vinci lo scudetto a 30 anni è grazie a Bati. Il destino dei Re, degli dei e dei predestinati. Batistuta non ha mai giocato al gioco della società, è andato contro i presidenti pur di rispettare il calcio.
La scelta di Roma è stata più dettata dalla voglia di vincere l’agognato scudetto o dalla volontà di dimostrarsi ancora campione, magari togliendosi qualche sassolino dalle scarpe?
Non ha mai dovuto dimostrare niente a nessuno, Batistuta. Ha giocato per il gusto e il piacere di farlo. Ha vinto poco, pochissimo, rispetto a quanto ha seminato. Eppure ancora oggi, sui taxi della capitale, nei bar di Firenze, al solo pronunciare il suo nome ti si illuminano gli occhi. Significa che l’uomo, il calciatore, l’attaccante Gabriel Batistuta è andato oltre il tempo, lasciando un segno in tutti gli appassionati.
Giovanni Trapattoni lo ritiene il miglior centravanti da lui allenato? È un giudizio d’altri tempi?
Il 27 ottobre del 1999 Giovanni Trapattoni ha assistito dal vivo, al minuto 74, davanti ai 73mila di Wembley, al gol che ha segnato la storia di quell’anno, la qualificazione, l’eliminazione dei Gunners. Una partita coraggiosa, un Batistuta indomabile, una squadra che, per quell’impresa, verrà definita “I leoni di Wembley”. Come dimenticarlo?
Il ventiduenne che nel 1991 è sbarcato a Firenze dall’Argentina è più maturato come uomo o calciatore?
Quando è arrivato a Firenze sembrava l’ennesima meteora sudamericana. Si è imposto nella città come prima come uomo, poi come attaccante, infine come leader. Ritengo Batistuta l’ultimo vero leader della Viola da 30 anni a questa parte.
La Fiorentina con Batistuta avrebbe potuto concedere di più? Senza il suo infortunio e la “fuga” di Edmundo lo scudetto 1998/1999 sarebbe alla portata?
I ben informati raccontano di una telefonata al veleno tra Edmundo e Batistuta dopo la decisione di partire per partecipare al Carnevale. Batistuta, semplicemente, non cascò di fronte alle scuse messe in piedi dal brasiliano. Quell’annata sarebbe potuta finire diversamente, anche senza l’infortunio di Bati contro il Milan, in una partita che avrebbe rilanciato i Viola da soli al comando.
Come è ricordato ai giorni nostri Gabriel Batistuta? La nomea di Re è la più pertinente per tramandarlo ai posteri?
Ho scelto di riferirmi al “re” non solo per il paragone con il “Re Leone” cui è affiancato Batistuta, ma per la sua caratura, il rispetto, il ricordo. Il nome riecheggia di bocca in bocca tra i tifosi della Fiorentina, quelli della Roma e, sostanzialmente, tutti gli appassionati di calcio che sappiano cosa vuol dire essere un attaccante determinante. A mio modo, il più forte numero 9 che si sia mai visto nella serie A negli anni Novanta
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