Intervista: Paul Scholes. L’Eroe Silenzioso

Nel suo libro Luigi Della Penna ci racconta in modo personale ed affascinante l’uomo ed il calciatore Paul Scholes, attraverso le sue scelte e le sue eccezionali giocate in campo. Ne abbiamo parlato con l’autore.

Come nasce la tua passione per Paul Scholes e la necessità di dedicargli un libro così particolare e sentito?

Il Manchester United ha rappresentato uno snodo imprescindibile per la mia formazione calciofila, a cavallo tra gli ultimi due decenni. Mi ha sempre affascinato Ryan Giggs, trovo sia stato un grande giocatore, ma non volevo scrivere un libro su di lui, volevo raccontare qualcosa di meno appariscente, comunque tremendamente decisivo: è stato inevitabile trattare di Paul Scholes. Impossibile parlare di Ferguson e le sue formazioni susseguitesi negli anni, senza parlare di lui, uno dei pochi ad essere una presenza costante, quasi a voler realizzare un solco al centro del campo e accompagnare le nostre vite, a colpi di tackle e lanci millimetri e chilometrici. Mi affascinava la sua riservatezza, il suo essere un gigante senza essere di troppo per i compagni, insegnando calcio senza volerlo.

È giusto definire Scholes un giocatore moderno per i tempi nei quali ha giocato?

Sono dell’idea che il concetto di modernità sia volubile. Gli anni Novanta hanno rappresentato un punto di svolta decisivo, il primo step verso il calcio del terzo millennio. Scholes ha influenzato molti suoi colleghi di reparto, apportando notevoli cambiamenti al ruolo.

Mi ha sempre colpito la sua capacità di fare gol in ogni modo unità ad una tempra difensiva eccezionale: può essere visto come il prototipo del giocatore perfetto?

Scholes era il prototipo del centrocampista perfetto, reo di unire ad una visione di gioco con pochi eguali, una brillante lettura delle due fasi e una decisiva e illuminante capacità di andare in gol. Era un mostro nell’inserirsi nell’area avversaria, che fosse per tirare di destro, andare di testa o dribblare tutta la difesa. Il gol al Barcellona, nel 2008, è il manifesto delle sue qualità balistiche.

Al tempo stesso stesso emerge uno Scholes restio ad apparire fuori dal campo e geloso del  proprio privato. Da questo punto di vista è stato un personaggio d’altri tempi?

Scholes è appartenuto ad una generazione di mezzo tra due epoche: ha iniziato con l’avvento della modernità tecnologica, si è ritirato del pieno del Matrix. Ogni tanto ci regala qualche sprazzo della sua vita privata, quando gli va. Scholes non aveva bisogno dei riflettori come Beckham, voleva solo esprimere al meglio la propria personalità con il pallone tra i piedi. Scholes era ed è un introverso, non avrebbe avuto senso un’eccessiva esposizione mediatica

Lo preferivi come centrocampista centrale o come trequartista?

Lo preferivo centrale, perché così poteva essere decisivo ovunque, potendo avere una visione del campo maggiore

Il fatto di essere poco “mediatico” lo ha reso poco appetibile per la critica, tanto da sottovalutarlo o trascurarlo in termini di meriti ed importanza?

Fino ad un certo punto. Qualcuno diceva che la biografia di un personaggio del passato è da ricondurre a quanto ci è rimasto di lui nel presente. Paul Scholes non era tanto sottovalutato nella sua contemporaneità, ma nella nostra. Certo, non era un uomo da copertina come Giggs o Ronaldo, ma era un simbolo di lealtà e caparbietà per chiunque capisse un minimo di calcio.

Non aver vinto con la maglia della nazionale può essere un cruccio in una carriera eccezionale?

Certo, soprattutto il fatto di aver mancato l’appuntamento mondiale del 2002, con l’Inghilterra più forte degli ultimi trent’anni. Una vittoria con i Leoni avrebbe dato ulteriore risalto ad una grandissima carriera, visto che viviamo in un mondo in cui certi dati risultano fondamentali

Riprendendo il concetto di modernità sarebbe ancora decisivo per caratteristiche nel calcio attuale?

Uno come Scholes potrebbe essere decisivo in ogni epoca, dal XIX secolo al post atomico.

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