
Cristiano Cinacchio ci conduce in un bel viaggio nel calcio di Bucarest e rumeno in generale, attraverso un’analisi completa che ne evidenzia le caratteristiche, le peculiarità e le contraddizioni del legame con l’apparato politico. Ne abbiamo parlato con l’autore.
Quando e come nasce la tua passione per il calcio rumeno? Cosa ti ha più attratto e ti attrae di quel contesto?
La mia passione per il calcio rumeno nasce negli anni ’90. Da appassionato di calcio mondiale e collezionatore di figurine, la Romania era una sicurezza. L’undici titolare, come scrivo anche nel libro cambiava di pochissimi elementi e da una kermesse all’altra era bello ritrovare sempre volti e nomi noti. E poi sicuramente Gheorghe Hagi aiutava tantissimo… un giocatore fenomenale!
Poi, vista anche la crisi del calcio rumeno la passione si era un po’ affievolita, per tornare prepotentemente negli ultimi anni, da quando mi sono appassionato alla Romania paese. La sua natura, i suoi castelli, le sue donne, la persone. E quindi sono andato a rivivere quei periodi che mi ero perso (io sono classe ’85) scoprendo veramente un mondo calcistico incredibile, che valeva la pena raccontare.
Hai rimpianti per non aver visto espatriare prima i talenti rumeni oppure il successo della Steaua Bucarest del 1986 ha sopperito ad esso ed ha avvalorato la politica del regime?
Diciamo che probabilmente se i talenti avessero potuto espatriare forse non avremmo avuto, non solo la Steaua ’86, ma neanche la generazione anni ’90. I talenti rumeni crescevano in delle società che operavano solo a livello giovanile (per esempio il Luceafarul Bucarest che cito nel libro) e poi venivano lanciati in prima squadra. Questo gli permetteva di crescere assieme, giocare titolari e quindi diventare anche competitivi a livello internazionale. Fossero espatriati avremmo assistito ad una diaspora che magari li avrebbe portati a giocare meno ed essere meno competitivi. Quindi no, nessun rimpianto.
A tal proposito ti chiedo se anche in Romania il calcio è stato più un mezzo utilizzato dal regime o un vezzo a disposizione dello stesso?
Il calcio è stato un vero e proprio mezzo. In prima battuta per ottenere potere internamente al partito. Una guerra intestina tra i figli di Ceausescu, Valentin, che era nel direttivo della Steaua, e Nicu, che invece essendo il capo della polizia segreta era più affine alla Dinamo. Che portò a scontri veramente epici e segnati dall’ingerenza del regime, come per esempio nella Coppa di Romania 1989, ribattezzata “Coppa della Vergogna” (se ne parla approfonditamente nel libro). Ed in seconda battuta come vetrina internazionale per la Romania ed il sistema-comunista, vedi Steaua campione d’Europa, ma anche una serie di trofei “Scarpa d’Oro” dall’esito abbastanza imbarazzante, come quello vinto, e poi revocato, da Rodion Camataru nel 1986/87, o quello di Dorin Mateut, che ricordiamo in Italia protagonista non certo per la sua prolificità, nel 1988/89.
Dal libro si evince la tua stima per il grande Gheorghe Hagi; al netto dello straordinario talento riesci a trovargli un limite/difetto?
A livello di talento giudico Gheorghe Hagi assolutamente uno dei primi 5 giocatori di sempre al mondo. Il limite/difetto, che evidenzio anche nel libro, è quello di non essere riuscito a dimostrare nelle squadre di club quella continuità di rendimento che aveva in nazionale. Per lui le stagioni erano solo un intermezzo per riuscire ad arrivare al massimo della forma alla kermesse continentale o mondiale successiva. E questo lo ha molto penalizzato agli occhi dei critici.
Nel libro parli principalmente del calcio rumeno anno’80 e 90: qual è il tuo giudizio sui decenni precedenti?
Beh diciamo che, sebbene ci siano stati personaggi leggendari anche nei decenni precedenti, penso a Dudu Georgescu su tutti, ma anche a Ion Oblemenco, Florea Dumitrache, o Ion Ionescu, sia soprattutto dagli anni’80 che il calcio ha iniziato mischiarsi nella politica, quando i figli di Ceausescu hanno accresciuto la loro sfera di potere. E anche le storie dei giocatori degli anni ’80 e ’90 erano così particolari che hanno finito per rappresentare la maggior parte del libro.
Al Mondiale del 1994 avrebbe meritato di finire tra le prime 4? Quanto sarebbe stata storica ed affascinante la semifinale con il Brasile?
Stando a quanto dice Gheorghe Hagi avrebbero anche potuto vincerlo! Se analizziamo nel dettaglio quell’edizione, il Brasile era molto criticato in patria, in quanto il CT Parreira, al netto della fenomenale coppia d’attacco Romario-Bebeto, soleva mettere in campo una formazione molto “operaia”, in cui i tipici brasiliani, i giocatori più talentuosi, Rai e Leonardo, venivano spesso lasciati in panchina in favore di un centrocampo più muscolare composto da Mazinho-Mauro Silva-Dunga-Zinho, come del resto successe in finale. E anche l’Italia Sacchiana era molto criticata, per il gioco non certo spumeggiante e per alcuni giocatori imbrigliati tatticamente (Signori all’ala sinistra). La squadra con la rosa forse più forte e talentuosa era l’Argentina di Redondo, Ortega, Balbo e Batistuta… e la Romania l’aveva già battuta!
Da Grounhopper cosa provi nel visitare stadi abbondanti e fatiscenti, come purtroppo ci hai raccontato relativamente a Bucarest?
Da Groundhopper io amo molto i vecchi “catini”, testimoni del tempo e delle leggende che furono, piuttosto che quei moderni mostri di vetro e acciaio, magari bellissimi architettonicamente ma che perdono la loro aura storica. Detto questo, purtroppo in Romania stavamo assistendo ad una caduta in degrado di stadi assolutamente storici. Per fortuna il recente Europeo, che ha visto disputare incontri all’Arena Nationala, ha permesso di investire dei soldi nel riammodernamento degli stadi limitrofi, e terreni storici che erano caduti in disuso come il Ghencea della Steaua ed il Giulesti del Rapid, sono stati ristrutturati. Purtroppo ci sono ancora dei templi che versano in condizioni pessime, come per esempio il Cotroceni, ormai lasciato a sé stesso. La speranza è che in un futuro prossimo anche questi possano beneficiare di qualche fondo per la loro ristrutturazione.
Qual è la tua opinione sull’attuale calcio rumeno? Più critica la questione economica o la carenza di talenti?
Più critica la questione economica. I talenti secondo me non mancano. Penso per esempio a Alexandre Cicaldau, che stan ben figurando al Galatasaray, agli “italiani” Dragusin, Nedelcearu, Mihaila, Marin e, soprattutto Denis Man, ma anche a giocatori meno conosciuti, come il portiere del Voluntari Mihai Popa, che a furia di clean sheet ha trascinato i suoi ai playoff, al suo compagno Ion Gheorghe, a Octavian Popescu della Steaua… Tutti giocatori under 25 che potrebbero garantire un ottimo futuro alla Tricolora.
Purtroppo la questione economica che hai citato fa sì che, rispetto al passato, molti talentini abbandonino la Romania per andare a giocare altrove, dove finiscono per giocare meno del dovuto, risentendone poi al momento di andare in nazionale. Emblematico è il caso di Ionut Nedelcearu: nel 2019 ai campionati europei Under21 dove la Romania fece un’ottima figura, era stato uno dei trascinatori dei suoi, tanto che nella stessa estate si parlava di un imminente passaggio alla Roma. Il giocatore scelse poi prima la Russia e poi l’Aek Atene, le cose non andarono al meglio, ed oggi rischia addirittura di retrocedere in Serie C con il Crotone.
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