Intervista: Ronaldo-Il Fenomeno

Il libro di Gianluca Cedolin ripercorre la carriera di Ronaldo, tra i tanti gol e le criticità di campo e private. Ne abbiamo parlato con l’autore.

Ronaldo mi ha personalmente colpito per la capacità di abbinare una perizia tecnica perfetta ad una velocità di base eccezionale: è questo il suo marchio di fabbrica?

Era davvero perfetto per rappresentare lo slogan di Pirelli, allora sponsor dell’Inter, la potenza è nulla senza controllo. Ronaldo, soprattutto quello prima degli infortuni, aveva una tecnica in velocità davvero unica, che lo rendeva semplicemente immarcabile anche per i migliori difensori del tempo.

C’è stato un calcio pre e post Ronaldo? Il Fenomeno è stato uno spartiacque in tal senso?

Sicuramente il suo arrivo è stato dirompente, perché non si era mai visto un calciatore del genere. Ronaldo è stato probabilmente il primo calciatore moderno, a livello fisico, tecnico, ma anche comunicativo: non a caso in molti lo definiscono il primo giocatore-azienda, capace di portare il marketing e l’unione tra calcio e immagine pubblica su un altro livello.

Quanto è stata formativa l’esperienza ad Eindhoven in giovane età?

Moltissimo, direi, perché ha permesso a un ragazzo molto giovane di confrontarsi con sentimenti come la nostalgia, la solitudine, la paura dell’ignoto, e di crescere prima di tutto a livello umano. Anche calcisticamente, certo, è stata importante, perché ha consentito a lui di abituarsi al calcio europeo senza finire subito sotto i riflettori, e al calcio europeo di capire che Ronaldo fosse davvero speciale.

Critiche, avversità e vita privata hanno rappresentato più un freno o una spinta a fare di più in campo?

Questa è davvero una questione molto complicata, a cui forse nemmeno lui saprebbe rispondere. Sicuramente essere sempre al centro di un’attenzione spasmodica in certi momenti potrebbe averlo penalizzato, però secondo me si sottovaluta troppo spesso il carattere di Ronaldo. Qualcuno lo riduce a un calciatore incredibilmente talentuoso ma senza il carattere necessario per diventare il migliore di tutti i tempi, senza rendersi conto di quanta forza d’animo gli sia servita per riprendersi da infortuni e batoste come quelle che ha subito.

Nel libro ricordi giustamente come fosse avanti di dieci anni rispetto a tutti: sarebbe adatto anche al calcio di oggi?

Se esistesse un calciatore di epoche passate che potrebbe adattarsi al calcio iper-intenso di oggi, quello sicuramente è Ronaldo, perché aveva caratteristiche tecniche e soprattutto fisiche fuori scala per gli anni Novanta e Duemila. Ho qualche dubbio in più a livello di applicazione tattica, ma direi che con l’allenatore giusto, anche oggi Ronaldo potrebbe essere un top.

Tra i rimpianti della sua carriera c’è sicuramente quello di averlo visto giocare pochissimo con Roberto Baggio e Christian Vieri: a tuo parere con quale aveva maggiore intesa? Era fattibile e sostenibile un simile tridente?

Oggi sarebbe difficile da sostenere, ma all’epoca forse sì, e di sicuro sarebbe stato molto affascinante vederli insieme, perché erano tre campioni e ognuno con caratteristiche molto diverse, probabilmente complementari. Dai racconti, sembra che lui e Vieri fossero una coppia molto affiatata, quindi anche in campo avrebbero probabilmente spaccato.

A proposito di coppie offensive ti chiedo un giudizio su quella formata dal Fenomeno con Rivaldo.

Direi che il Mondiale del 2002 parla per loro: tecnica, forza, fantasia e quella gioia di giocare a calcio che è solo brasiliana. Se a loro due aggiungi Ronaldinho, non è difficile capire perché in Corea e Giappone il Brasile non ha avuto rivali.

Come vorresti venga ricordato Ronaldo negli anni a venire?

Come un giocatore capace di segnare un’epoca e di catapultare nel futuro il calcio, ma soprattutto come un campione trasversale, che amava il calcio e che lo ha fatto amare a milioni (miliardi?) di persone.

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