
In un libro dettagliato e sentito Gianluca Cettineo evoca le vicende del Derry FC, assolutamente connesse al contesto sociale, politico ed etnico della città e della nazione. Ne abbiamo parlato con l’autore.
Possiamo definire il tuo bel libro come un’ulteriore approfondimento di quanto da te raccontato nel precedente libro “The Poppy and the Lily”?
Sì possiamo definirlo come tale anche se credo di aver dato una dimensione più narrativa, più personale e meno didascalica e distaccata a questo libro rispetto a The Poppy & the lily, il che può anche essere, come dire…… consono alle due tipologie di libri. The Poppy & the lily diciamo è più un prontuario generico al mondo delle divisioni calcistiche-culturali sprigionate dal dualismo nordirlandese. Derry City F.C. calcio, repressione e rivolta racconta nel modo più completo possibile un realtà a cui, in The Poppy & the lily, si accenna lontanamente ma che assieme alla scomparsa del Belfast Celtic, rappresenta uno dei due momenti più rappresentativi della “guerra dei mondi” che regolamenta la società nordirlandese dalla nascita dello stato nel 1921.
Come mai in Italia si sa poco della questione etnica e sociale nordirlandese? Troppo lontana dalla nostra cultura o troppo poco esposta dal punto di vista mediatico?
Credo ci siano due i fattori principali che portano l’opinione pubblica non solo italiana, ma europea e mondiale, ad una mancanza d’interesse verso la questione etnica in Irlanda del nord. La più importante è sicuramente la scarsa esposizione mediatica verso la situazione socio-politica nordirlandese, ma soprattutto il messaggio totalmente sbagliato relativo alla natura del conflitto. Non so dirvi se questa disinformazione sul conflitto, sia dovuta da una reale scarsa conoscenza dei media delle dinamiche che lo hanno originato o se se sia voluta, ma la cosa certa (dal mio punto di vista), è che diffondere l’idea che il contenzioso nordirlandese sia esclusivamente vincolato al fattore cattolici-protestanti, ha portato a due principali effetti: 1) L’oscuramento dei veri responsabili che hanno storicamente originato e fatto deflagrare la polveriera etnica nordirlandese. 2) La scarsa considerazione dell’opinione pubblica ad una bega tra fanatici religiosi. Aggiungendoci inoltre la chiave di volta mediatica per eccellenza, ovvero la parola terrorismo, l’opinione pubblica è stata portata ad attribuire il conflitto al fanatismo religioso, quindi alla mancanza di razionalità, al delirio dogmatico, senza porsi grosse domande sulle altre reali e concrete motivazioni. E’ soprattutto questo che mi ha portato a scrivere e a parlare della realtà nordirlandese. L’altro grande fattore, sempre da mio modesto punto di vista, è non tanto una mancanza culturale da parte nostra, ma più una lontananza morale che negli ultimi tre decenni è dilagata tra le nuove generazioni. E’ un po quello che cerco di esporre utilizzando la Domenica delle salme di De Andrè nel libro. Viviamo in tempi storici dove “l’internazionalismo” stà scomparendo, ma non solo l’internazionalismo, a mio avviso è un fenomeno puramente umano che il dilagare del capitalismo ha esponenzialmente amplificato. Parlo dell’affezione alle cose materiali e legate principalmente al tornaconto del singolo. Ci interessiamo sempre meno di quello che capita agli altri, di quello che ci circonda e questo è fondamentalmente legato alla repentina diminuzione di un idealismo sociale e politico che ha fatto posto interessi di, come dire……… diversa natura.
Nel libro separi giustamente la questione etnica e sociale da quella meramente religiosa, ma ti chiedo se quest’ultima non abbia giocato o avrebbe putito giocare in positivo un ruolo nell’ atavica questione?
La conflittualità nordirlandese è una questione di divergenza culturale innescata dalla secolare politica colonialista britannica. Tra i tanti diversi tratti distintivi dei due filoni culturali e va da se politici, vi è quello religioso, nemmeno poi così’ marcatamente vincolante considerando il numero di protestanti impegnati nella causa repubblicana. Le istanze dogmatiche quindi, hanno inciso quanto le diverse istanze derivanti dalle varie peculiarità della cultura gaelica-irlandese e scoto-ulsteriana. Le stesse chiese, dopo decenni passati a cercare di pacificare il conflitto, si sono dichiarate “impotenti, non essendo parte del problema”.
A tal proposito ti domando se a livello di politica internazionale si sarebbe potuto fare qualcosa in più nell’epoca dei Troubles, anche solo in termini di sensibilizzazione?
Sicuramente si, soprattutto in virtù delle responsabilità politiche del governo unionista prima e del governo inglese poi, nella segregazione socio-politica dei repubblicani irlandesi in Irlanda del nord a partire dalla sua nascita. Purtroppo credo che questa ottima domanda, trovi la propria risposta nello status di protezione speciale di cui determinati governi godono rispetto ad altri in politica internazionale in virtù di preziosi rapporti geo-politici di Londra. Tra pochi giorni decorrerà il 50° anniversario del Bloody Sunday e le famiglie delle vittime, marceranno per la cinquantesima volta per chiedere giustizia ed un procedimento penale nei confronti dei soldati britannici che quella domenica di fine gennaio uccisero deliberatamente 14 civili. La storia giuridica che ha seguito il Bloody Sunday è lapalissiana. Con un’indagine faziosa e zeppa di insabbiamenti, lord Widgery sentenziò i manifestanti come dei sedicenti armati con i soldati costretti a sparare per salvarsi la vita. Solamente la forza e la determinazione dei familiari portò alla verità e 28 anni dopo all’apertura ad un’inchiesta indipendente che si concluse con il riconoscimento di innocenza delle vittime e le “scuse” di David Cameron a nome del governo britannico per il comportamento dei soldati che cito: “Ingiustificato ed ingiustificabile”. Ma nulla più, i processi penali ai soldati sono stati negati e tutt’oggi si marcia per negare l’amnistia che Londra vorrebbe loro concedere. Anche la corte europea per i diritti umani ha negato l’apertura di un’ indagine ufficiale. La sentenza Widgery è incontrovertibile per il sistema giuridico britannico rendendo la sentenza Saville irrilevante a livello di procedure penali.
A tuo parte il Derry City FC ha più rappresentato una valvola di sfogo, come in tanti altri contesti di repressione, oppure un motivo di orgoglio e di rappresentanza?
Entrambi senza dubbio. Una valvola di sfogo sicuramente in un contesto di vita quotidiana di estrema sofferenza e tensione nella quale hanno vissuto i cittadini nordirlandesi per decenni. Un motivo di orgoglio e rappresentanza in virtù dell’importanza che qualsiasi aspetto della vita sociale delle due comunità assume in termini di identitarismo nell’universo nordirlandese. A maggior ragione, quando realtà sportive come il Derry City F.C. incarnano realtà sociali segregate subendone a loro volta l’oppressione, la vita ed i risultati sportivi di questi club divengono un forte veicolo di riscatto sociale.
Quanto la tendenza della squadra a veder sfumare le vittorie all’ultimo ha rafforzato il legame con una comunità repressa e disillusa?
Probabilmente molto, soprattutto alla luce del fatto che tutti i trionfi calcistici a quel tempo arrivavano dai club di Belfast, quindi Derry rappresentava anche in senso di importanza geografica (e poi sociale) l’ultima delle ultime.
Per valori e orgoglio possiamo definire quello del Derry City FC la parte più bella romantica di un calcio ormai avviato ad una costante deriva morale?
Assolutamente si, è una sorta di piccola isola in un calcio al quale la nostra società guarda prevalentemente per blasone e vittorie e sempre meno per i valori che vi ruotano attorno. Ma non è un sola questione calcistica ma bensì sociale di cui il calcio ne è semplicemente un riflesso.
Da profondo conoscitore del contesto ti chiedo cosa prevedi per il futuro del Derry City FC a causa della Brexit
Difficile dirlo, ma una previsione la si può azzardare. La realtà politica e sociale nordirlandese si è in qualche modo fusa con quella della repubblica d’Irlanda con il processo di pace. Questa fusione è uno dei pilastri del compromesso raggiunto con l’accordo del venerdì santo del 1998 e sarebbe potuta durare decenni, forse secoli, se solo non fosse intervenuta la brexit a elidere dal punto di vista geo-politico il nord dalla repubblica. Per ovviare a questa frantumazione di uno dei principi cardine del processo si pace, si è ricorso ad un ulteriore compromesso rappresentato dal protocollo grazie al quale, l’Irlanda del nord rimane doganalmente legata al mercato unico europeo, e quindi anche all’EIRE, spostando il confine doganale terrestre (l’unico tra UK UE) che divide nord ed Irlanda, sul mare che divide l’isola di Gran Bretagna e l’isola d’Irlanda. La percezione è che questa sia una soluzione che non potrà durare, soprattutto perchè osteggiata dagli unionisti. Londra e Bruxelles dovranno quindi trovare un’alternativa che accontenti tutti. Ed è proprio nell’estrema difficoltà di quest’ultimo scopo che sta la grande incertezza su cosa si possa fare per mantenere questo compromesso, che da una parte, faccia sentire gli unionisti cittadini meno britannici degli altri all’interno del Regno Unito e allo stesso tempo, i repubblicani cittadini meno alieni in uno stato in cui non si riconoscono. Il Derry City F.C. è nel mezzo di questo ingarbugliato rebus politico-sociale, ma la convinzione è che da una parte o dall’altra, le Candy stripes continueranno ad appassionare i propri tifosi e simpatizzanti.
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