Intervista: Zlatan Ibrahimovic, Una Cosa Irripetibile

Il bel libro di Daniele Manusia racconta in modo perfetto la carriera di Ibrahimovic, mettendo in chiaro come il campione svedese sia un unicum nellla storia del calcio. Ne abbiamo parlato con l’autore.

Nel complimentarmi per il libro ti chiedo se tra le finalità c’è anche quella di riabilitare il valore di Ibra al netto di preconcetti e luoghi comuni.

Penso che da un parte ci sarà un ricordo di Ibrahimovic legato alle sua grande imprese, dall’altra invece la mancanza della Champions League o di un trofeo internazionale può invece pesare su di lui. Non penso che il mio libro possa in qualche modo intervenire in questo tipo di dibattito, però una cosa che io ho scritto chiaramente è che a livello di talento e di forza d’impatto che ha avuto sul nostro immaginario, lui è al pari di Messi e Ronaldo. Una cosa che tra l’altro lui ha ribadito in un’intervista a France Football.

A tal proposito ti chiedo se sia stata l’ingombrante presenza, tecnica e mediatica, di Cristiano Ronaldo e Messi a sminuirlo agli occhi di critica e pubblico.

Penso che questo valga un po’ per tutti, nel senso un po’come nel tennis vivere nell’epoca di Federer, Nadal e Djokovic non deve essere semplice, per chi avrebbe voluto vincere magari uno  Slam o nel caso di Ibra magari un anno un Pallone d’Oro. Oppure magari nel Barcellona non avrebbe avuto le difficoltà che ha avuto, perché poi abbiamo saputo che c’entrava anche la presenza ingombrante di Messi. Oltretutto loro hanno spostato il piano su campioni e vincoli in maniera costante per 10 o 20 anni, segnando 30, 40 o 50 gol per più stagioni e Ibra magari invece non è stato invece un talento costante e in questo vale anche quello che ha vinto lui. A quel livello sì secondo me anche per le caratteristiche che lui ha.

È stato Fabio Capello l’allenatore più importante per la sua maturazione?

Probabilmente sì, anche se lui, secondo me, non aveva veramente bisogno di un allenatore. Quella del diventare un centravanti maggiormente concentrato sui gol è una cosa che gli sarebbe venuta comunque, un salto che la sua carriera ha portato in maniera naturale quando è arrivato in Italia, quando si iniziava a pretendere certe cose dal centravanti. Non so se quella cosa di Capello che gli fa vedere i video di Van Basten è stata veramente decisiva, mi sembra Ibra un tipo di talento sul quale gli allenatori posso intervenire molto poco.

La nomea di giocatore non decisivo in Europa ha effettivamente un senso? La sua carriera in tal senso ha una mancanza sotto questo punto di vista?

Secondo me per vincere in Europa sono necessaria tante cose, una squadra. Un singolo difficilmente può fare la differenza. Lui è stato in un paio di squadre, forse una volta al PSG e quella volta al Barcellona  che avrebbero potuto vincere qualcosa in Europa. Di sicuro penso che non dica nulla sul suo valore effettivo.

Credi che Ibrahimovic abbia sempre bisogno di un nemico o di un atavico opponente per dare il meglio?

No, a me non sembra che abbia bisogno di un nemico, nel senso che le sue motivazioni le trae da se stesso e dalla sua storia. Cioè quelle difficolta che lui ha avuto all’inizio e che poi ad un certo punto si è ricordato, quando a Barcellona si è sentito nuovamente escluso, lui se le ricorda ancora adesso e le use come motivazioni; come per dirsi ”io non ho mai temuto per Ibra” e questa è un po’ la sua forza, cioè anche adesso a 40 anni lui sente di aver cose da dimostrare, però non proprio dei nemici.

A tuo parere a renderlo unico ha più contribuito l’acclarata strafottenza balcanica o la dura vita di Rosengard?

Io penso che siano sue caratteristiche personali, cioè il carattere che ha lui è una cosa eccezionale, persone diverse con le stesse condizioni e magari lo stesso talento non avrebbero ottenuto quello che ha ottenuto lui. Anche la voglia di lavorare, senza la quale non sarebbe arrivato a 40 anni, la stessa genetica dei suoi genitori. Secondo me il carattere e la sua storia personale si sono sposate abbastanza bene insieme, però direi che la cosa forse fondamentale il talento che ha avuto

A tuo parte questa mitizzazione del suo ego, artificiosa e dissacrante, non rischia di renderlo un po’ inviso? Per certi versi ha un po’ stufato?

Quello è il suo personaggio pubblico che tra l’altro appunto non è più effettivamente nuovo. Non dico che abbia stufato, perché l’anno scorso l’ha portato a Sanremo. E’ un po’ limitato, perché non è che ci può fare molte cose, però non lo rende antipatico, perché c’è una componente di autoironia abbastanza evidente in Ibrahimovic, che sicuramente può annoiare un pochino, ma non lo rende sicuramente antipatico.

Ritieni che nel 2018 abbia sbagliato ad andare nell’MLS? Era convinto di essere ormai in fase calante? 

Non lo ritengo io, l’ha più o meno detto lui, l’ha detto Raiola, non sapeva se sarebbe tornato dal problema al ginocchio avuto con il Manchester United, quindi doveva fare una prova. Come prova, secondo me, è andata bene ed è tornato poi in Italia con una maggiore sicurezza. Altrimenti avrebbe dovuto aspettare in Italia o in Inghilterra, aspettare di capire se fosse ancora un giocatore determinante. Invece l’ha capito lì, ma sarebbe stato uguale.

Tra vent’anni come ricorderemo Zlatan Ibrahimovic? 

Io spero che lo ricorderemo come giocatore più unico di questi anni insieme a Messi e, secondo me, anche più di Ronaldo. Spero che tutte le questioni secondarie al calcio all’unicità dei suoi gesti e del suo talento vadano un po’ in secondo piano.

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