Antialmanacco Del Calcio

Una volta letto il libro di Carlo Martinelli mi sono chiesto quali ragioni lo hanno portato a scriverlo e quali finalità si sia posto nei confronti del potenziale lettore. Poi mi sono ricordato che l’autore è fedele al concetto di essere guidato dall’inattualità, finendo per comprenderne meglio il senso e la bontà del libro stesso.

Per ogni giorno dell’anno Martinelli ricorda un avvenimento a dir poco di nicchia, alternandoli tra tragicomici, drammatici o semplicemente di ricercato costume. Come dice Gianvittorio Randaccio nella sua postfazione, il libro racconta di un calcio e di una società che sembrano davvero lontani millenni, a mio avviso catapultando il lettore in una dimensione storica/calcistica a tratti inesplorata, ma affascinante.

Si spazia dal Pallone d’Oro smarrito da Rivera, a Damir Desnica espulso per proteste pur essendo sordomuto, passando per quegli episodi drammatici che fanno riflettere e ricordare: si vedano in tal senso i tristi destini di Virgilio Fossati e Robert Mertz, oppure di Huggies Gallacher o Fernando Figueras, nonché le tragedie come quelle dei 318 tifosi peruviani perito nel 1964 o le sparute notizie post Superga.

Credo che sia giusta che il lettore gusti e ponderi ognuna della 365 storie, provando ad amalgamare il tutto in una valutazione personale che non può non apprezzare la moltitudine di sfaccettature presenti. A livello personale ci scorgo una forte contestazione all’epoca attuale, dove il bombardamento di informazioni al quale siamo sottoposti ha sottratto fascino e, probabilmente, curiosità al nostro modo approcciarci al calcio.

Il libro è un bel tuffo nel passato anche punto di vista linguistico, attraverso modi di dire e descrizioni figli di epoche ormai passate; se oggi ci si stupisce nel leggere di “ Bongo Bongo” Cané, al tempo stesso si fa la conoscenza dello Spartak Stalin (oggi Spartak Varna) e si apprezza il rito di “bere un Vermouth d’onore”.

Ci si riconcilia con un certo modo di vedere e parlare di calcio e delle sua derivazioni, apprezzando il lavoro di ricerca fatto dall’autore per regalarci qualcosa di unico e finemente ricercato.

Davvero sì può apprezzare tutta la passione ed il gusto per la curiosità di un giornalista stilisticamente fine e particolare. Ah, anche Marilyn Monroe calciò un pallone… 

Giovanni Fasani

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