Igor Colombo ripercorre la scalata della Reggina dalla serie C alla seria A attraverso gli occhi di un tifoso sfegatato in romanzo molto accattivante. Ne abbiamo parlato con l’autore.Come e quando nasce l’idea del libro e quali finalità ti sei posto nel scriverlo?
Come e quando nasce l’idea del libro e quali finalità ti sei posto nel scriverlo?
L’idea di scrivere un libro sulla Reggina mi è venuta fuori all’improvviso in quanto avevo in mente di cimentarmi con tutt’altro lavoro visto che la mia attività di scrittore e poliedrica e tratta pertanto tanti argomenti e tematiche. L’intento o meglio dire l’obiettivo accompagnato dalla speranza era quello di suscitare in ogni tifoso amaranto quelle emozioni e quei ricordi di quel decennio che a mio modo di vedere è stato il più bello vissuto da almeno due generazioni di ultras e tifosi
Quanto c’è di autobiografico nella passione e neri momenti vissuti del protagonista Giorgio?
Qualcosa ci sta , ma solo piccole sfumature legate più al mio carattere ed alla visione globali delle cose, per il resto Giorgio è un ragazzo in cui la stragrande maggioranza delle persone possono riconoscersi in quei momenti e percorsi di vita.
Se dovessi indicare un giocatore o più giocatori simbolo della Reggina del periodo da te raccontato chi diresti?
La scelta è veramente dura e difficile perché in quegli anni sono stati molti i calciatori che oltre ad essere grandi e seri professionisti, erano anche veri uomini con un legame viscerale con la città e con la maglia amaranto, specie nel biennio della banda Scala. Ma uno sicuramente più di tutti che metterebbe d’accordo l’intera tifoseria amaranto è senza dubbio quello di Maurizio Poli, che noi della curva definivamo “Uno di noi”.
Nel libro tratti anche il tema della politica: credi che calcio e politica debbano restare separati, scindendoli proprio come fa il protagonista Giorgio?
Diciamo che nella nostra condotta di vita quotidiana tutto è politica , dal prezzo del pane a quello della benzina , quindi il calcio, quale settore economico che ormai è una vera e propria industria , non è chiaramente esente. Diverso magari per noi tifosi e per gli ultras in generale. Io da vecchio militante politico per esempio sono andato in curva sempre con la sciarpa amaranto e non ho mai portato simboli politici, ma sono scelte personali esattamente come quelle di Giorgio.
In merito a questo ti chiedo se in Italia ha ancora senso il concetto di militanza, sia politica che di tifo?
Non voglio utilizzare quella retorica stucchevole del tipo “ai miei tempi c’erano altri valori ed altra gente” in quanto penso che ogni epoca ed ogni stagione partorisca le medesime persone nella perfetta dicotomia di chi qualcosa vuol fare e di chi vivacchia nell’ozio ed ha come unico scopo il divertimento della movida del fine settimana. Credo che oggi però siano venuti meno alcuni pilastri fondanti tra i giovani della società e quindi ci metto anche la curva quale agglomerato sociale, ovvero sono rimasti pressoché senza guida e punti di riferimento. Proprio per questo motivo , non volendo assolutamente peccare di boria o di saccenteria melensa, consiglio la lettura del mio libro a scopo formativo soprattutto tra i giovani e tra chi vuol intraprendere un percorso militante in politica in un percorso legato a quello del tifo della curva, esattamente come fa Giorgio nella sua vita. Per rispolverare un vecchio slogan a me caro che recitava “Militia est vita” la militanza è vita ,senza di essa e senza pertanto stimoli si può morire di spirito.
Nelle imprese della Reggina ci vedi anche una rivalsa sociale del popolo reggino e calabrese più in generale?
Senza se e senza ma rispondo di si. Il riscatto sociale di tutta una città e di una regione è avvenuta con quella storica promozione in serie A nel 1999. Fino ad allora Reggio Calabria saliva alla ribalta delle cronache regionali e nazionali per fatti gravi e drammatici. Con i successivi anni di serie A il binomio città-squadra è stato il marchio identificativo nel mondo intero, dall’Europa fino all’estremo oriente. Se parlavi di Reggio Calabria tutti l’associavano alla Reggina e non più alla ‘ndrangheta.
Come spiegheresti ad un neofita cosa significa vivere l’attesa e lo svolgimento un derby dalla curva?
Oggi purtroppo i ragazzi che frequentano la curva ed organizzano il tifo e le coreografie non hanno la nostra stessa fortuna, mi spiego meglio: la mia generazione è cresciuta in un contesto in cui la repressione non c’era , le trasferte erano libere ed anche il calcio era diverso. Oggi purtroppo ogni curva soffre le leggi liberticide che conculcano la libertà individuale di un qualsiasi cittadino, perchè l’ultras non è un emarginato nella società, ma studia, lavora, paga le tasse e di conseguenza dovrebbe essere tutelato dallo Stato e se sbaglia dovrebbe essergli data la possibilità di difendersi come tutti i cittadini italiani nei processi. Invece con la curva e gli ultras questo non accade, il Daspo ti impone la firma in Questura nelle ore delle partite e senza che possa far valere la difesa per le ragioni del provvedimento subito davanti ad un giudice. Di conseguenza poi scattano una serie di divieti complessivi specie in occasione dei derby come divieto di trasferta per la tifoseria ospite oppure obbligo di avere la “Tessera del tifoso”. Ai mei tempi l’attesa dei derby veniva vissuta esattamente come racconta Giorgio in questo libro, oggi purtroppo un ragazzo coetaneo di Giorgio non può, per le ragioni appena spiegate, viverla allo stesso modo.
Cosa hai provato quando è stato esonerato Gustinetti? Preventivavi una possibile nuova delusione o eri comunque ottimista?
Sincero? Non ci capiì niente! Non riuscivo ad avere le idee chiare ,mancavano solo cinque giornate alla fine e la Reggina aveva già perso terreno e smalto. Non dico che fossi rassegnato, ma quasi, poi dopo la vittoria del derby di Cosenza dissi “cavolo qui ce la possiamo fare”. Solo anni dopo sono venuto a conoscenza del retroscena e del perché di quello esonero e chi me lo disse fu l’artefice di quel cambio tecnico, ossia il Direttore generale Gabriele Martino
Nel libro è resa molta bene la grande passione del tifo reggino, ma anche un certo disfattismo nei momenti più critici: è così anche nella vita di tutti i gironi?
Beh diciamo che quella consuetudine di voler attribuire agli altri le cause dei nostri fallimenti è tipico di un atteggiamento vittimistico non solo calabrese ma un pò di tutto il meridione. Il contesto del tifo non è diverso da quello della vita di tutti i giorni. Qui andrebbe fatta una valutazione di carattere non tanto antropologico ma quanto sociologico ed ancora di più storico, risalendo al periodo del Risorgimento e ad una pessima unità nazionale compiuta in quel percorso. Ma rischieremmo di andare davvero oltre , fermiamoci pertanto alla caparbietà che ha avuto Giorgio nell’inseguire un sogno e di aver avuto la forza di non mollare mai , anche quando gli altri quasi lo dileggiavano per quella sua passione. Questo si che è un esempio da emulare sia nel tifo sia nella vita di tutti i giorni un esempio che lo reputo estremamente positivo, perché Giorgio non ha perso di vista i suoi obiettivi di studio, nonostante la passione sfrenata della Reggina che lo coinvolgeva per tutta la settimana.
Cosa ne pensi dell’attuale situazione della Reggina? La segui sempre con lo stesso amore?
Credo che con l’attuale società che pare abbia dichiarato obiettivi importanti , si possano intravedere buone speranze per il futuro, nell’auspicio che i protagonisti di quella Reggina raccontata da Giorgio, non siano stati i primi e gli ultimi a realizzare quell’impresa. Riguardo a me, sicuramente no, non ho più la stessa passione e spirito di prima, credo sia anche fisiologico, anche se nella stagione del ritorno in serie B e prima del lockdown nella primavera del 2020, ho seguito la Reggina sia in casa che in trasferta, ma posso affermare che quello sia stato il canto del cigno , in quanto questo calcio non mi piace più e non ci trovo nulla più di romantico e passionale.
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