Robetto Sabatino ci regala un libro che racconta in modo sentito e preciso la figura dell’indimenticabile Franco Scoglio. Ne abbiamo parlato con l’autore,.
Come mai la figura di Franco Scoglio è così sottovalutata come allenatore? Credi che certe sue dichiarazioni lo abbiano penalizzato?
Risponderei semplicemente dicendo perché ha vinto poco. Ma Scoglio si è sempre definito un educatore del calcio: ha forgiato calciatori laddove nessuno si sarebbe mai spinto, e parlo soprattutto di Messina e Tunisi, inculcando concetti di cui ancora tutt’oggi i suoi ex calciatori ne parlano con toni entusiasti. Ovviamente il carattere non lo ha mai aiutato, ma il Professore non era uomo da compromessi e ha raccolto ciò che ha potuto. Anche se una chance in una big l’avrebbe meritata eccome…
Il Genoa di Bagnoli della stagione 1991/1992 quanto è figlio del lavoro di Franco Scoglio?
La forma di Scoglio è evidente, lo stesso Osvaldo Bagnoli disse che quella squadra nacque da fondamenta solide e precise costruite dal suo predecessore. Il Professore lasciò il Genoa all’apice dello stato di forma dei suoi calciatori: ma è una costante della sua vita lavorativa. Anche nella Tunisia, tre anni dopo l’addio di Scoglio e dopo aver partecipato grazie a lui ad un Mondiale, i calciatori si sono evoluti fino a vincere anche la Coppa d’Africa e centrando pure un’altra qualificazione alla massima competizione per Nazionali a Germania 200
Lasciare il Genoa e la nazionale tunisina nel pieno del progetto è stato un errore?
Col senno di poi, ovviamente si. Ma un uomo istintivo come Scoglio non ci avrebbe pensato due volte. Lasciò il Genoa nell’estate 1990 perché sedotto e abbandonato dalla grande occasione (Juventus e Napoli gli promisero ponti d’oro, poi svaniti), con la Tunisia è stata una scelta ancor più sofferta ma di cuore grande. Rinunciò ad un grande sogno per salvare il Vecchio Grifone che stava annegando verso la Serie C. E lo salvò strepitosamente, seppur a caro prezzo.
Dove abbiamo visto meglio applicate le sue teorie, a Messina o a Genova?
Io aggiungerei anche ad Agrigento (salvò l’Akragas in un girone di ferro, quello di C1, in cui aveva squadroni come Salernitana, Bari e Foggia) e Gioia Tauro (la strepitosa promozione della Gioiese nel professionismo è ancora tutt’oggi impresa epica). A Messina si accesero i riflettori in Serie B, a Genova si è consolidato con la massima categoria in un ambiente nuovissimo, al Nord Italia e . Ha dato il meglio ovunque.
La sua scelta di lavorare con rose ristrette è stata almeno in parte un limite?
No direi di no, perché è quello che sogna ogni allenatore. Un base di 12-13 elementi, e al massimo qualche giovane. Certo il calcio di oggi è maggiormente ricco di impegni. Se invece mi chiedi se è stato un limite puntare sempre sulla stessa cerchia di uomini, ti dico di si. Chi stava fuori non portava di certo allegria e buonumore al campo, sapendo di essere un escluso perenne.
Ricordo una sua frase:”Un giorno vi stupirò”. C’è riuscito a tuo parere?
Ci è riuscito eccome, in ogni uscita, scelta professionale e discussione. Si è rimesso in gioco più volte, ha scelto mete insidiose come Tunisia e Libia. E non aveva ancora finito, dato che nel 2005 avrebbe preso incarico in Guinea. Solo su una cosa, purtroppo, non ci ha stupito: disse sempre che sarebbe morto parlando di Genoa. E quella profezia, ahinoi, è divenuta realtà.
Ci vedi un tratto comune nelle esperienze professionali non positive? Scoglio aveva bisogno di un ambiente ad hoc per dare il suo meglio?
Il filo conduttore è il mare. A detta dei suoi collaboratori, Scoglio con lo sguardo lo cercava sempre in ogni città in cui andava ad allenare. Non lo ha trovato a Bologna e Udine, dove infatti non legò con l’ambiente e fu esonerato. C’era invece a Napoli, ma arrivò a quella panchina nel peggior momento storico del club partenopeo, sull’orlo del baratro societario.
Quando manca il Professore al mostra calcio, sia come allenatore che come figura mediatica?
Non so quanto sarebbe accettato al mondo d’oggi. Scoglio è appartenuto alla vecchia categoria del “pane al pane, vino al vino”. Conferenze stampa mai banali, scelte coraggiose e soprattutto non ci metteva sempre la faccia, ancor prima della società. Chi si gli avvicina è Roberto De Zerbi, che difficilmente parla per frasi fatte.
In cosa si differenzia questo libro da altri due esistenti su Scoglio ?
Essenzialmente sul concetto di voler far trasparire più l’uomo che il professionista. Di quest’ultimo sappiamo di tutto, successi ed insuccessi. Ma del papà, amico, collega stretto ? Ecco “Raccontami il Prof” fa luce sul lato umano . Con tanti racconti, micro racconti ed interviste. Non a caso reputo fondamentale il fatto di aver potuto intervistare i figli Brigitte e Tobias.
Cosa è emerso dal lato umano che non sapevamo ?
Senza spoilerare troppo, però posso dirvi che non era un uomo così sicuro come sembrava essere da fuori. Come i comuni mortali vagava spesso di notte tra incertezze, dubbi e ansie. E poi aveva un cuore grandissimo con i più bisognosi ….
❤️
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