
Ciao Andrea e benvenuto su Bibliocalcio. Autore già di diversi libri tra i quali ad esempio “Quando c’era Paolo Valenti”. Come nasce l’idea di questo romanzo?
Ciao Antonio e grazie per lo spazio che mi hai concesso. Il romanzo nasce da varie idee messe insieme: la conoscenza di entrambi i tragici eventi e della mostra “Settanta angeli in un unico Cielo. Heysel e Superga tragedie sorelle” che li ha saggiamente e delicatamente accomunati. Il romanzo, infatti, è ambientato proprio al Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata, il luogo in cui si svolse la mostra nel 2014.
In “Tragedie sorelle” sei riuscito ad unire due terribili eventi che hanno segnato la storia del calcio italiano. Ti chiedo, al netto dei sani sfottò tra le tifoserie, una disgrazia può affratellare chi si trova sponde opposte?
Il messaggio che vorrei far arrivare è proprio questo: tragedie del genere devono far superare qualunque rivalità sportiva. E proprio per il valore educativo e formativo che va oltre quello puramente narrativo, il libro è consigliato anche ai ragazzi. Concetti ben sottolineati da Francesco Caremani nella prefazione del libro. “Leggetelo ai più piccoli, insegnategli cos’è e cosa è stato Superga, cosa è e cosa è stato l’Heysel. Fateli accarezzare dalle parole di Andrea Pelliccia, convinti che quelle carezze li indirezzeranno un giorno, se avranno voglia, ad approfondire le suggestioni di un romanzo sulle fonti riconosciute e riconoscibili, spezzando per sempre la dinamica amico-nemico che ha letteralmente ammorbato il calcio italiano.”
La Juve post Hysel ’85 seppe riprendersi, nonostante il notevole danno d’immagine, il Toro del post Superga, invece, non fu più lo stesso. A tuo parere quale delle due tragedie è stata più incisiva?
Se guardiamo l’aspetto puramente sportivo, l’impatto peggiore è stato subito dal Torino che ha visto completamente annientata la propria formidabile squadra, tecnici compresi. Nel giro di pochi anni ha conosciuto la retrocessione in Serie B ed è riuscito a vincere lo scudetto successivo solo nel 1976.
Da appassionato di fantascienza ed ucronia hai voluto cimentarti nella stesura di un romanzo a sfondo calcistico. È stato difficile reinventarsi?
No, alterno i vari generi, anzi spesso li mescolo. Il mio primo libro (che ha anche avuto un successo superiore alle aspettative) si chiama “Up & Under – racconti di rugby”: ho cominciato a scrivere di sport poi sono passato alla fantascienza, anche grazie alla collaborazione con Delos Science Fiction (la più antica rivista online italiana). Ma i piedi sono ben saldi anche nello sport, visto che, oltre a scrivere, dirigo due collane: “Raccontando lo sport”, saggistica sportiva per Edizioni Cento Autori, e “Short Sport”, narrativa sportiva in ebook per Delos Digital.
Nella seconda parte del libro emerge un’altra delle tue passioni, quella per la musica rock. È blasfemia se ti accostassi a Nick Hornby di “31 canzoni” e “Alta fedeltà”?
Per me è un onore, per qualcuno potrebbe essere in effetti blasfemia! Lo accetto, a patto che il giudizio venga espresso dopo aver letto il mio libro. A proposito di mescolare più passioni, nel 2019 ho curato per Delos Science Fiction un numero speciale dedicato alla fantascienza nella musica rock.
Mi corre l’obbligo di farti anche una domanda scomoda. Il libro è molto godibile e scorre via piacevolmente, però è troppo breve. Come mai questa scelta? Hai avuto paura di impegnarti seriamente?
Non la considero una domanda scomoda, anzi mi dà l’opportunità di spiegare. Non credo che esista un minimo sindacale di lunghezza di un libro, a meno che questo non venga imposto dall’autore stesso oppure dall’editore. Nel mio caso questi vincoli non ci sono stati ed è stata una fortuna, perché per me un libro si conclude quando lo scrittore ha raccontato quello che voleva raccontare nel modo in cui riteneva opportuno farlo. Il mio libro ha una lunghezza simile a “Il vecchio e il mare” e “La fattoria degli animali”, eppure credo che nessuno abbia chiesto a Hemingway e a Orwell se abbiano avuto paura di impegnarsi seriamente…
È forse una mia impressione, ma nel volume ci sono tantissimi ricordi del calcio adolescenziale e anche credo esperienze di vita personali. Mi sbaglio forse oppure c’è anche un po’ del vissuto di Andrea Pelliccia nel tuo racconto?
Certo, questo vale per la parte del romanzo che riguarda la tragedia dell’Heysel e che ho vissuto in prima persona davanti alla tv. Il racconto comincia nel 1979 e finisce nel 1987: lì ci sono le mie passioni sportive e musicali di quegli anni. Gli U2 sono la band preferita del protagonista e, all’epoca, erano anche la mia. Racconto, tra le altre cose, del primo tour degli U2 in Italia, evento che ho potuto documentare bene, poiché possiedo il bootleg con la registrazione del concerto di Bologna del 1985.
La tragedia della Chapecoense del 2016 dimostra come quanto accaduto al Torino nel ’49 si possa sempre ripetere, invece gli accadimenti di Bruxelles credi siano ripetibili oppure oggi i pericoli negli stadi – se ci sono – siano altri?
I tragici fatti di Sheffield (novantasei morti all’Hillsborough Stadium), avvenuti quattro anni dopo quelli di Bruxelles, dimostrano che, in termini di sicurezza negli stadi, la lezione dell’Heysel non è servita granché. È vero che negli ultimi vent’anni qualcosa è migliorato (più all’estero che in Italia, a dirla tutta), ma da qui ad avere la certezza che episodi così tragici siano definitivamente scongiurati è una mera utopia.
Altra domanda malandrina: a tuo parere è più facile vedere il Torino nuovamente campione d’Italia oppure la Juve sollevare la tanto agognata Champions League?
Il calcolo delle probabilità dice Juve: basta contare le finali di Champions perse per capire quanto sia andata vicina al traguardo. Certo, se poi i fatti dovessero smentirmi e il Toro vincesse lo Scudetto prima che la Juve la Champions, sarei felicissimo per i miei tanti amici di fede granata.
Dopo “Tragedie sorelle” quali progetti hai per il futuro?
Continuo ad alternarmi tra sport e fantascienza e, se possibile, cerco di unirli. È proprio quello che succederà con il prossimo libro. Pochi mesi di pazienza e ne parleremo…
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