Il libro di Massimo Prati è un bel viaggio nei magnifici ambiti di Genova e nei principi dell’essere genoani, attraverso aneddotti, racconti, tanto passione e orgoglio. Ne abbiamo parlato con l’autore.
Facendoti i complimenti per il libro ti chiedo di raccontarci un po’ la sua genesi e quali obbiettivi ti sei posto nel scriverlo.
Prima di tutto ti ringrazio per i complimenti: gli attestati di stima fanno sempre piacere e devo dire che per “I Racconti del Grifo” ne ho ricevuti
parecchi.
Poi, per venire alla tua domanda, posso dirti che il primo racconto della raccolta risale al 2004. A quei tempi, l’edizione genovese de “La Repubblica” aveva pubblicizzato un’iniziativa della casa editrice Fratelli Frilli Editori: si poteva proporre racconti sul Genoa all’editrice in questione e i migliori sarebbero stati pubblicati in una raccolta dal titolo
“Sotto il Segno del Grifone”. Il mio racconto, “Nella Tana del Nemico”, fu molto apprezzato, tanto che l’editrice lo pubblicò integralmente anche nella sua pagina internet ed un quotidiano ne parlò in termini lusinghieri.
Incoraggiato da questi riscontri positivi, nei 12 anni successivi hocontinuato a scrivere racconti sul Genoa, quasi per gioco, per il semplice piacere di scrivere. Fino a quando, nel 2017, avendo a disposizione quasi venti racconti, mi sono detto che era giunta l’ora di proporli ad un editore. A poche ore dall’invio via mail dei racconti, ho
ricevuto la risposta convinta della Nuova Editrice Genovese che si diceva entusiasta del progetto. Ed è cosi che è nata la prima edizione.
Dopodichè ho continuato a scrivere “storie genoane”, arrivando ad un totale di 34 racconti. Nel frattempo avevo iniziato a collaborare con Urbone Publishing, editrice con cui, nel 2019, ho pubblicato un libro sui pionieri svizzeri del football italiano. Così, mi è venuto abbastanza spontaneo proporre l’idea di una seconda edizione al mio nuovo
editore.
Alla fine, prendendo in considerazione le due edizioni, il numero di copie vendute de “I Racconti del Grifo” è nell’ordine delle migliaia. Dato, tra l’altro, in costante crescita. Direi che è un eccellente risultato, indice di un “appeal” del Genoa che va aldilà dell’ambito dei suoi tifosi.
Comunque, a prescindere dai positivi riscontri di vendita, mi piace sottolineare la lunga gestazione de “I Racconti del Grifo” . Una gestazione che va dal giugno del 2004 al dicembre 2020 e che copre quindi un periodo di quasi sedici anni. In un periodo storico in cui imperversano gli “instant book”, sulla base di crisi politiche, morti di personaggi famosi, pandemie e altre vicende della contemporaneità, credo che questo lungo periodo di gestazione del mio libro sia segno di impegno e meticolosità, oltre che rifiuto di concepire i libri come banali prodotti commerciali, da vendere sull’onda emotiva del momento.
Genova per la sua importanza storica e la sua cultura è presente un po’ in tutto il mondo: come vivi tutto ciò da genovese?
Parlo di questi aspetti nella prefazione del libro. Vivo orgogliosamente il fatto di essere genovese come un elemento che costituisce profondamente la mia identità, senza che questo mi impedisca, però, un’apertura verso altre culture. Vivo da quasi vent’anni all’estero. Ho acquisito la nazionalità svizzera. Parlo e scrivo in quattro lingue. Mi sento cosmopolita ma, prima di tutto, felice e orgoglioso di essere genovese. Genova ha una storia straordinaria. Una storia di relazioni internazionali che poche città italiane possono vantare. La stessa Venezia aveva un orientamento commerciale principalmente rivolto ad Oriente, con le sue colonie nell’Adriatico, nel Mar Nero e nel Mediterraneo orientale. Anche Genova era presente nel Mar nero e nel Mediterraneo orientale, Ma lo era anche in Tunisia, in Corsica, in Sardegna, in Toscana, in Provenza, in Spagna, a Gibilterra, nell’America Latina e in alcune isole atlantiche, come le Canarie e Tristan da Cunha. Del resto, nel mio libro parlo anche di questo, affrontando anche gli aspetti sociolinguistici delle parlate genovesi presenti in Corsica, in Sardegna, nel Principato di Monaco, a Gibilterra e a Buenos aires.
Nel nuovo millennio usi, tradizioni e dialetto genovesi rischiano di perdersi? Sostenere il Grifone può essere un modo pertenerli vivi?
In parte, penso di averti già risposto con quanto ti ho appena detto. Ma ti ringrazio per questa domanda perché mi permette di approfondire ulteriormente la questione.
Credo che in altri parti di Italia il dialetto sia ancora usato (penso al sud del nostro paese, ma anche al Veneto). A Genova negli ultimi 50 anni l’uso del dialetto (che molti preferiscono definire lingua) si è perso o perlomeno si è ridotto nel numero dei suoi parlanti. Ci sono alcune associazioni culturali che lavorano meritoriamente per la conservazione del genovese ma è indubbio che fino agli anni Settanta la lingua della nostra città era parlata in tutte le situazioni della vita quotidiana, salvo quelle più formali (come per esempio a scuola) mentre oggi è molto più raro sentire parlare genovese in un bar o in un negozio. Altre tradizioni sono andate perdute o sono meno praticate. La prima che mi viene in mente è quella dei falò di San Giovanni che ormai è un ricordo lontano della mia infanzia. Altre tradizioni invece si sono mantenute, quelle gatronomiche in primis. La genoanità ha una forte carica identitaria, perché spesso, quasi
sempre, tramandata di padre in figlio fino dalla fine dell’Ottocento e quindi contribuisce in qualche modo a mantenere in vita le tradizioni e la lingua genovese. Non a caso, in Gradinata Nord si cantano ancora antichi cori in genovese, come “Vegnivan a Quattro a Quattro” (canzone di cui parlo ampiamente nel libro) e, a volte anche “Ma Se Ghe Penso” (su youtube si possono trovare video a riguardo), mentre gli incontri casalinghi sono sempre preceduti dalla diffusione di “Creuza de Mä”. Il mio è ovviamente un punto di vista di parte, ma non credo che sia casuale il fatto che “Creuza de Mä” sia la canzone dei genoani e “Il Cielo è Sempre più Blu”, di Rino Gaetano è la canzone dei sampdoriani.
A me Rino Gaetano piace molto: ha scritto belle canzoni, era intelligentemente ironico e sapeva giocare con le parole come pochi cantanti. Ma, mi sembra evidente come Rino Gaetano abbia poco a che fare con Genova. Mentre Fabrizio De André è un simbolo della nostra cittä.
Mi ha molto colpito la descrizione di Boccadesse e della sua bandiera: lo possiamo ritenere il luogo per antonomasia dove Genova e Genoa si combinano?
Direi di sì, insieme ad altri luoghi come lo stadio Luigi Ferraris che è la casa del Genoa dal 1911. Boccadasse è un angolo bellissimo di Genova ed è un luogo simbolo della città. Credo che negli ultimi anni
Boccadasse sia diventata familiare anche a molti italiani perché Andrea Camilleri ne parla nei suoi romanzi. Lo scrittore siciliano si innamorò di Genova nel 1950 (nel mio libro spiego il perché). Non ricordo l’anno preciso, ma la tradizione della bandiera del Genoa sullo scoglio di Boccadasse risale ai primi anni Settanta (ci sono foto che lo dimostrano), quando il Genoa club di quel borgo istituì un premio da assegnare al migliore giocatore del Genoa della stagione. In occasione del conferimento del premio, si prese l’abitudine di issare la bandiera del Genoa sullo scoglio. Da allora la tradizione è stata mantenuta, e tramandata, grazie all’azione di alcuni “vecchi” ma intraprendenti tifosi di Boccadasse che rimettono la bandiera in loco ogni volta che i marosi, o le scorribande avverse, portano alla momentanea sparizione della stessa. È una tradizione, quella della bandiera genoana a Boccadasse, che ha avuto anche una certa risonanza nazionale e che, forse per questo motivo, infastidisce i rivali cittadini, al punto che un loro vecchio capo ultrà ha minacciato di portare la vicenda in tribunale. Io, pur avendo passato l’infanzia e la gioventù in gradinata, non mi sono sono mai considerato un ultrà, ma trovo veramente ridicolo che una persona cresciuta in quell’ambiente minacci di ricorrere a vie legali per una bandiera su uno scoglio.
Tu risiedi all’estero, in Svizzera: come spieghi o spiegheresti ad un svizzero cosa voglia dire essere del Genoa?
Spiegherei che essere genoani è orgoglio di appartenenza nonostante le avversità. Un orgoglio di appartenenza che, se possibile, per i genoani all’estero è ancora più forte. Nel mio libro, per esempio, spiego come è nato il Genoa Club Ginevra, Henri Dapples. Ma, a proposito di genoanità all’estero, questo senso identitario ha portato alla nascita di una sorta di coordinamento tra i genoani nel mondo. Ed è nata una specie di associazione di collegamento, in contatto quotidiano, tra i club e i gruppi informali di genoani a Londra, Dublino, Amsterdam, Ginevra, Barcellona, New York, Bruxelles, Toronto, Monte Carlo, Buenos Aires e, ancora, altri tifosi del Grifo in Brasile, Cile, Francia ed altri paesi
stranieri.
Tra l’altro, alcuni di questi club hanno pubblicato nei loro blog o nelle loro pagine facebook, estratti in francese, inglese, spagnolo e catalano de “I Racconti del Grifo”, cosa che, ovviamente, mi ha fatto molto piacere. È successo sicuramente con il Genoa Club Argentina e con il Genoa Club Barcellona.
Nel contesto del rapporto astioso con la Sampdoria come ti poni nei confronti di chi ha giocato con entrambe le maglie? Ad esempio con situazioni opposte come quelle di Marco Carparelli e Vincenzo Montella?
Grande stima per Marco Carparelli e poca considerazione per Vincenzo Montella. Tra l’altro di Carparelli parlo anche ne “I Racconti del Grifo”, a proposito di un derby, della 1999-2000, vinto per uno a zero grazie a un suo gol. Quel giorno la Gradinata Nord, volendo sottolineare la posizione di ultima arrivata in ordine cronologico della Sampdoria (fondata nel 1946), prima del calcio d’inizio espose degli stendardi riferiti ai vari club dei quartieri della città, qualcosa del tipo “Pontedecimo 1907”, “Unione Sportiva Rivarolese 1919”, “Multedo Calcio 1930”. Poi, nell’intervallo tra il primo e il secondo tempo, in Gradinata Nord comparve uno striscione con scritto “Noi primi in Italia. Voi ultimi a Genova”.
Della genoanità di Carparelli, e della sua costante presenza allo stadio, soprattutto nei momenti cruciali, parlo anche in un altro racconto del Grifo, quando ricordo di averlo visto in una partita salvezza col Toro, nel 2017 al Ferraris.
E, poi, pensando ad altri ex delle due squadre, tra gli estremi di Marco Carparelli e Vincenzo Montella, ci sono molti altri casi dalle sfumature intermedie e dalle diverse sfaccettature. Dalla stima umana, prima ancora che sportiva, per giocatori come Garbarini e Scanziani. Ai ricordi piacevoli di Marco Boriello e Flores flores, con quest’ultimo che, tra
l’altro, fu autore del primo gol nello storico derby di San Mauro Boselli da Baires, il retrocessore.
Tra l’altro, a casa mia, con mio padre e mio nonno si parlava della storia del Genoa quasi ogni giorno. Per questo mi vengono in mente anche casi di ex giocatori che hanno giocato in entrambe le squadre quando ancora non ero nato o ero bambino. Due nomi a caso: Eddie Firmani e Ugo Rosin.
Non posso non chiederti un tuo giudizio sul Genoa attuale e sulla sua da molto criticato dirigenza.
In estrema sintesi ti direi che prima Preziosi se ne va, lasciando il Genoa in buone mani, e meglio è per il Genoa e per i genoani. Ormai da anni il suo obiettivo è mercanteggiare senza avere dei minimi obiettivi sportivi. Del resto, credo che sia stato scritto a chiare lettere in un documento di bilancio, di qualche anno fa, l’obiettivo della dirigenza attuale è “fare trading”. Se fosse vero (non ho avuto modo di verificare personalmente), direi che “fare trading” in un documento ufficiale del Genoa non si può leggere: è insulto ai valori dello sport e alla storia del Grifo.
Ci puoi anticipare qualche tuo progetto futuro? Continuerai a perorare e diffondere la tua genovesitá e la tua genoanitá?
Scrivere è la passione della mia vita. Mi piace indagare su diverse tematiche. L’anno scorso sono uscito con un lavoro di ricerca storica “Rivoluzione Inglese. Paradigma della Modernità” (periodo di Oliver Cromwell), un libro che consiglio a tutti quelli che amano la storia sociale, la storia delle rivoluzioni e la storia del movimento operaio. Si tratta di un libro edito da Mimesis Edizioni, un’editrice che pubblica opere di Noam Chomsky, Edgar Morin, Jean-Paul Sartre e Michel
Focault. La mia ultima uscita editoriale, dello scorso febbraio, è un libro di didattica dell’italiano per studenti stranieri: “Imbarco Immediato”, Fanalex Publishing, Ginevra. Prima della seconda edizione de “I Racconti del Grifo”, con Urbone Publishing ho pubblicato “Gli Svizzeri Pionieri del Football Italiano”, un testo che, principalmente, parla dei primi 15-20 anni di vita di Genoa, Andrea Doria, Juventus, Torino, Milan e Inter.
Per ciò che riguarda le prossime uscite ho ultimato un romanzo che dovrebbere andare in stampa tra qualche mese: “Dieci Racconti di una Lucertola del Porto di Genova”, la storia di un militante libertario genovese che, nel 1936, partecipa prima al Fronte Popolare francese e poi alla Rivoluzione Spagnola. Inoltre, sono a metà di una ricerca a tematica calcistica su cui lavoro da oltre un anno e che conto di ultimare entro dicembre, per poi pubblicarla nel primo semestre del 2022.
Preferisco non anticipare troppo i dettagli ma posso dire che ho momentaneamente abbandonato la tematica Genoa per concentrarmi su altri storici club italiani, europei e sudamericani. A dire il vero, però, sul Genoa avrei comunque qualcosa di pronto da pubblicare entro l’anno.
Infine, ho scritto una raccolta di trenta poesie, “Scaglie di Ardesia” (venti poesie in italiano e una decina in inglese, francese, spagnolo e genovese con relativa traduzione in italiano). Per ora non ho nessun contatto con editrici specializzate in questo tipo di pubblicazioni, ma proverò a vedere se ne troverò una interessata a quanto ho scritto.
Concludo con una nota che, in quanto genovese, mi dà una certa amarezza. Negli ultimi tre anni, i miei libri sono stati presentati alla Società Dante Alighieri di Basilea, al Museo del Genoa (il video è stato visto da circa 20.000 persone) e all’Università di Catania e sono in vendita in una libreria di Zurigo, e a catalogo nella Biblioteca Nazionale di Berna, nella Civica Bibioteca Berio di Genova e nella Biblioteca del CONI della Liguria.
La TV della Svizzera Italiana ha fatto due reportage, di cui uno al TG nazionale, sul primo e sul secondo canale (disponibili anche nella pagina internet ufficiale della TV), mentre la più grande televisione privata della Liguria, PrimoCanale, ha presentato i miei due libri durante la trasmissione dal titolo “Gradinata Nord” e una Radio di Città del Messico ha parlato della mia attività di ricercatore. Recensioni sono uscite sulla carta stampata: “Il Corriere del Ticino”, di Lugano, “Il Quotidiano del Trentino Alto-Adige”, “Il Guerin Sportivo” e “Il Giornale di Sicilia”, di Palermo. Ci sono state poi altre recensioni o interviste su giornali online e forum tematici, come “L’Altro Calcio”, “PianetaGenoa1893”, “ViterboSport”, “GliEroidelCalcio” “Libri di Sport” e BiblioCalcio”. Come ho già avuto modo di dire, estratti dei miei libri sono stati tradotti in inglese, francese, spagnolo e catalano. So per certo che i miei libri sono stati venduti e distribuiti a Madrid, Barcellona, Besançon, Ginevra, Losanna, Zurigo, Basilea, Berna, Lugano, Gdansk, Londra, Manchester, Birmingham, Buenos Aires e Dubai, oltre che in tutta Italia.
In questa lunga lista brilla l’assenza de “Il Secolo XIX”, dell’edizione genovese de “La Repubblica” e del TG3 della Liguria, nonostante essi abbiano ricevuto ampia e dettagliata documentazione per ben tre volte e in tre distinti periodi di tempo (in un caso addirittura documentazione, completa di tre libri, consegnata personalmente a mano in redazione).
Evidentemente in questi ambienti si ritiene che libri incentrati sulla storia di Genova, del Genoa e dell’Andrea Doria non siano di interesse per i loro lettori/ascoltatori o, più probabilmente, si mettono in atto insane logiche da clan, per cui si promuovono solo i libri degli amici.
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