
AUTORE: Raffaele Procacci
EDITORE: Graphot
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2009
PREZZO: 20,00 Euro
PAGINE: 288
Volendo proporre un paragone si può dire che il libro di Raffaele Procacci è la naturale continuazione del volume pubblicato da Angelo Rovelli nel 1985 “Il romanzo degli Stranieri”. A differenza però dell’opera dell’indimenticato Rovelli, tanto asciutto nello stile quanto essenziale nei contenuti, in questa l’autore si lascia andare ad un racconto che mescola arabeschi ghirigori narrativi a dati statistico-numerici, accompagnati però con commenti in agrodolce.
L’intento di Procacci è quello di analizzare il contributo fornito dai giocatori stranieri alla causa del campionato italiano, partendo dalla riapertura delle frontiere nel 1980 e di stagione in stagione arrivare fino al campionato 2007-2008. L’ultimo completo prima di andare in stampa col libro. Ne vien fuori un’opera che ha come filo conduttore un interrogativo attuale come non mai: sono davvero necessari e/o utili tutti gli stranieri che di anno in anno invadono il nostro campionato?
Procacci, cerca di dare una risposta che con lo scorrere delle pagine emerge in modo sempre più chiaro agli occhi del lettore: NO!
Arriva a questa conclusione attraverso una classificazione degli stranieri che rende giustizia alle loro capacità, evidenziando però anche i loro demeriti e, non da ultimo, i demeriti di chi li ha scelti e pagati per giocare. Tre le categorie in cui sono divisi i giocatori, che poi sono quelle riportate nel sottotitolo: i dimenticati, gli indimenticabili e quelli da dimenticare, con giudizi più o meno condivisibili (e la bellezza del libro sta anche nel dissentire con l’autore riguardo il giudizio più o meno sufficiente relativo ad un giocatore, magari beniamino di pubblico e tifosi: un nome su tutti può essere quello di Recoba ad esempio) e la riabilitazione di quei giocatori che troppo frettolosamente addetti ai lavori prima e giornalisti e scrittori poi hanno etichettato come flop, si vedano i vari Henry, Kluivert. Helguera, Kuffour ecc.
Il libro ovviamente presta il fianco al passare inesorabile del tempo, considerazione questa che si fa lapidaria soprattutto nell’analisi dell’ultima stagione presa in considerazione, ma al netto di sentimentalismi vari e dell’inevitabile nostalgia del calcio che fu, resta un racconto divertente e scorrevole infarcito di aneddoti, curiosità e simpatiche opinioni su affermati campioni, inenarrabili bidoni e dimenticati carneadi.
Il libro riporta qualche fotografia ma nessuna bibliografia, però l’autore più volte ha avuto la premura di citare la sua fonte nel testo.
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