Intervista: Jurgen Klopp: The Normal One

Armando Maria Todino ci racconta Jurgen Klopp focalizzandosi maggiormente sulla sua esperienza a Liverpool, mettendone in luce le doti caratteriali, le trovate tattiche ed i risultati. Ne abbiamo parlato con l’autore.

Come è nata l’idea di dedicare un libro a Jürgen Klopp?

Ho sempre avuto una grande simpatia per Klopp, la classica simpatia a pelle, ma nei primi tre anni di Liverpool lo avevo fortemente criticato giudicandolo un simpatico perdente. Poi col tempo ho imparato ad amarlo e per questo ho deciso di dedicargli un libro per recitare il mio mea culpa di fronte a lui. Il libro è un modo per chiedergli scusa delle critiche che gli ho rivolto.

Qual è a tuo parere la più importante novità tattica da lui portata e cosa ne pensi del suo famoso Gegenpressing?

La sua filosofia di gioco offensiva e spregiudicata ha fatto risorgere i Reds. Il gegenpressing funziona se hai giocatori pronti al sacrificio e alla dedizione più totale alla causa. Per ottenere questo occorre prima stabilire un rapporto empatico con i giocatori, che sono disposti a correre e dare il massimo per il loro allenatore, cosa testimoniata da vari suoi calciatori, che hanno raccontato di essere scesi in campo a dare il massimo per lui, per il Mister.

Lui si è autodefinito “Normal One”, pur essendo un allenatore e persona speciale. Qual è la tua opinione?

Lui sa di essere “more than normal”, ma si definisce normal, perchè è una persona vera, autentica, senza fronzoli.

Credo che uno dei suoi meriti sia quello di aver fatto sempre migliorare moltissimo i suoi giocatori, sei d’accordo?

Ho anticipato la risposta nella seconda domanda, ma effettivamente è un allenatore che fa crescere tutti i giocatori che ha a disposizione. Henderson era un onesto faticatore del centrocampo prima che arrivasse Klopp, ora è un capitano carismatico e uomo decisivo; Firmino era un ragazzo dai piedi buoni, ma discontinuo e poco incisivo, con lui è diventato un falso nove magnifico. Per non parlare di calciatori che, dopo aver lasciato Klopp, sono finiti nel dimenticatoio, vedi Kagawa e Mario Gotze.

Le sconfitte da lui subite nelle prime finali disputate in carriera credi che l’abbiano fortificato? Le ha vissute come insegnamenti?

Senza dubbio. Ha sempre detto che bisogna perdere molto prima di diventare un vincente. In quelle finali è stato anche sfortunato: coppa di lega con il City ai rigori, Europa League con arbitraggio scandaloso (due falli di mano del Siviglia in stile pallavolo non fischiati), una finale contro il Real con le follie di Karius.

Credi che possa diventare per il Liverpool quello che è stato Wenger per l’Arsenal? Oppure cercherà a breve altre motivazioni in altri club?

Può diventarlo, ma dipende molto dalla società. Se sa che la dirigenza è pronta a rinnovare questa squadra che sta per concludere un ciclo (credo che lo concluderà a giugno) resterà, altrimenti andrà via come fece a Mainz e a Dortmund, dove lasciò pur avendo ancora un contratto. Se non crede più al progetto, lascia e rinuncia anche ai soldi.

Vedresti bene Klopp in Italia? Credi che la sua proposta di gioco sarebbe adatta per il nostro calcio?

Non lo vedrei bene in Italia, paese poco adatto a tutte le persone troppo vere. Calcisticamente in Italia si gioca per non prenderle e se non ti adatti non vai avanti. Proporre un tipo di gioco molto offensivo in Italia è come un uomo che vuole combattere nella giungla con il fucile contro uomini abituati alla guerriglia. Anche se il fucile è più moderno di arco e frecce, per sopravvivere nella giungla devi adattarti ad arco e frecce

Da tifoso del Liverpool pensi che si meriti una statua nei pressi di Anfield, così come è stato proposto?

Ne ho parlato nelle ultime pagine del mio libro. Credo che la meriti, perché ha fatto felici i tifosi dopo tanti anni di mediocrità.

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