Intervista: Il Romanzo Del Mudo

Il libro di Luigi Della Penna ripercorre la carriera di Juan Roman Riquelme con tanta passione e competenza. Ne abbiamo parlato con l’autore.

Cosa ti affascina di più dell’arte calcistica di Juan Roman Riquelme?

La capacità di essere elegante e incisivo in maniera quasi cinica, il suo modo di esprimere la grande bellezza nel tocco della pelota, che a sua volta proviene dai potreros, quei cortili polverosi, diventati la culla del calcio mondiale. Ogni punizione calciata sotto l’incrocio, ogni dribbling consumato, ogni assist a Martin Palermo, rappresentano un invito a credere a qualcosa di superiore. In fondo, in ognuno di noi, come dice la dottrina induista, è presente una particella, un vago ricordo dell’essenza divina, al quale cerchiamo di ricongiuncerci. C’è dell’arte in tutto questo.

Riesci ad isolare una singola partita simbolo nella sua carriera?

Difficile, davvero. JRR è stato protagonista assoluto, nel bene e nel male, di partite che hanno scritto la storia del calcio. Una su tutte, però, credo possa essere utilizzata come simbolo della carriera del Diez: Boca-Real Madrid. finale della Coppa Intercontinentale del 2000. Riquelme fu semplicemente magnifico, il Real di Raul rimase frastornato per lunghi tratti. L’assist a Palermo, per il gol del raddoppio, dovrebbe essere tramandato a tutti gli appassionati del Gioco.

El Mudo ha sempre voluto essere il punto di riferimento della squadra nella quale giocava: questo egocentrismo l’ha in parte limitato?

Credo che, al contrario, il suo voler essere un punto di riferimento, si sia rivelato una manna per i suoi compagni, che si trattasse del Boca, dell’Argentina o del Villarreal. Era un giocatore generoso, che andava dritto in porta solo se consapevole di poter segnare.

Un luogo comune è quello di considerare Riquelme lento: cosa rispondi a tale critica?

Credo che non ci sia nulla di male nell’affermare che Riquelme sia stato un giocatore abbastanza lento, in realtà neanche eccessivamente, ma proprio quel suo procedere ad un’andatura diversa, insieme a grandi qualità tecniche e cognitive, lo hanno reso perfetto per il ruolo di enganche, di Diez. Abbassare il battito cardiaco del match a proprio piacimento e piegare il fato alle proprie volontà, credo che non esista forma di grandezza calcistica superiore.

Con un po’ più di pazienza da parte della società si sarebbe potuto affermare anche con il Barcellona?

JRR ha avuto la sfortuna di incappare in diverse situazioni spiacevoli: in primis, il fatto di essere considerato al pari di una zavorra da van Gaal, il quale lo definì un acquisto politico. In secundis, il Barcellona 2002-2003 fu una formazione dai risultati altalenanti e in una fase di transizione tecnica e societaria. Nel giugno del 2003 Joan Laporta vince le elezioni, porta al Camp Nou Ronaldinho e Frank Rijkaard. Roman non rientra nei piani. Riquelme vuole sentirsi al centro di un progetto, vuole tornare ad essere l’autore intellettuale della grandezza dei suoi club. In Catalogna non è possibile.

Perché secondo viene sovente dimenticato quando si parla dei più grandi giocatori della sua epoca?

Perchè noi europei tendiamo a considerare le vittorie sotto il nostro cielo più importanti delle altre. Quel Boca dimostrò di poter essere al pari, se non superiore, di molti club del vecchio continente e non sarà un’annata sbagliata in blaugrana e giocata da esterno silenzioso a pregiudicare un’intera, immensa carriera. Probabilmente, se fosse rimasto al Barcellona e avesse portato a casa un trofeo importante, o avesse raggiunto la finale di Champions con il Villarreal, staremo facendo altri ragionamenti.

Nel calcio di oggi ci sarebbe ancora spazio per Riquelme? 

Per la fantasia, la grandezza tecnica c’è sempre spazio e poi, Roman era dotato di una forza fisica dirompente, era difficile spostarlo o peggio, sottrargli il pallone. Giocatori così devono esistere per forza di cose, altrimenti la sottile linea tra sport e gioco potrebbe scomparire definitivamente

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