Intervista: Il Trequartista Non Sarà Mai Un Giocatore Completo

Gianvittorio Randaccio ha proposto un libro che allo stesso tempo diverte, ma fa anche riflettere sui luoghi comuni del nostro calcio. Ne abbiamo parlato con l’autore.

In che modo è nata l’idea del libro?

Qualche anno fa, a un certo punto, ho cominciato ad annotare delle riflessionisemiserie che da sempre mi giravano per la testa. Avevano a che fare con la miaesperienza di calciatore dilettante e con quella, più ampia, di appassionato dicalcio. La frequentazione con le scritture comiche e lunatiche di Gene Gnocchi edErmanno Cavazzoni ha dato una forma letteraria a questi pensieri e racconti unpo’ sconclusionati. Il libro ha trovato poi la sua struttura e la sua via per la pubblicazione grazie a Marco Rossari, Giovanni Nucci e alla ItaloSvevo.


C’è più il pretesto di divertire o di far riflettere?

Entrambi, più o meno. L’ironia permette di ridere e nello stesso tempo di
riflettere, e il Trequartista alterna le due cose: con gli aforismi cerco di
illuminare con leggerezza gli stereotipi e gli aspetti più spettacolari e mediatici del calcio, con i racconti do vita a piccole storie di calciatori stralunati di provincia.

Credi che il mondo del calcio si prenda troppo sul serio?


Sì, sempre di più. E la cosa più paradossale è che lo fa nel momento in cui
diventa sempre più ridicolo, creando miti e campioni che nel giro di poche
settimane diventano bidoni, aiutati in questo da una sovraesposizione mediatica mai vista prima.

Il mondo dei social ha contribuito a rendere il linguaggio calcistico
paradossale?


Il linguaggio non lo so, forse non tanto, ma i calciatori sì. Ormai sono personaggi dello spettacolo; oltre alla propria carriera sportiva gestiscono imperi economici che si basano sui like tanto quanto sui gesti tecnici. Il problema è che il mondo dei social ha traviato tutta la società e il mondo del calcio ne è uno specchio fedele.

Quanto il decadente contesto giornalistico è peggiorato nel corso degli
anni?


A dire la verità non ho un’opinione precisa in merito, non seguendo tanto la
stampa sportiva, se non sul web. L’impressione è che manchi sempre l’approfondimento, lo sguardo lungo. Ogni giudizio si basa su statistiche,
percentuali, numeri e tutto è sempre bianco o nero, non esistono sfumature: vinci due partite e sei un fenomeno, ne perdi due e la tua stagione è un fallimento. Si inseguono i clic, i like e troppo spazio è riservato al gossip, al pettegolezzo.


A quale delle tue divertenti storie sei più legato?


Forse alla prima, Le parole con la scia, che mi sembra il biglietto da visita
perfetto per chi si avvicina al libro, contenendo in piccole dosi tutto quello che si trova nei racconti e negli aforismi che seguono.


Credi ci sarà un seguito a questo libro o progetti a esso collegati?

Penso di no: il libro è figlio dell’ispirazione e delle letture di quel periodo. Però non sono stato fermo: da un paio d’anni è nato Portiere volante
(www.portierevolante.com), un sito nel quale scrivo e ospito scritti di narrativa calcistica leggera e fuori dagli schemi, con un taglio un po’ letterario. E in questo strano agosto 2020 ho ideato dei cruciverba per l’inserto sportivo del quotidiano
«Il Foglio». In futuro, chissà: scrivere e leggere di calcio mi piace e sicuramente
continuerò a farlo.

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