
Con l’autore Giovanni Di Salvo abbiamo approfondito i temi del suo bel libro, un viaggio statistico e non solo ne calcio siciliano durante i conflitti bellici.
Come nasce il suo interesse per il calcio siciliano nei due periodi bellici?
Premetto di essere fin da piccolo un grande appassionato di calcio, infatti dal 1994 collaboro nella redazione sportiva de “La Sicilia” e ho già scritto due libri sul calcio femminile, “Quando le ballerine danzavano col pallone” sulla storia del calcio femminile siciliano, e “Le pioniere del calcio. La storia di un gruppo di donne che sfidò il regime fascista”, uscito nel 2019 e che parla della prima squadra di calcio femminile nata a Milano nel 1933. Qualche anno addietro mi ero incuriosito sul rapporto particolare tra la Sicilia ed i due conflitti mondiali. Volevo approfondire l’argomento per conoscere meglio il contesto sportivo dell’epoca ma ho trovato poche informazioni e spesso erano anche lacunose, frammentarie ed errate. I periodi delle due guerre mondiali venivano saltati o trattatati in maniera molto sintetica anche sui libri in circolazione relativi alla storia dei
principali club isolani. A questo punto ho deciso di provare a riempire queste lacune. Non è stato un lavoro facile, anzi. Però credo che alla fine il risultato sia stato soddisfacente.
Quanto è durato e come ha organizzato il copioso lavoro di ricerca?
La ricerca del materiale, attraverso le Biblioteche di Palermo, Messina, Trapani e Catania, è durata circa 4 anni. Infatti non mi limito a consultare i principali giornali del periodo ma setaccio tutte le pubblicazioni uscite e la stessa notizia, quando possibile, la confronto con fonti diverse. Inoltre,
soprattutto nel 2018 (ricorrevano i 100 anni dalla conclusione della Prima Guerra Mondiale e i 75 anni dallo sbarco degli Alleati in Sicilia) ho partecipato a mostre ed eventi sulle Guerre Mondiali.
Ho anche visitato personalmente alcuni dei luoghi dove si sono verificati gli eventi che narro, come ad esempio i rifugi antiaerei della mia città.
Ho scelto di raccontare i fatti esaminando il contesto generale e poi soffermandomi sulle vicende in Sicilia. L’opera è suddivisa in dieci capitoli, i primi cinque sono dedicati alla Grande Guerra mentre i restanti al secondo conflitto mondiale. E poi c’è l’ampia sezione almanacco con risultati, classifiche e tabellini delle partite – dai campionati nazionali in cui erano impegnate le squadre siciliane fino ai campionati regionali – dalla stagione 1940/41 a quella 1944/45. Insomma è un’opera
che si presta a più livelli di lettura. Chi è appassionato di storia o un semplice tifoso troverà le risposte a tutte le sue curiosità leggendo la prima parte del libro. I giornalisti ed i ricercatori del settore, invece, potranno approfondire ulteriormente gli argomenti tramite la sezione almanacco.
Quanto successo calcisticamente nella Prima Guerra Mondiale è servito da esempio per organizzare le partite durante la Seconda Guerra Mondiale?
Penso che sia servito solamente in minima parte. Infatti in Sicilia il contesto storico, sociale e sportivo tra un conflitto e l’altro fu molto differente e certamente venne influenzato dalla sua insularità. Nel periodo 1914-18 il football non era ancora molto diffuso e lo si praticava soprattutto
nelle grandi città. Così la Trinacria praticamente non ne risentì della decisione della Federazione di sospendere i campionati. La situazione fu completamente diversa in occasione della Seconda Guerra Mondiale perché le società sicule adesso erano perfettamente integrate nel tessuto calcistico
nazionale. A dispetto di quanto avvenuto durante la Grande Guerra, l’ingresso dell’Italia nel conflitto non comportò la sospensione dei campionati. Però nell’aprile del 1943 a causa delle difficoltà riscontrati da molte società nel riuscire a raggiungere la Sicilia, il Palermo venne escluso
dalla serie B e il Catania dalle finali di serie C per la promozione in cadetteria. A metà agosto del 1943 le forze Alleate liberarono l’isola dalle truppe italo-tedesche e dopo qualche mese il pallone poté riprendere a rotolare sui campi dell’isola.
Possiamo identificare i protagonisti sul campo come dei veri eroi del periodo bellico per la loro opera di dissuasione dalla brutalità della guerra?
Ritengo che durante le guerre il più grande eroe sia stato il popolo: la gente che soffriva per i cari che perdeva al fronte ma anche per gli stenti che doveva sopportare, la gente che lottava ogni giorno per tirare avanti e che conviveva con la paura di un improvviso bombardamento, la gente che
lavorava sodo e che è stata capace di rialzarsi per ricostruire una nazione dopo le macerie delle guerre. E certamente in questa categoria rientrano anche i calciatori che tra mille difficoltà continuarono a calcare i campi da calcio per regalare qualche ora di svago ai loro tifosi e fargli
intravedere uno scorcio di vita “normale”. E questo testo permette di dare il giusto valore e credito a tante storie “perse”, di calciatori e società, di cui quasi nessuno si ricorda più.
Il calcio è ancora oggi una valvola di sfogo come lo era ai tempi delle due guerre?
Certamente il calcio, allora come oggi, ha un importantissimo ruolo sociale perché, inutile nasconderlo o provare a negarlo, è molto di più di un semplice sport. Lo dicono le cronache recenti dal momento che la ripresa dei campionati professionistici, dopo il lockdown, ha rappresentato un
segnale volto al ritorno ai nostri normali stili di vita.
Infatti c’è stata una grande “fame” di calcio, come durante le due guerre mondiali, perché dopo mesi tribolati vedere una partita della nostra squadra del cuore rappresentava una forma di svago e divertimento.
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