Intervista: Euroscouting

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Un grande esperto come Stefano Perna ci conduce nella dinamiche dell’euroscouting e della selezione di giocatori a livello giovanile. Ne abbiamo parlato con l’autore.

Come hai organizzato il lavoro di ricerca in merito alle diverse realtà presenti nel libro?

E’ stato un lavoro lungo 8 mesi, non tanto per la ricerca delle informazioni ma dovuto per lo più alla necessità di dover viaggiare per poter intervistare e raccogliere informazioni per tutti i club e federazioni presenti all’interno del libro. Molti direttori e Chief Scout hanno preferito rimanere anonimi, mentre altri (Benfica, Eibar, Islanda, Girona) si sono prestati in prima persona mettendoci la faccia. Colgo l’occasione per ringraziare l’amico fraterno Quique Carcel Ds del Girona per l’importante contributo, tra prefazione e capitolo specifico dedicato al suo club

Credi sia possibile combinare l’approccio scientifico al sesto senso tipico degli osservatori più navigati? 

Dipende, per esperienza personale negli ultimi anni mi sono avvicinato molto e ho dato credito ai Big Data, anche se credo che l’utilizzo dei dati stessi sia utile e fondamentale ma possono arrivare fino al 90% in fase decisionale. Sono dell’idea che essi servano a farti capire dove guardare ma non possono prendere le decisioni al posto di un club/ osservatore. Al giorno d’oggi con tutta la tecnologia che ce a disposizione di un club medio è facilissimo scoprire nuovi talenti ed astri nascenti ed elevarsi a santoni dello scouting, potrebbe farlo anche una persona totalmente a digiuno di scouting, ma il difficile poi risiede nell’esperienza e capire aspetti che i dati non possono darti, come ad esempio riuscire a valutare e capire se effettivamente un calciatore apparentemente a fine carriera ha del talento residuo oppure è davvero sulla via del tramonto. Si tratta di dettagli e sfumature che i dati non possono spiegarti

Il ruolo dei procuratori per giovanissimi calciatori è più utile o dannoso?

E’ un tasto dolente, perché essendo stato un agente di buon livello fino al 2016 non posso fare di tutta erba un fascio. In ogni caso, l’esasperazione e il dover vendere sogni fittizi al disgraziato di turno senza dubbio è un male forse necessario per fare questo lavoro ma dall’altro lato bisogna rendersi conto che solo 1 calciatore su 10’000 diventerà un professionista di buon livello e quindi giocoforza il 99,99% cadrà nella rete dei sogni infranti. In generale, posso dirti che un ragazzino non debba avere un agente ma neanche un genitore invadente che danneggerebbe solamente la possibile carriera di un ragazzo. Un vecchio talent scout mi diceva che i migliori calciatori che ha visto crescere o erano orfani o erano lasciati liberi dalle famiglie, questo evidentemente vorrà pur dire qualcosa

Possiamo definire il modello Ajax come rifermento storico europeo?

Si, senza nessun ombra di dubbio. La loro filosofia è unica ed ha ispirato la stragrande maggioranza dei club europei, basti pensare che il Barcellona è diventato quello che è diventato copiando spudoratamente tutta la metodologia di lavoro, partendo dai metodi di formazione e reclutamento fino alla filosofia di gioco, appropriandosi in fondo di un qualcosa che non gli appartiene ma che gli fu portata in eredità dal grande Cruyff.

Al tempo stesso possiamo definire il Genk un’eccellenza in termini di virtuosità?

La filosofia del Genk, in termini di formazione, reclutamento e scouting è senza dubbio un qualcosa di fantastico che ha aperto le porte ad una nuovo modo di fare scouting che è stato emulato da tutte le altre realtà del paese, facendo poi anche le fortune della nazionale. La loro filosofia è un giusto mix tra scouting internazionale e formazione del talento locale che senza dubbio è stata anche favorita dalla possibilità di ingaggiare extracomunitari senza avere limiti, ma se guardiamo ai nomi che hanno scovato o formato fa capire che la qualità messa in gioco è tanta.

Credi che il modello dei centri federali tedeschi sia esportabile anche in altre realtà?

Se prendiamo come campione l’Italia, alcune cose possono sembrare difficili da realizzare ed altre impossibili per un contesto molto articolato come la burocrazia italiana in tema di impiantistica sportiva. Avere il territorio sotto controllo con centri federali che lavorano senza secondi fini e focalizzandosi esclusivamente sul talento puro e nella formazione dei ragazzi potrebbe sembrare difficile in primo momento, ma con un organizzazione degna di nota e una nuova moralità che dovrebbe escludere i favoritismi dalla cultura italiana, prima o poi potrebbe essere raggiunta. Invece vedo impossibile e irrealizzabile anche per i prossimi 20 anni, l’obbligazione che fu messa ad inizio anni 2000 dalla federazione tedesca di dotare tutti i club di strutture adeguate e una metodologia degna per le giovanili pena esclusione dal campionato di competenza per la prima squadra. Ci ritroveremmo la domenica ad assistere ad un triangolare tra le uniche squadre sopravvissute.

Nella stagione 2013/2014 il Chievo ha vinto il campionato primavera, ma nessuno dei componenti si è al momento confermato a grandi livelli: dove ricadono gli errori e le criticità?

Bisogna tenere bene in mente che nel calcio giovanile la vittoria e i risultati ottenuti sul campo non sono spesso sinonimo di una carriera luminosa nel calcio dei grandi. Quanto più si possa investire nel materiale umano e nei ragazzi i fattori segnanti per la crescita psicofisica di un ragazzo possono essere molteplici. Basti pensare ad esempio il cliché per antonomasia del calcio internazionale a livello giovanile, la Masia del Barcellona che nell’immaginario collettivo ogni anni sforna grandi talenti di livello mondiale, ma se guardiamo in dettaglio dall’ultimo calciatore che si è affermato e consolidato in prima squadra, Sergi Roberto,dal 2013 in pianta stabile in prima squadra, ad Ansu Fati, nel mezzo ci sono 7 anni di vacche magre dove nessun calciatore si è affermato, nonostante i catalani ogni anno investono suon di milioni di euro nel meccanismo e nella struttura interna del settore giovanile

Qual è la tua opinione sulle squadre B? Possono davvero essere una rampa di lancio o sono una meta procedura per parcheggiare giocatori?

Sono favorevole e credo siamo un male necessario per la crescita del calciatore medio italiano. E’ l’unica maniera per capire in maniera quantitativa se il tuo lavoro svolto nel percorso del settore giovanile può dare i suoi frutti, mandare calciatori in prestito con vari sotterfugi all’italiana tipo la valorizzazione lasciano il tempo che trovano.

Credi che l’Atalanta possa essere un esempio di scouting e formazione interna a livello europeo?

Vorrei sfatare un mito sull’Atalanta, i bergamaschi la loro fortuna l’hanno ottenuta cambiando pelle mettendo da parte il settore giovanile e puntando decisamente sullo scouting. Nell’immaginario collettivo solo lì per il settore giovanile, ma se guardiamo ai numeri nessun calciatore della primavera ha contribuito ai risultati del club, tra l’altro gli unici in prima squadra sono il secondo portiere Sportiello e Caldara che insieme fanno 20 presenze stagionali in A. Se poi guardiamo al dato generale che quest’anno nessun italiano del club abbia segnato la dice lunga su come il lavoro di scouting abbia cambiato il modo di fare calcio del club. L’organizzazione interna e la capacità di arrivare in anticipo e ovviamente assumendosi rischi ha permesso al club di creare un gioco virtuoso che inizialmente era finanziato da alcune cessioni obbligatorie e salutari per mandare avanti la macchina, ma adesso alle porte della seconda stagione consecutiva in champions league, che vuol dire 70/80 milioni di euro in cassa, il progetto si sta evolvendo in qualcosa di molto più grande rispetto a quello che ci avevano abituato, e questo è un monito per tutti i club che ritengono ancora lo scouting una voce secondaria nella gestione interna di un club.

Quale sarà il futuro dello scouting nei prossimi anni? Ti aspetti maggiori investimenti dei club in tal senso?

Lo scouting in Europa ha cambiato pelle, e come ti accennavo prima, ormai i dati la fanno da padrona. Stanno nascendo realtà anche piccole che stanno investendo molto nella creazione di dipartimenti di Big Data un pò ovunque, realtà che hanno capito l’importanza dei dati che possono essere considerati il petrolio del futuro. Questo in Italia sta iniziando ad arrivare solo ora, ma ad esempio in Inghilterra sono già in una fase la quale acquistano calciatori solo perché i dati gli dicono di farlo. Come detto prima ci vorrebbe una giusta dose per avere le maggiori informazioni possibili per poter poi realizzare analisi dettagliate sulle necessità di un club. In Italia purtroppo chi fa scouting di un certo tipo si conta sulle dita di una mano, la mia unica speranza in tal senso anche per sopravvivere in questa era fatta di indecisione mondiale è che tutti, soprattutto i club più piccoli, capiscano l’importanza di fare scouting per poter avere un futuro e dare continuità ad un progetto tecnico.

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