E’ stato un vero piacere disquisire con Riccardo Cucchi in merito al suo ottimo libro sulla mitica Italia-Germania 4-3.
Cosa l’ha spinta a scrivere sulla partita del secolo nell’anno del cinquantesimo anniversario?
Il desiderio di far rivivere quelle straordinarie emozioni a chi c’era sperando di suscitarle, identiche, in chi non era ancora nato. E riviverle io stesso scrivendo…
Ha vinto la squadra migliore?
Il campo ha sempre ragione. Una cosa però va detta: quei giocatori della Germania Ovest non meritavano l’appellativo di “panzer”. C’era tanta qualità in Beckembauer, Overath, Seeler, Mueller…
Qual’è la sua opinione sulla tanto discussa staffetta?
I tempi non erano maturi, nel calcio italiano, per far convivere due talenti del genere. Il “catenaccio” imponeva altre regole. Peccato.
Crede che l’avversario fosse stato diverso ci sarebbe stato lo stesso clamore? C’era una voglia di rivalsa per morivo extra calcio?
No, non credo. Fu l’alternanza straordinaria di colpi di scena ed emozioni a rendere leggendaria quella partita.
Quanto le condizioni atmosferiche hanno contato nel rendere vulnerabili due difese solitamente e storicamente ermetiche?
Nei supplementari la Germania attaccava a testa bassa, sbilanciandosi. Con poca lucidità. tattica. L’Italia ne approfittò uscendo dal guscio e sfruttando gli errori tedeschi.
Cosa si prova a fare la radiocronaca di una partita che si sa essere leggendaria? Ci si sente un protagonista aggiunto?
Non si comprende al momento. Chi gioca e chi racconta non sa di essere “‘parte” di una leggenda. Lo capisce dopo…
I giornalisti di nuova generazione sono ancora “venditori di sogni?
Se sanno cogliere nel calcio gli aspetti più autentici e genuini, si. Se sono troppo smaliziati e poco sognatori no…
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