Beppe Gandolfo ci regala un ritratto particolare di Paolo Pulici, che farà la gioia di ogni tifoso di “Puliciclone” e consentirà a chi non lo conosce di colmare questa lacuna ed addentrarsi il più possibile nell’univeros granta. Ne abbiamo approfondito i temi con l’autore.
Come è nata l’idea di dare a Pulici una discendenza divina?
E’ stata intuizione, diciamo così, letteraria. Quando mi è stato chiesto dal quotidiano La Stampa e dall’ editore Priuli&Verlucca un volume per i 70 anni di Pulici ho cominciato a cercare una chiave di lettura nuova, perché su Pupi è stato detto e scritto di tutto. L’ illuminazione è arrivata osservando che Pulici nasce nemmeno un anno dopo la tragedia di Superga. Ecco che è maturata l’ ispirazione di immaginare Zeus e gli Dei decidono di regalare all’ Italia, al calcio e al popolo granata un campione che potesse ripagarli – almeno in parte – del grande dolore per la perdita degli Invincibili del Grande Torino.
Cosa rappresenta ancora oggi il grande Pupi per un tifoso granata?
“Io sono il Toro”. E’ una frase che ho sentito ripetere tante volte da Pulici. Non è vanto e nemmeno vanagloria: è la realtà. Credo che la pelle della schiena di Pupi sia di color granata con il numero 11 inciso, tatuato, indelebile. Non soltanto per i gol, per lo scudetto, ma per quell’ indomita volontà di non arrendersi mai, di non aver paura di nessun avversario, di non chinare mai la testa. Forza, coraggio e orgoglio sono gli ingredienti del “granatismo” e Pulici li incarna totalmente
Quanto Ciccio Graziani è stato importante per l’esplosione definitiva di Pulici?
Calcisticamente era la coppia perfetta. Dalla fusione di Pulici e Graziani nascerebbe l’ attaccante irresistibile. Tanto erano gemelli in campo, tanto erano distanti nella vita privata. Due caratteri opposti, ma sul prato si cercavano e si trovavano a occhi chiusi.
Quale sua caratteristica tecnica ti ha maggiormente colpito da tifoso ed esperto di calcio?
Anzitutto la velocità. Senza allenamento specifico e attrezzature adatte Pulici era in grado di realizzare tempi da centometrista. Uno scatto che gli consentivano di anticipare sempre i difensori. La spregiudicatezza e l’ improvvisazione poi gli hanno consentito di realizzare gol impossibili e inimmaginabili. Il gol dello scudetto contro il Cesena è l’ esempio perfetto. Pulici anticipa Danova con un tuffo a pelo d’ erba e insacca di testa. Quando incorna ha gli occhi aperti sebbene si trovi a pochi centimetri dai piedi del difensore che calciando poteva colpirlo al volto.
E’ stato più importante Gustavo Giagnoni o Luigi Radice per fargli raggiungere il massimo del suo potenziale?
E’ stato il Filadelfia. Quell’ ambiente, quei dirigenti, quegli allenatori lo hanno cresciuto. Ed infatti è stato un preparatore delle giovanili a consigliare Giagnoni di affidargli il giovane Pulici per un paio di mesi. Dopo quel tirocinio quell’ attaccante è diventato Pupigol. Poi Radice ha dato a quello squadrone formidabile lo spirito vincente e un gioco a tutto campo, davvero un’ innovazione negli anni Settanta.
Come si può spiegare il suo scarso utilizzo in nazionale se lo rapportiamo ai suoi numeri realizzativi e alle sue qualità?
Un calciatore che vince per tre anni la classifica cannonieri e non trova spazio in Nazionale sembra davvero una cosa impossibile. Ma è successo anche a Roberto Pruzzo, tanto per citare un nome. Spesso i commissari tecnici preferiscono affidarsi ad un blocco di calciatori abituati a giocare insieme nella medesima squadra. In quegli anni le formazioni più in voga erano il Toro e la Juve, ovviamente furono preferiti i calciatori bianconeri. E così oltre a Pulici anche un fenomeno come Claudio Sala trovò poco spazio in maglia azzurra.
Domanda scomoda: concorda con Pulici nel dire che quella squadra avrebbe potuto aprire un ciclo senza interferenze esterne e poco affini al calcio giocato?
Dal Dopoguerra ad oggi il calcio italiano è stato dominato da tre squadre, Juventus Milan e Inter. E’ successo che formazioni come Cagliari, Fiorentina, Verona, Lazio, Sampdoria e Torino siano riuscite a conquistare lo scudetto, ma mai a ripetersi. Non è teoria, è statistica. In sostanza lo strapotere economico e politico di quei tre squadroni è talmente forte che riesci a vincere una volta, ma non più l’ anno successivo
Possiamo definire Paolino Pulici una mosca bianca all’interno dell’ambiente calcistico in termini di mentalità e valori?
Certamente una rarità. Pulici per il Toro come Totti per la Roma, Del Piero per la Juve, Maldini per il Milan … e pochi altri. Il calciatore bandiera sta scomparendo. Piaccia o piaccia, purtroppo è così.
C’è stato un giocatore che te lo ha ricordato negli ultimi anni? Ci trovi qualche corrispondenza con la carriera di Beppe Signori?
Nella sua brevissima esperienza da allenatore Pulici ha avuto Beppe Signori fra i suoi ragazzi. Ebbene proprio Pulici ha usato parole di elogio per quell’ attaccante. E se lo dice Pulici….
Nel ringraziarti per la disponibilità ti chiedo quali sono i tuoi futuri progetti calcistici, se puoi anticiparci qualcosa?
Più che di calcio a me piace scrivere di uomini veri, di storie umane significative. Lo è stato per “Meroni L’ artista Campione”, per “Tutto il Toro del Mondo” e adesso per “Pulici il Mito” (tutti volumi editi da Priuli&Verlucca). All’ orizzonte faccio fatica a intravvedere altre importanti figure di calciatori da raccontare ma chissà… mai dire mai
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