Il bel libro di Giacomo Grazzini ripercorre la cavalcata della Fiorentina verso il tricolore del 1969, ricordando personaggi, risultati ed avvenimenti a tutti gli amanti del calcio. Ne abbiam parlato con l’autore.
A 50 anni dal successo dei ragazzi yé-yé quali emozioni sono ancora presenti nel suo cuore?
A cinquant’ anni dalla conquista del secondo tricolore, le emozioni da me vissute a quell’ epoca sono sempre rimaste vive dentro di me, perché rappresentano i primi ricordi della mia infanzia , ricordi indelebili e forse irripetibili di una squadra in grado di vincere ben due scudetti a poca distanza temporale l’ uno dall’ altro . Il ricordo di quel periodo , purtroppo, rischia di diventare , oggigiorno , pura nostalgia , se poniamo a confronto il calcio di ieri con quello di oggi . Il ricordo di ieri purtroppo rischia di diventare pura malinconia se si ripercorre, con la mente e con il cuore , quelle sensazioni e quei sapori che questo sport ti sapeva regalare attraverso , per esempio, le immagini televisive in bianco e nero di novantesimo minuto o attraverso le voci inconfondibili di Enrico Ameri e Sandro Ciotti , radiocronisti della trasmissione radiofonica “tutto il calcio minuto per minuto” . Da quelle voci potevi aspettarti di tutto , anche di essere raggiunto dalla notizia lungamente attesa, quella dell’ 11 maggio 1969 , che trasformò , d’ improvviso, un sogno in realtà, annunciando da Torino a tutto lo stivale italiano che la Fiorentina era ancora una volta campione d’ Italia .
Qual è stato il merito maggiore del Petisso Pesaola?
Devo premettere che Bruno Pesaola , detto “ il Petisso “ , ovvero il “piccino”, già nella stagione precedente , da buon stratega quale era , era riuscito a ritagliarsi momenti di grande gloria sulla panchina del Napoli, squadra con la quale , a fine stagione , aveva ottenuto un ottimo secondo posto , dietro la corrazzata rossonera dell’ imprendibile Milan . Oltre ad essere stato un buon maestro di calcio , Pesaola dimostrò di possedere anche attitudini da comprovato psicologo , riuscendo , sin da subito, grazie alla sua empatia ed al suo carisma , ad entrare e capire le personalità e le potenzialità , ancora acerbe, ma esplosive , dei ragazzi yè yè , infondendo loro fiducia , coraggio e consapevolezza di poter raggiungere, con impegno ed altruismo , mete inizialmente impensabili. Ricordiamoci , tra l’ altro, che Pesaola , all’ inizio del torneo , dovette fare a meno , per motivi di bilancio, di due pedine fondamentali come Albertosi e Bertini , ceduti nella sessione estiva del 1968 rispettivamente al Cagliari ed all’ Inter . Tra i meriti principali del “ Petisso “ , inoltre, dobbiamo annoverare anche quello di essere riuscito a convincere, ad inizio stagione, il campione del mondo , edizione ‘62, Amarildo , a restare un altro pò a Firenze , invece di andare altrove , per giocarsi le sue carte vincenti , ancora una volta , con indosso la maglia gloriosa della Fiorentina che , con quel simbolo gigliato appuntato all’ altezza del cuore, fa da sempre innamorare
Secondo lei qual è stata la partita della svolta? Quando la Fiorentina ha preso consapevolezza della propria forza?
La partita della svolta , secondo me , per assurdo, fu proprio quella che si risolse con l’ unica sconfitta patita dai viola durante tutta la stagione , ovvero il “ Derby dell’ Appennino” , disputato a Firenze il 3 novembre 1968 contro il Bologna e perso per 3 a 1 . Quella volta i continui assalti di De Sisti e compagni dovettero infrangersi contro la diga insuperabile eretta dalla difesa felsinea , una linea difensiva che fu supportata , in diverse occasioni, anche dalla giornata di grazia del numero uno rossoblù, “ nonno” Vavassori. Inoltre, il giovane Beppe Savoldi , futuro mister due milardi , e Lucio Muiesan , suo partner di attacco , in contropiede , ci punirono oltremisura, rispetto ai reali valori espressi in campo. Un momento negativo , insomma , che poteva abbattere un leone , ma che il patto goliardico stipulato da tutta la squadra, a fine gara, intorno alla chioma , non ancora folta, del libero Ferrante ( “ non vi sarà alcuna acconciatura sulla chioma di Ugo , sino alla prossima sconfitta “ ) , ebbe il merito di trasformarlo in una scarica elettrizzante che dette vigore e convinzione a tutto il gruppo .Così , da quel momento in poi , “ la Banda del Petisso” riuscì a non subire più sconfitte sino alla fine del torneo, rimandando così l’ inauspicato taglio della chioma di Ugo Ferrante, “detto il Sansone italiano “, alla conclusione del campionato . Per questo la chioma di Ferrante fu ribattezzata “ La Chioma dello Scudetto “. La gara della consapevolezza fu, secondo me, invece, quella del 9 marzo 1969 giocata a Firenze contro il Vicenza di Hector Puricelli e vinta per 3 a 0 , con doppietta di Luciano Chiarugi. Fu proprio in quella circostanza che , a fine gara, la società gigliata si accorse di poter disporre , tra le proprie file, di una “ Tigre nel Motore “, anzi di un “ Cavallo pazzo”, in grado di darle , nel rush finale, quella improvvisa accelerazione , per arrivare per primi sul filo di lana dell’ arrivo , lasciandosi alle spalle le altre due acerrime contendenti : Il Cagliari di Gigi Riva , detto “ Rombo di Tuono “ ed il Milan del “ Golden Boy “ del calcio italiano , Gianni Rivera.
Durante il campionato temeva di più il Cagliari di Gigi Riva o il Milan di Gianni Rivera?
Il Milan era , senz’ altro, considerata, all’ inizio di stagione , la squadra più accreditata a vincere il campionato, ricolma , come era , di talenti calcistici del calibro di Prati, Sormani e l’ ex viola Harmin , piazzati lassù davanti , pronti a terrorizzare tutte le difese avversarie con cui si dovevano misurare . A servizio di questo formidabile tridente, ecco sulla tre quarti il “ Golden Boy “ Gianni Rivera che , con le sue giocate ed i suoi assist pennellati col contagiri , fece la fortuna di tanti validi attaccanti che via via transitarono dalle parti sia di Milanello che di Coverciano . Prova ne è che, a fine stagione, “ l’ abatino” si portò a casa pure il pallone d’ oro. Inoltre la società rossonera , in quella stagione, poteva contare , in mezzo ai pali , sul “ longilineo ” Fabio Cudicini, detto il “ Ragno Nero “, colui il quale a fine campionato si divise , con Franco Superchi, la palma di miglior portiere del campionato. Dunque il Milan era davvero un osso duro da dover soppiantare , e la grandezza dei ragazzi yè yè , nella corsa finale verso il titolo, si giudicò anche dalla potenza di questo temibile avversario con cui si dovette misurare . Un avversario , la squadra del “ Paron “ Rocco , che, da lì a poche settimane, dopo la fine campionato , riuscì a laurearsi , nientemeno che , Campione d’ Europa , sconfiggendo l’ emergente Ajax del “Pelè Bianco” Joahn Crujiff , al Santiago Bernabeu di Madrid, per 4 a 1. Tra gli opinionisti dell’ epoca c’era anche chi sosteneva che i continui impegni della squadra rossonera in Coppa dei Campioni , in particolare nei quarti di finale contro gli scozzesi del Celtic di Glasgow ed in semifinale contro il Manchester United , avevano fatto smarrire negli uomini di Nereo Rocco quella forza e concentrazione , invece , necessarie, per tener testa alle rivali Fiorentina e Cagliari nella corsa finale verso il titolo . Il Cagliari , al contrario , era considerata in quel momento la squadra emergente, la quale, oltre all‘ attaccante più forte mai esistito nel secondo dopoguerra , ovvero Gigi Riva , poteva contare, in avanti, anche sul centravanti della nazionale italiana , Roberto Boninsegna , detto “ Bonimba .“ E poi l’ex viola Albertosi, il mediano Cera, il tornante Domenghini, la mezzala Nenè , il regista ex viola Greatti , sotto la regia di un altro maestro di calcio italiano , il “ filosofo” Manlio Scopigno, componevano una squadra di tutto rispetto che , da lì a poco , avrebbe scritto pagine importanti della storia del calcio italiano .
Come colloca nella storia del calcio italiano un eccelso centrocampista come Giancarlo “Picchio” De Sisti?
Gianfranco De Sisti , detto “ Picchio “ è stato uno dei più grandi centrocampisti italiani d’ ogni tempo, dotato di una visione di gioco e di una intelligenza calcistica non comune , nonché di una resistenza atletica davvero sorprendente. Queste sue doti , unitamente anche ad uno spiccato senso del goal , molto raro a quell’ epoca per un regista di centrocampo , convinsero , via via , i vari commissari tecnici della nazionale a ritenerlo una pedina inamovibile nello scacchiere del centrocampo azzurro, una scelta che portava spesso al sacrificio di giocatori ben più dotati di lui tecnicamente. Si pensi alle staffette messicane di Mazzola e Rivera del ’70 , con De Sisti , invece, immancabilmente schierato in campo sin dal primo minuto. Fu proprio grazie al suo grande carisma di uomo squadra che la Fiorentina e la Nazionale poterono ambire a traguardi così importanti, come quelli raggiunti a livello nazionale ed internazionale, nella seconda parte degli anni sessanta .
C’è stato un giocatore che l’ha sorpresa maggiormente per il rendimento offerto?
Certamente i due giocatori che , in termini di rendimento, nel campionato 68/69, mi hanno sorpreso maggiormente , sono stati il portiere Franco Superchi ed , in particolare , nel girone di ritorno , il talentuoso attaccante esterno Luciano Chiarugi. Superchi, in quella stagione , dimostrò di essere una vera e propria saracinesca per gli attacchi avversari , con interventi straordinari da palo a palo che salvarono la porta della Fiorentina in più di una occasione e che non fecero certo rimpiangere la mancata permanenza a Firenze del più quotato portiere del Cagliari e della Nazionale Ricky Albertosi. Chiarugi , dal canto suo, con l’ inizio del girone di ritorno, giornata dopo giornata , dimostrò di essere diventato il vero valore aggiunto della Fiorentina, contribuendo con i suo goals, assists ed i suoi dribbling al trionfo finale della squadra gigliata , facendo letteralmente impazzire sia i suoi marcatori diretti che cercavano, invano, di contenerlo sulla fascia che, per opposte ragioni, i tifosi più accaniti della curva Fiesole .
Crede che un giocatore come Ugo Ferrante abbia racconto meno di quanto meritasse a livello nazionale?
Ugo Ferrante e Giuseppe Brizi sono stati , sempre insieme, per tutti gli anni ’60 ed inizio ’70 sin dai tempi delle giovanili, le due più importanti colonne della difesa gigliata. Ferrante , nel corso della sua meravigliosa carriera , ha avuto anche la soddisfazione di essere convocato da Valcareggi a Mexico ’70. Forse ,in quella circostanza, il rammarico maggiore è di non averlo potuto vedere in campo a Toluca , in sostituzione di Comunardo Niccolai , costretto ad abbandonare il campo in conseguenza di un incidente occorso , in un duro scontro di gioco, con il possente centravanti scandinavo Kindval. Purtroppo il grave incidente subito dal gigante di Vercelli , nell’ incontro casalingo disputato contro la Roma , all’ inizio del campionato 71/72, gli frenò bruscamente il proseguo della sua carriera che continuò comunque in maniera eccellente con la casacca biancorossa del Lanerossi Vicenza.
Cosa pensa del nuovo corso intrapreso dalla Fiorentina sotto la gestione di Rocco Commisso?
Rocco Commisso è un presidente che personalmente considero d’ altra tempi perchè , sin da subito, con la sua forte personalità e la sua empatia ha fatto presa sulla tifoseria gigliata , investendo massicciamente sulla causa viola , sia in fase di acquisizione societaria che in fase di rilancio della compagine gigliata . Le premesse del suo avvento a capo della società Toscana, si sono subito dimostrate all’ altezza delle aspettative , anche se sarà poi necessario comprendere , in proseguo, quanto Rocco Commisso , rispetto agli obiettivi prefissati, sia in grado effettivamente a tener fede ai suoi propositi , nel medio e lungo termine , nel rispetto forse troppo vincolante delle nuove e rigide regole del fairplay finanziario . Inoltre, per dar seguito agli ambiziosi obiettivi già comunque pre fissati , sarà inoltre importante procedere , in tempi brevi, alla progettazione ed alla realizzazione di un nuovo stadio o quantomeno della ristrutturazione del vecchio Franchi , per poter finalmente provare competere, sia a livello economico che sportivo, con le altre più importanti realtà del calcio italiano . Insomma per concludere con una battuta : “ Speriamo di arrivare, velocemente , da uno scudetto ..commosso come quello dei ragazzi yè yè del 1969 ad uno scudetto..Commisso dei nuovi ragazzi yè yè , quali spero potranno dimostrare di essere i vari Chiesa , Vlahovic, Castrovilli..!!
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