Intervista: Sciabbolone!

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Il libro di Giorgio Di Giuseppe di descrive davvero nel dettaglio la mitica figura di Rodolfo Volk, formidabile centravanti e uomo dall’esistenza tormentata. Ne abbiamo parlato con l’autore

Come nasce l’idea di dedicare un libro a Rodolfo Volk e come è stato impostato il lavoro di ricerca?

Sono un tifoso della Roma e Rodolfo Volk è stato uno dei cannonieri più prolifici (107 gol) della storia giallorossa. Non trovando notizie su di lui mi sono chiesto:« perché non scriverci un libro?» Così, spinto dalla curiosità ho iniziato a lavorarci (quasi un anno e mezzo) con la collaborazione fondamentale dell’Archivio Museo storico di Fiume di Roma. Per ricostruire la storia di Volk, mi sono basato sui giornali dell’epoca e sulle testimonianze e documenti presenti sempre presso l’Archivio Museo storico di Fiume.

Nella storia calcistica italiana come si colloca il calciatore fiumano? E’ in parte un po’ dimenticato?

Credo che ancora oggi Rodolfo Volk sia uno tra i più importanti bomber della storia del calcio italiano, poiché vanta ancora oggi un primato con la maglia giallorossa. Ha la media gol a partita più alta di tutti: ben 0,66. Sicuramente è stato dimenticato per lungo tempo ed i motivi non li conosco.

Lo possiamo definire il prototipo dell’attaccante centrale della sua epoca?

Rudy, come lo chiamavano allora a Fiume, non era affatto scarso tecnicamente. Il suo fisico
imponente metteva più tempo rispetto ai compagni a raggiungere la migliore condizione. Così
capitava che ad inizio anno facesse un po’ di più fatica. Poi però raggiunta la migliore condizione
tornava a segnare con la solita intensità.

Che coppia offensiva avrebbe potuto formare in serie A con il compagno alla Fiumana Marcello Mihalich, dato che si ventilò un possibile passaggio di quest’ultimo alla Roma?

Sicuramente Rodolfo Volk è stato il classico prototipo di centravanti centrale della sua epoca. Quando giocava con la Fiumana con Mihalich formavano una coppia formidabile. Mihalich, veloce e tecnico, Volk potente e preciso sotto porta. Se avessero continuato a giocare insieme a Roma avrebbero potuto fare bene, in più con un centro- sostegno come Bernardini, credo che la Roma sarebbe stato in grado di conquistare almeno uno scudetto. Purtroppo non andò così. Mihalich finì al Napoli …

Le critiche della stampa circa una sua presunta limitatezza tecnica hanno avuto la funzione di migliorarlo oppure crede che il suo “io non penso, tiro” sia stata sempre la sua risposta ad esse?

Rudy, come lo chiamavano allora a Fiume, non era affatto scarso tecnicamente. Il suo fisico imponente metteva più tempo rispetto ai compagni a raggiungere la migliore condizione. Così capitava che ad inizio anno facesse un po’ di più fatica. Poi però raggiunta la migliore condizione tornava a segnare con la solita intensità.

A tal proposito le chiedo se c’erano solo motivazione tecniche dietro l’ostracismo di Vittorio Pozzo nel convocarlo nella nazionale maggiore.

La risposta a questa domanda è molto semplice. Pozzo aveva a disposizione uno dei migliori centravanti della storia del calcio italiano, Meazza che gli dava maggiore affidabilità e si adattava meglio al suo gioco. Rodolfo fu provato più volte, ma evidentemente, ripeto, Meazza diede maggiori garanzie.

Tra i tanti soprannomi attribuitegli quale secondo lei lo contraddistingue al meglio?

Secondo me Sigghefrido. In quanto per il suo aspetto fisico “ricordava” il mito dei Nibelunghi. Trovo comunque molto simpatico anche Sciabbolone … che poi ho scelto come titolo del libro.

A suo parere il calcio è stato una valvola di sfogo per sopportare le tante tragedie che hanno segnato la sua vita privata?

Il calcio lo ha in parte aiutato. Quando giocava a Roma perse un figlio, a Trieste perse la moglie. Maquando perse proprio tutto il calcio giocato era ormai solo un lontano ricordo.

Quanto sono stati importanti per lui in campo e fuori le figure di Fulvio Bernardini e Attilio Ferraris?

Bernardini e Ferraris furono due figure fondamentali per Rodolfo in campo e fuori. Tutti e tre si stimavano molto e rimasero molto amici. Ferraris lo aiutò soprattutto nel comprendere al meglio la realtà di Roma, completamente diversa da quella che era una volta Fiume. Immagino quando Rodolfo ebbe la notizia della morte improvvisa del suo amico Attilio e il grande dispiacere nell’impossibilità di partecipare al suo funerale, perché costretto a vivere nel campo profughi di Laterina. Con Bernardini l’amicizia fu più profonda. I due rimasero sempre in contatto e continuarono a frequentarsi fino alla fine dei loro giorni. Una grande e bella amicizia, insomma.

Nel copioso lavoro di ricerca che idea si è fatto dell’esodo fiumano? Crede che l’Italia abbia un po’ troppo in fretta sotterrato le proprie responsabilità in tal senso?

L’esodo da Fiume, come quello dall’Istria e dalla Dalmazia fu una vera e propria tragedia per tutti gli italiani che abitavano in quelle zone. L’Italia poté fare ben poco per tutelare i suoi concittadini perché paese sconfitto. In poche parole, pagarono, soprattutto gli abitanti del confine orientale le scelte di una politica interna ed estera sbagliata perseguita dal regime fascista fino a pochi anni prima.

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