Intervista: Premier League

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Per tutto gli amanti del calcio inglese il libro di Nicola Roggero è una lettura imprescindibile, per la competenza e lo stile con il quale l’autore ammalia il lettore. Ne abbiamo parlato con grande piacere con  lo stesso autore.

Nel farti i doverosi complimenti per il libro ti chiedo cosa ti ha spinto a scriverlo e come nasce la tua passione per il calcio inglese.

Bisogna dar merito alla Rizzoli, che ha avuto l’idea e il coraggio di affidarmi la realizzazione. La mia passione per il calcio inglese nasce da bambino, quando nel Nord Italia si riceveva la Svizzera Italiana che alla fine della loro Domenica Sportiva trasmetteva i gol dei principali campionati. E quello inglese era per distacco il più affascinante. Poi, sempre la Svizzera, a maggio proponeva in diretta la finale di coppa d’Inghilterra da Wembley. Memorabili le telecronache del leggendario Giuseppe Albertini. Non potevo che innamorarmi di quel football.

Cosa sarebbe il calcio oggi senza le intuizioni di Herbert Chapman?

Ha dato ordine tattico ad un gioco che, tatticamente, prima di lui era disordinato. Una pietra miliare per il football come lo è stato, decenni dopo, Rinus Michels con il calcio totale. Non so cosa sarebbe successo senza di lui ma certo il calcio avrebbe perso molto.

Nel libro definisci Stanley Matthews “la più grande alla destra al mondo fino all’avvento del favoloso brasiliano Garrincha”. È davvero proponibile un paragone tra i due, stile di vita opposto a parte?

Impossibile fare paragoni tra epoche diverse e tra mondi distanti come quello inglese e brasiliano. Ognuno è stato un grandissimo per il proprio periodo, che nel caso di Matthews, primatista di longevità, è durato tre decenni.

Come mai la figura di Stan Cullis non è ricordata e celebrata come meriterebbe?

A Wolverhampton lo è, c’è una sua statua fuori dal Molineaux. Forse paga il fatto di esser stato legato ad una squadra che, a parte negli anni ’50, non apparteneva alle big.

È un caso che siano stati due scozzesi, nazione natia del “passing game”, Matt Busby e Bill Shankly, a cambiare la storia di Manchester United e Liverpool e in parte dello stesso calcio inglese?

Si, penso che sia un caso, anche se, ricordando le figure di Jock Stein e Alex Ferguson, gli scozzesi hanno storicamente diversi dei più grandi allenatori di Gran Bretagna. Personalità diverse, più sobrio Busby, più diretto Shankly. Grandi amici tra loro, nessuno ha contribuito come loro a creare la leggenda di Liverpool e Manchester United.

Cosa penserebbe Brian Clough del calcio odierno è come si porrebbe di fronte alle dinamiche dello stesso?

Mi piacerebbe sapere cosa penserebbe della Var, e non fatico a credere che la detesterebbe. Era un uomo di campo e anche oggi le sue idee sarebbero trionfanti.

Oltre al ritmo forsennato ed alla condizione fisica, quali ritieni siano i motivi dietro i successi inglesi nelle coppe europee degli anni?

Credo fosse un misto di cose. I club inglesi in quegli anni avevano grandi campioni proveniente anche dalla Scozia, all’epoca nazionale all’avanguardia. Inoltre era difficilissimo giocare a casa loro: nessun club europeo riusciva ad adattarsi davanti ad un pubblico a ridosso del campo che dava l’idea di “giocare” la partita

C’è un giocatore il cui ricordo ti fa più emozionare nella lunga storia calcistica inglese?

E’ un gallese, Ryan Giggs. Il talento e la bellezza del gesto tecnico fusi insieme.

Cosa sarebbe stato il Manchester United con Alan Shearer? È stato l’attaccante più forte della sua epoca?

Facile risposta: il Man U sarebbe stato ancora più forte di quanto è stato e Shearer è stato senza alcun dubbio il più forte attaccante puro della sua epoca (considero Ronaldo, il brasiliano, un giocatore così grande da non poter essere definito solo una punta).

Cosa pensi dell’attuale Premier League e della globalizzazione che la contraddistingue? Hai nostalgia del “vecchio” calcio inglese?

Era un passaggio fondamentale, la necessità di valorizzare il campionato rendendolo la NBA del calcio. Questo non vuol dire che io non rimpianga il vecchio football. Quello, secondo definizione di George Best, fatto “di partite alle 3 del sabato, campi fangosi, freddo cane, botte da orbi e alla fine una bella Guinness nella vasca dell’acqua calda”.

 

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