Fabrizio Gabrielli ci offre un ritratto di Cristiano Ronaldo davvero completo e particolare, laddove tutti gli aspetti della vita del campione portoghese vengono considerati in un’analisi a 360 gradi con elevati contenuti. Ne abbiamo parlato con l’autore.
Da dove nasce lo spunto per proporre un ritratto di Ronaldo quale mito globale?
La trasversalità del successo, e dell’appeal di Cristiano Ronaldo, in termini di fanbase soprattutto, mi sembra piuttosto pacifica; e la globalizzazione un’entità astratta dalla quale, soprattutto la nostra generazione, si è sempre sentita da una parte inevitabilmente attratta, dall’altra spaventosamente minacciata. Scrivere di CR, in qualche modo, per me significava prendere di petto un fenomeno che non riesce a essere naif da nessun punto lo si voglia affrontare, e contro il quale, chissà se non con troppa enfasi retorica, si è sentita l’esigenza di scagliarsi, o almeno prendere le distanze, cioè proprio la sua globalità. E la mitizzazione, che credo sia intrinseca alla sua narrazione. Forse, se proprio dovessi cercare un punto di partenza, credo vada cercato nella complessità, nella sua complessità, che poi è un concetto molto divisivo, ma esiste: per quanto possa non piacerci, CR è un mito. E lo è su scala globale. Riconoscerlo come fenomeno, prima di analizzarlo, mi sembrava interessante. A maggior ragione dal momento che è piuttosto agli antipodi di tutto quello che in qualche modo viene riconosciuto come mio, da un punto di vista autoriale. Con questo non voglio dire che i miti locali, le divinità particolari, legate a un genius loci, o a una specifica cultura, siano meno interessanti. CR è globale nella misura in cui è mio, è tuo, è di chiunque abbia osservato un campo di pallone negli ultimi quindici anni (credo di aver risposto alla domanda 3, pure, nella quale quindi non mi ripeterò)
Nel complimentarmi per l’invidiabile cultura ti chiedo come hai deciso di inserire i tanti apprezzabili riferimenti nella narrazione.
Ti ringrazio, anche se non ho capito bene per cosa ti stia complimentando di preciso. L’idea originaria, alla quale sono felicemente riuscito, felicemente per me ovviamente, a rimanere fedele, è sempre stata quella di non scrivere una biografia classica. Mi interessava che CR uscisse fuori per sottrazione, come un altorilievo il cui contorno è scavato nella roccia. Se c’è qualcosa che ho capito, nella mia maniera di narrare, che è poi mia, e può piacere come no, è che il contesto è sempre fondamentale per mettere a fuoco il personaggio, e spesso è molto più eloquente dei pensieri, delle parole o delle azioni del personaggio stesso. Ho letto alcune recensioni in cui emerge questo aspetto, della multidisciplinarietà: una, in particolare, mi ha colpito perché diceva che avrei potuto tranquillamente far parte dell’Ecole des Annales, per il tipo di approccio. Non so, non ci avevo pensato consapevolmente, durante la scrittura. Ma mi sembrava fondamentale interpretare, proprio come operazione intellettuale. E l’interpretazione passa sempre, necessariamente, attraverso l’accostamento di concetti che assorbi in maniere imponderabili, o che associ in maniera intuitiva.
Da tifoso ed esperto di calcio ti sei dato una motivazione del perché Ronaldo è diventato un mito globale? Cosa ha di particolare rispetto ai suoi contemporanei?
A questa credo di aver risposto nel preambolo di cui al punto 1, però fammi aggiungere una cosa: di particolare, credo, fondamentalmente, ha che per un sacco di aspetti è un hapax, qualcosa che abbiamo trovato per la prima volta soltanto in lui, o in maniera decisamente brillante in lui per primo. La gestione imprenditoriale di se stesso, la comunicazione pragmaticissima, il fatto stesso di costituite, in maniera cybernetica, il prototipo di un calciatore che non strizza l’occhio o perpetua la tradizione di nessun archetipo: la sua particolarità credo sia tutta qua. Oltre che nel fatto che è apprezzata, accettata, celebrata in contesti dagli asset culturali diversissimi tra loro.
Ritieni personalmente veritiero il fatto che senza Messi Ronaldo non sarebbe Ronaldo e viceversa?
È un’immagine che colpisce, che funziona e che è assolutamente veritiera. Più nel primo senso, forse, che nell’altro. Per un animo ipercompetitivo come CR, la presenza di una nemesi così conclamata è stata non solo funzionale alla sua narrazione, ma per certi versi necessaria. Non possiamo dire il contrario per il semplice fatto che la narrazione di Messi – è un tema che nel libro affronto con convinzione perché è l’unico punto fermo per me davvero inamovibile – prescinde dalla competizione, è più lirismo, è più epica, eterea, universale. Paradossalmente, e controintuitivamente, tutto il solipsismo di CR regge – contingentemente, perché non posso e non possiamo sapere cosa sarebbe stato CR senza il suo bilanciamento, parola che preferisco di gran lunga a doppelganger – proprio in virtù di questo dualismo. Che potrà anche essere artato, ma quale contrapposizione tra eroi non lo è? Se CR rincorre, Messi guida. Ma come ogni capofila, in qualche modo deve adattarsi al contesto. Messi è diventato più muscolare, più atletico, più competitivo, anche più cattivo e se mi passi il termine stronzo non tanto per CR, ma perché il calcio che lo ha inglobato ricalca e possiede tutte le principali peculiarità che noi troviamo, in nuce, in Cristiano.
Nell’Olimpo dei più forti di sempre come collochi il fenomeno di Madeira?
Questo è un giochino che, insieme a quello dei what if, è sempre molto divertente, ma rimane pur sempre un giochino. Tra i calciatori che ho potuto vedere, e quindi seguire, è sicuramente tra i migliori due o tre, ma forse è troppo facile. Di sempre è davvero una formula troppo assoluta: non possiamo paragonare Pelè e Cristiano Ronaldo, Eusebio e Cristiano Ronaldo, neppure Ronaldo Il Fenomeno e Ronaldo. Diciamo che CR è il più forte calciatore figlio dei propri tempi. Non sono sicuro si possa dire di tutti gli altri.
E’ esagerato e grossolano affermare come gli più importanti per lui siano stati Renè Meulensteen e Carlos Queiroz?
Nell’educazione sentimentale calcistica di CR Queiroz e Meulensteen hanno ricoperto ruoli fondamentali nella misura in cui sono stati ispiratori del suo stile di gioco, motivatori, spin-doctors delle teorizzazioni che ruotavano intorno alla sua presenza in campo. Allo stesso modo di Ancelotti, Mourinho, Ferguson. Non credo si possa individuare qualcuno che più degli altri abbia forgiato CR, eppure allo stesso tempo ognuno di loro ha avuto un ruolo imprescindibile affinché CR diventasse quello che è diventato.
Secondo te Cristiano Ronaldo è un personaggio schiavo di se stesso e dell’ambizione che lo ha portato a diventare un mito?
C’è il ritornello di una canzone che magari non c’entra niente, ma mia figlia che ha 6 anni è discretamente a ròta come si dice dalle mie parti e me la fa sentire ogni mattina, una canzone di Pinguini Tattici Nucleari, che a un certo punto dice che «la più grande libertà è quella che ti tiene in catene». Mi è capitato di associare quest’immagine a CR, e di trovarla assai vera: nel suo tentativo di risultare massimamente amabile, ovviamente un sentimento dettato da un’ambizione sfrenata, però, CR si è trovato vittima di un supplizio di Tantalo senza soluzione di continuità. Forse dovremmo farci un’altra domanda, però? Quanto si trova a suo agio, nell’essere schiavo di se stesso? Perché nella risposta che ci daremmo (secondo me, assolutamente a suo agio) credo ci siano implicazioni più interessanti ed eloquenti, no?
Molti gli imputano di essere un campione “costruito”, laddove il suo fisico frutto di sacrifici e palestra è visto come un qualcosa di artificiale: come ti poni in tal senso?
La parola artificio, se controlli su qualsiasi vocabolario, ha due accezioni che sembrano andare in contrasto: una si concentra sulla mirabilità dell’utilizzo dell’arte, l’altra sulla premeditazione maliziosa dello stesso utilizzo per creare un effetto volutamente artato. Artato, questa sì, invece, è la declinazione aberrante di qualcosa fatto con spirito ingannevole. Io non penso ci sia niente di ingannevole, in CR. La monoliticità della comunicazione di se stesso è, in ultima istanza, massimamente ingenua: CR si comunica così perché è così. Non credo possiamo fargliene una colpa, alla fine della fiera.
Certi suoi atteggiamenti e certe vicende extracampo lo rendono comunque un esempio per i bambini e per chi lo idolatra al limite del pensabile?
Non si possono mettere, credo, nello stesso calderone, e quindi neppure nella stessa domanda, atteggiamenti in campo e vicende extra-campo. Perciò cercherò di rispondere tenendoli distinti.Gli atteggiamenti in campo, immagino ti riferisca a quelli non proprio edificanti, sono uno dei principali propellenti della sua iconicità, dalla quale deriva l’idolatria. Perché nel suo comportarsi è divisivo, e la divisività è la benzina dei campanilismi, della faziosità, in ultima battuta di tutto quel sottobosco da cui nascono i funghi che chiamiamo idolatria. Sulle vicende extracampo, senza voler fare a tutti i costi il giustizialista o il suo opposto, dovrei dirti che il garantismo ci dovrebbe portare a dire che fino a prova contraria – e prova contraria non ve n’è – CR è innocente. Ma non c’entra nulla con l’essere un role model: a me, per esempio, piace molto la scrittura di Cioran, o di Céline, ho tradotto Lugones, tutta gente che in letteratura rappresentava una cosa, e fuori dalla letteratura (ammesso che si possa parlare di non inclusività in questo campo, che è però diverso dal calcio, mi sono imbarcato in una metafora che è un cul-de-sac) un’altra. Questo per dire cosa? Che CR è un esempio, un punto di riferimento: nella speranza, e nel sogno, di realizzare un percorso come il suo – forgiato nella convinzione nei temi del duro lavoro, dell’applicazione, della costanza – ogni giorno milioni di ragazzini inseguono il pallone.
Come ti immagini Ronaldo dopo l’addio al calcio giocato?
Non me lo immagino sicuramente in campo, a mettere in mostra la caducità dettata dal tempo in una di quelle partite tra Glorie (di chi accetterebbe di vestire la maglia? Si può giocare in due o tre squadre di Glorie? Sarà una regola che bisognerà ponderare, dopo l’addio di CR?). Tendo piuttosto a fidarmi di ciò che ha detto lui in un’intervista abbastanza recente a France Football: «staccherò da tutto». Non lo vedremo più. Ma siamo sicuri che possa resistere alla tentazione di non perdurare nel nostro immaginario?
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