Il libro di Christian La Fauci è un vero atto d’amore verso Le God, condito da tanta competenza e completo nella sua sinteticità. Ne abbiamo discusso con l’autore.
Quando e come nasce la passione, da me condivisa, per Matt Le Tissier?
Nei primi anni 90,le immagini televisive dei suoi goal iniziavano a fare proseliti tra cui il sottoscritto, inoltre tramite riviste come Shoot e Match scoprii di come i grandi club inglesi si stessero interessando a lui ,il quale però declinava ogni offerta pur di restare fedele ai Saints. In sintesi,l’atipicita ‘ del personaggio, tra numeri ad effetto in campo e rifiuto verso le grandi ribalte aveva avuto su di me un effetto di grande seduzione.
La sua grande umiltà sembra essere in controtendenza con la superlativa tecnica talvolta beffarda per gli avversari : sei d’accordo?
Personaggio complementare decisamente, dove a far da contraltare ad un approccio di basso profilo e con i piedi per terra nella vita di tutti i giorni, vi era a livello agonistico una grande competitività, in fondo proprio lui disse che ” c’è qualcosa di meglio che giocare in grandi squadre, ovvero giocarci contro e batterle “.
Ancora oggi sono molti a ricordarlo e a celebralo: credi siano attirati dal suo essere stato “master of unexpected”?
Sicuramente le sue magie in campo hanno rappresentato un’attrattiva di enorme fascino, tuttavia ritengo che anche il suo legame indissolubile con il Southampton, in virtù del quale non ha ceduto alla corte dei grandi club, abbia contribuito e non poco a renderlo così amato nella memoria collettiva.
C’è una sua prodezza alla quale sei particolarmente legato o che ancora oggi di emoziona maggiormente?
La celebre punizione al Wimbledon e la discesa saltando i difensori del Newcastle mi hanno conquistato sin da subito, e confesso di averle ben impresse tuttora nella memoria, ma a livello di emozione pura, di sentimento, ricordo con piacere il suo ultimo goal, quello che poi è stato anche l’ultimo al The Dell nella gara di addio allo storico impianto contro l’Arsenal. Mi piace pensarlo come un tributo che gli ha reso la sorte per tutto quello che ha dato al suo club in quello stadio, in fondo se ci pensi, è stato giusto che la parola fine l’abbia scritta proprio lui.
“Essere felice piuttosto che ricco” sembra essere il suo mantra: quando lo rende speciale rispetto ai colleghi,soprattutto a quelli dei nostri giorni?
C’è rimpianto per non aver visto con più frequenza la coppia offensiva Le Tissier-Shearer, sopratutto in nazionale nel 1996 e nel 1998?
Senza nulla togliere alle scelte dei ct ed al comunque indubbio valore dei nomi dei nazionali inglesi del tempo, il rimpianto esiste eccome, e a prescindere da un ipotetico tandem con Shearer, Matthew sarebbe stato una risorsa preziosissima per qualunque nazionale in una competizione come un mondiale o un europeo. Con i colpi che aveva nel suo repertorio e con la capacità innata nel finalizzare o nel mettersi al servizio della squadra, proviamo a immaginare quanto sarebbe potuto essere utile, anche entrando a partita in corso, magari in una di quelle gare a eliminazione diretta che non si sbloccano e dove solo un colpo di genio, inaspettato e fuori dal comune, può spezzare l’equilibrio e diventare risolutivo. Proviamo a giocare con i se e con i ma, immaginiamo un Inghilterra – Germania, semifinale euro 96, o un Inghilterra- Argentina, ottavi del mondiale 98,con lui usato come ultima carta per tentare la spallata finale volta a passare il turno….
È stato il giocatore che più ti ha emozionato?
Per motivi anagrafici ho avuto la fortuna di vedere all’opera altri grandi campioni che estasiavano le folle con numeri ad effetto di rara bellezza. Tuttavia, proprio in virtù della capacità di emozionare, della facilità nel mettere in pratica un qualcosa di apparentemente impensabile, lo inserisco di diritto nel mio personale e ristretto novero di quei calciatori in grado di sbalordirmi e lasciarmi estasiato e senza parole. Se assistevi a una partita del Southampton con lui in campo, ormai davi per certo che la magia,la giocata imprevedibile e decisiva era dietro l’angolo e poteva celarsi in qualunque giocata ; lo ritengo uno di quei rari esempi di calciatori che più che ricevere applausi o consensi, avevano quel talento capace di far sognare la gente, di accendere la fantasia, di far credere che ciò che normalmente si ritiene impossibile, in quel luogo e in quel momento si sarebbe potuto realizzare. Perché se è pur vero che l’impossibile non è di questo mondo, per lui non era un problema, del resto lo chiamavano Le God anche per questo…
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