Nel suo interessantissimo libro Remo Gandolfi ci presenta una serie di storie davvero maledette, nelle quali destino e scelte sbagliate hanno segnato la vita dei protagonisti. Ne abbiamo parlato con l’autore.
Nel farti i complimenti per il libro ed il sito (www.storiemaledette.com) ti chiedo come nasce questo doppio progetto e quali finalità ti poni nel raccontare le storie dei “maledetti “ dello sport?
Mi ha sempre colpito in negativo questa sovra esposizione di questi “eroi” belli, fortunati e vincenti dei quali ci raccontano ogni giorno tutto, compresi particolari del tutto insignificanti, magari privati e che spesso scadono nel gossip più triste e superficiale. Ho sempre pensato che lo sport fosse molto di più che vincere un trofeo o una medaglia e le piccole storie di perdenti, autodistruttivi, idealisti, pazzi o semplicemente solo tragicamente sfortunati potessero avere una nicchia di interesse, magari piccola … ma che potesse leggere di qualcosa di più e di diverso dell’ultimo capriccio di Neymar o dell’ultimo scandalo sessuale di Ronaldo.
“Questo libro parla di CALCIATORI, ma racconta la storia di UOMINI” può riassumere in pieno cose deve aspettarsi il lettore che si appresta alla lettura?
Assolutamente si. La frase è della mia amica Ada Labanti, che ha curato l’editing del libro. Ada è laureata in filosofia e psicologia. Mi ha detto che correggendo il libro si è appassionata … lei che di calcio non ne capisce nulla e non se n’è mai interessata … proprio perché in Storie Maledette l’enfasi è sull’uomo prima ancora che sull’atleta.
Ho molto apprezzato la tua immedesimazione nelle storie trattate, senza parole di circostanza: è stata un’impostazione studiata o spontaneamente hai optato per questo approccio?
Probabilmente è solo l’unico modo in cui so scrivere !!! Dritto all’obiettivo, senza fronzoli e costruzioni elaborate, raccontando in prima persona e cercando di immedesimarmi nei protagonisti. Parlare di “maledetti”, di sfortunati, perdenti, sognatori e fuggitivi posso provare a farlo … della categoria dei “belli, fortunati e vincenti” non saprei neppure da dove cominciare !
Tra le tante storie che proponi ce n’è una che ti ha maggiormente emozionato o che ti ha colpito particolarmente?
Sicuramente quella di Erasmo Iacovone, che non a caso è la storia di apertura del libro. Come ti dicevo la prima parte di ogni racconto è in prima persona e quando posso, prima di farlo, chiedo il permesso alle persone vicine al protagonista, come forma di rispetto dovuta. Ho fatto così anche nel caso della storia del povero Erasmo. Prima entrando in contatto con Adriano Capra, mio concittadino ed ex-compagno di squadra di Erasmo a Taranto il quale a sua volta mi ha permesso di conoscere la vedova di Erasmo, la signora Paola. Non solo ho avuto la sua approvazione ma Paola mi ha raccontato di Erasmo, di quella terribile sera e dell’uomo meraviglioso che lei aveva sposato. Sono felice di poter dire che ora Paola è una persona cara, con cui mi tengo in contatto. Persona di raro spessore e sensibilità.
Personalmente ho molto apprezzato il capitolo dedicato a Francisco Marinho, terzino d’attacco in anticipo sui tempi, quanto personaggio problematico fuori dal rettangolo di gioco. Qual è la tua riflessione in merito?
Francisco Marinho ha fatto un po’ come la celebre cicala di Esopo. Un’estate meravigliosa, quella del 1974,dove fece innamorare i tifosi per le sue scorribande sulla fascia sinistra così rivoluzionarie per l’epoca, e le ragazze di tutto il mondo per quella sua zazzera bionda e il sorriso da star di Hollywood. Troppo presto e troppo in fretta per chi alle tentazioni non sapeva proprio resistere. La storia del calcio mondiale è piena di storie di questo tipo … Marinho ci colpì tutti un po’ di più proprio perché fu un precursore assoluto nel suo ruolo.
Nell’Argentina del 1978 non mancano davvero le storie maledette, anche per motivi diversi, vedi Renè Houseman, Alberto Tarantini e Alberto Luque. Qual è la tua riflessione per una nazione che nel periodo sembra non conoscere pace?
L’Argentina vive il calcio come in nessuna altra parte al mondo. E’ uno dei pochi posti dove, anche per le difficoltà economiche del paese, il calcio è ancora “della gente”. Si potrebbero scrivere 3 libri di biografie (e uno ci scappa di sicuro !!) su storie di calciatori argentini curiose, particolari, emozionanti e non solo tragiche. Quel periodo e quella nazionale in particolare fu particolarmente ricco proprio a causa della feroce dittatura che c’era in quel momento nel paese. Quando ho dovuto scegliere quali storie inserire nel libro è stata durissima ! Quella di Mario Kempes, di Ubaldo Fillol, del “Lobo” Carrascosa o del “Trinche” Carlovich erano tutte assolutamente degne quanto quelle prescelte di Tarantini e Luque. Amo quel Paese, quel calcio e davvero, ogni piccola squadra ha qualche bellissima storia che merita di essere raccontata … e prima o poi mi piacerebbe proprio farlo.
In alcune vicende la sfortuna ha giocato sicuramente un ruolo primario, anche in questo caso possiamo parlare di storie maledette?
Assolutamente si. Ci sono state carriere esemplari, di calciatori dal grande senso etico e professionale che sono cambiate in un secondo proprio perché la dea bendata ha voltato loro le spalle. Antonio Puerta che stava spiccando il volo verso la nazionale spagnola e forse un ricco contratto con un grande Club, “El Ruso” Pratola capitano e leader dell’Estudiantes colpito da un tumore a 31 anni, Diego Buonanotte, giovanissima rivelazione del River e già nel giro della Nazionale vittima di un incidente stradale che di fatto gli ha cambiato la vita e la carriera o Mirko Saric, altrettanto giovane e promettente vittima di una feroce depressione o Duncan Edwards, forse il più grande calciatore inglese di tutti i tempi perito nel disastro aereo di Monaco … Ecco, loro sono le vere “vittime”, i veri maledetti visto che in altri casi i protagonisti hanno schiacciato loro stessi il bottone dell’autodistruzione come Francisco Marinho, Socrates o Omar Corbatta.
In un’epoca nella quale è molto sentito il tema della diversità cosa possiamo imparare dalla vicenda di John Fashanu, bistrattato ed insultato per il suo coming out?
Il calcio ahimè non è cambiato granché sotto questo aspetto. C’è ancora un latente “machismo”, che sfocia spesso in una conclamata omofobia. C’è ancora una grande difficoltà ad ammettere inclinazioni sessuali diverse proprio per l’incapacità di questo mondo di accettare e recepire la diversità. Ci sono frasi dette da personaggi anche importanti del calcio (anche nostrano) che provocano grande tristezza e che fanno capire quanto ancora c’è da fare sotto questo aspetto. I pochissimi coming-out più conosciuti (Thomas Hitzlsperger o Tom Hysen) sono avvenuti a fine carriera mentre tutti si guardano bene dal farlo quando sono ancora in attività … e questo è davvero molto triste.
Anche al giorno d’oggi non mancano potenziale storie maledette, come se il connubio tra genio e sregolatezza sia sempre d’attualità, cosa ne pensi? Credi che oggi con maggiori guadagni ed una popolarità mediatica maggiore sia più facile prendere strade sbagliate?
Di storie maledette ce ne sono ancora e hanno toccato anche grandi campioni del recente passato. Per i “milionari troppo giovani” come li definisce il grande Marcelo Bielsa è molto facile perdere le coordinate. Spesso a poco più di vent’anni hai già quello che ti basta per vivere un’intera vita e questo è obiettivamente molto pericoloso. Occorre però dire che rispetto al passato il giocatore è più seguito e non solo perché esistono manager e procuratori che ne gestiscono immagine e ne scandiscono la vita, ma anche perché per fortuna esistono “paracaduti” importanti per calciatori che dovessero avere difficoltà, sia di natura fisica dovuta a gravi infortuni sia che supporto psicologico ed economico dall’Associazione Calciatori o da iniziative private, come ad esempio quella davvero importante messa in piedi da Tony Adams, ex-capitano di Arsenal e nazionale inglese che era nel contempo un alcolista conclamato. Quello che successe ad esempio al povero Paul Vaessen (scaricato dall’Arsenal dopo un grave infortunio a soli 22 e morto poi di overdose qualche anno dopo) oggi non dovrebbe (uso il condizionale) accadere più
Grazie di cuore per questa bella chiacchierata !
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