Intervista a Marcello Ghiglione, autore del libro : L’ARDUO CIMENTO – Storia dell’ Unione Sportiva Novese 1919 – 1926

 

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Ciao Marcello e benvenuto sul Bibliocalcio. Oggi siamo con te per parlare del tuo libro sulla Novese: “L’arduo cimento. Storia dell’Unione Sportiva Novese 1919-1926”.

La prima cosa che voglio chiederti serve a colmare una inspiegabile lacuna, nel libro infatti hai deciso di non lasciare traccia della tua biografia. Chi è dunque Marcello Ghiglione?

Innanzitutto ringrazio per questa bellissima opportunità che mi offre Bibliocalcio di poter parlare del mio libro. Io sono titolare di un’azienda agricola, ho quarantatré anni e vivo a Pozzolo Formigaro in provincia di Alessandria, proprio al confine con Novi Ligure. Dal 2011 mi diletto a scrivere, naturalmente di sport, per il settimanale “Panorama di Novi”, come corrispondente dell’Unione Sportiva Pozzolese, la squadra di calcio del mio paese, che attualmente milita nel campionato di Prima Categoria. Inoltre nel 2015 ho pubblicato un libro sulla storia dei feudatari di Pozzolo Formigaro e tre piccoli libri che ripercorrono le gesta della Pozzolese, vincitrice del campionato di Seconda Categoria e della Coppa Piemonte.

Seconda domanda è anch’essa abbastanza ovvia, cosa ti ha spinto a scrivere un libro sulla Novese, un club fuori dai circuiti del calcio professionistico e dell’attenzione mediatica nazionale?

Sicuramente mi ha spinto la passione per il “Football” e l’amore per la sua storia. Naturalmente ha influito anche la vicinanza logistica che il mio comune ha con la città di Novi Ligure. La Novese ha rappresentato un unicum nel panorama calcistico nazionale, entrando di diritto a far parte degli almanacchi sportivi. Quello che mi sorprende è come mai nessun novese abbia deciso, prima del sottoscritto, di scrivere un libro sulla squadra della sua città in vista del centenario. Al di là della magnifica opera di Serafino Cavazza, scritta comunque cinquant’anni fa, che ripercorreva i primi due anni del Sodalizio biancoceleste, successivamente a Novi ligure hanno pubblicato soltanto alcuni libri inerenti ad una sommaria storia della Novese, senza addentrarsi nei particolari delle appassionanti vicende che ne hanno caratterizzato soprattutto il primo periodo di esistenza.

La Novese ha fatto la storia del calcio italiano, racconti con dovizia di particolari la fantastica ascesa del club fino allo scudetto del 1922. Come ha fatto un club così piccolo a vincere il titolo nazionale ed entrare così nella storia del calcio italiano?

Bisogna entrare nell’atmosfera dell’epoca, quella ancora pionieristica del calcio in Italia. La Novese è stata comunque, anche nel contesto di quel periodo, una sorte di fulmine a ciel sereno, grazie soprattutto all’intraprendenza, alla caparbietà, all’ambizione ed ad un certo senso anche al genio del suo presidente Mario Ferretti, che non a caso, all’epoca venne definito il “Sire di Novi”.

 

La fiamma della Novese s’è spenta troppo presto. Perché dopo il titolo c’è stato un declino così repentino?

Le ambizioni, ma anche buona parte delle finanze di Ferretti si esaurirono una volta raggiunto l’obiettivo che si era prefissato; vale a dire quello di portare la sua squadra sugli altari del calcio italiano. Lui, che parallelamente alla sua società aveva scalato in pochissimo tempo anche le gerarchie della F.I.G.C. diventandone il vicepresidente. Dopo il 1922 le ambizioni politiche rimasero, ma vennero meno quelle dei traguardi sportivi.

Al di là dell’organico che comprendeva fior di giocatori quali ad esempio Zizì Cevenini, Aristodemo Santamaria, Luigi Vercelli ecc. si può ben dire che il vero artefice di quella meravigliosa stagione di gloria fu il presidente Mario Ferretti. Chi era Ferretti?

Come detto, Mario Ferretti era un uomo ambizioso, intraprendente e combattivo. Era una figura del suo tempo. Giornalista, filosofo, scrittore e politico, divenne negli anni Trenta anche Podestà di Novi Ligure. Ed è soprattutto per questo, per le sue “inclinazioni” politiche, che le amministrazioni comunali di Novi Ligure che si sono succedute nel secondo dopoguerra, non hanno mai voluto ricordare la sua figura, negando sempre il giusto onore ad una personalità che comunque aveva dato lustro allo sport novese, in un’epoca in cui Novi Ligure significava “soltanto” ciclismo con il primo campionissimo Costante Girardengo.

Nella stesura del libro ha dovuto consultare una buon numero di fonti bibliografiche, tra l’altro tutte rigorosamente citate alla fine, quanto è stato difficile reperire documenti praticamente di cento anni fa?

 

Devo dire che all’inizio il percorso non è stato dei più facili, anche perché si trattava di trovare il tempo per recarsi presso la biblioteca di Novi Ligure e sfogliare immensi libroni che, per quanto si trattasse di un passatempo particolarmente piacevole, occupava molte ore per reperire poche informazioni. Per giunta l’attuale società della Novese non possiede un archivio riconducibile a quegli anni. La svolta c’è stata quando, tramite facebook, sono entrato a far parte di un gruppo di acquisto collettivo che mi ha permesso, con un modesto impegno economico, di acquisire una serie di giornali sportivi dell’epoca, fondamentali per reperire gran parte delle informazioni necessarie. Poi ho conosciuto una persona di Novi che alcuni anni fa ritirò una quantità consistente di materiale cartaceo appartenuto a Natale Beretta, famoso segretario della Novese negli anni ‘20, che mi ha consentito di reperire alcune informazione e diverse immagini fotografiche.

Oggi come oggi sempre più autori scelgono di bypassare le case editrici e decidono di auto-pubblicarsi. Come mai hai deciso di affidarti al self publishing? Pentito della scelta?

Non sono assolutamente pentito di una scelta che mi permette di gestire in completa autonomia le mie pubblicazioni: dalla libertà di impaginazione (compresa la scelta della copertina a cui tengo molto), alla scelta di metterci dentro tutto quello che credo siano le informazioni necessarie per completare nel modo più esaustivo il lavoro. Di contro ci sono naturalmente le difficoltà nel pubblicizzare il libro, anche se grazie ad internet ormai i canali di pubblicità e distribuzione dei prodotti non mancano di certo.

Nonostante la competenza dimostrata nella tua opera è chiaro che un libro sulla Novese difficilmente attira le attenzioni del lettore medio. Quello, per intenderci, che discute di calcio al bar con gli amici bevendo un caffè. Qual è il target di lettori a cui ti rivolgi?

 

Mi devo necessariamente rivolgere a quella meravigliosa schiera di appassionati della storia del calcio, quelli che sentono il desiderio di addentrarsi nelle pieghe più profonde delle vicende che hanno caratterizzato soprattutto la parte pionieristica del “Meraviglioso Giuoco”, nel periodo in cui ebbe inizio l’epopea dello sport più bello e più seguito del mondo. Naturalmente mi rivolgo anche a tutti i novesi che amano lo sport e la loro città, perché, attraverso questo libro possano comprendere nel modo più dettagliato possibile, come la Novese abbia potuto incastonare il suo nome nell’imperituro ricordo del panorama calcistico italiano, e non solo.

Nonostante la situazione particolare, che per altro tu dettagliatamente racconti nel libro, sfruttando la quale Ferretti è stato capace di costruire una squadra per poter vincere lo scudetto, un’impresa del genere non si è mai più ripetuta in Italia. Forse solo lo scudetto del Verona nel 1985 le si può avvicinare. Ci sono analogie tra le due situazioni? E soprattutto nel calcio moderno ci potrà mai essere una nuova Novese?

 

Il calcio è bello anche perché non c’è mai nulla di scontato. Certo, può essere un discorso più facilmente ascrivibile a singole partite, perché nell’arco di un campionato alla fine vince quasi sempre il più forte, quello che ha avuto a disposizione le migliori risorse economiche. Le vicende del Verona e prima ancora del Cagliari o la Fiorentina, appartengono ormai ad un’epoca troppo lontana, ad un calcio per molti versi differente da quello degli ultimi tempi. Però questa sorta di miracoli sono ancora possibili, come dimostra la pazzesca stagione del Leicester, che è stata capace di sfruttare l’anno negativo di tutte le consorelle ritenuti più forti della Premier League.

L’ultimo libro sull’impresa della Novese è quello di Serafino Cavazza “Una Novese da scudetto” del 1969, ben 50 anni fa. Come mai una storia così interessante non ha mai riscosso un grande interesse editoriale?

 

Io penso che da qualche anno il panorama riguardo l’interesse per la storia del calcio stia cambiando. Un notevole successo è stato ottenuto anche dal libro scritto dal mio conterraneo (anche se vive a Torino), il giornalista Luca Rolandi con il suo libro sul “Quadrilatero”. In quel caso Rolandi andava a toccare più di una squadra, con mille vicende intrecciate tra loro. Confido però che per il centenario del campionato vinto dalla Novese qualcosa possa muoversi positivamente in questo senso.

Com’è l’attuale situazione calcistica a Novi Ligure. Credi sia possibile rivedere il club almeno tra in professionisti?

 

Ultimamente la Novese ha trascorso momenti molto bui. Dopo il fallimento di tre anni fa e la sparizione per un’intera stagione calcistica, il sodalizio biancoceleste ha ricominciato dal fondo, dalla Terza Categoria, e in due anni ha intrapreso una bellissima cavalcata che l’ha portata sino in Prima Categoria. Facendo un parallelo con la vicina Tortona, sembra che le risorse economiche e le ambizioni non sia ancora al pari con quelle del Derthona. Forse un giorno accadrà, ma penso che per il professionismo bisognerà attendere ancora molto tempo. Sarebbe importante, per l’attuale Novese, attestarsi in una categoria più consona, come la Serie D.

Marcello grazie per il tuo tempo e in bocca al lupo per il libro. Uscito pochi mesi fa ha già riscosso un ottimo successo. Mi auguro che possa darti l’entusiasmo per raccontare ancora nuove vecchie storie.

Ti ringrazio tantissimo. Naturalmente non intendo fermarmi all’Arduo Cimento; infatti sto preparando un altro libro che ripercorre la vita e le gesta sportive di Giovanni Battista Rebuffo: talentuoso calciatore prima, nella fase pionieristica del calcio, e in seguito apprezzato allenatore in tutte le categorie, sino ad arrivare in Serie A con il Venezia, portando in Laguna l’unico trofeo di un certo prestigio della lunga storia neroverde, come la Coppa Italia del 1941.

 

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