Il libro di Christian La Lafauci ci permette di conoscere meglio la figura del mitico Bill Shankly. Ne abbiamo approfondito i temi con l’autore.
Come mai la letteratura italiana ha finora ignorato la figura di Bill Shankly?
Effettivamente in italiano abbiamo giusto la traduzione di ” Red or dead ” che nonostante l’attendibilità delle fonti e l’indubbio valore dell ‘opera è un punto di vista romanzato o libera interpretazione di David Peace. A mio avviso, tuttavia, la mancata considerazione del mercato italiano di un qualcosa di monografico su Shankly ,credo sia dovuto a più aspetti. In parte per un discorso cronologico/temporale, come anche ad un fattore geografico, ma forse provocatoriamente, aggiungerei che il non aver conquistato la coppa campioni possa a posteriori aver pesato non poco sulla considerazione goduta dalla sua figura al di fuori dei confini del regno unito
L’idea del libro nasce dalla volontà di esaltare colui che ha imposto il Liverpool ad alti livelli?
In parte,ma non solo: anzitutto il poter raccontare la parabola di un’esistenza umana prima ancora che sportiva di un personaggio positivo, autentico, inconfondibile, un uomo animato da una grande passione che ha decisamente lasciato il segno e il cui più grande risultato è stato ovviamente l’aver creato quel fenomeno di primo piano della storia del calcio chiamato Liverpool.
Quanto che dello Shankly “minatore” nella sua conduzione della squadra?
Shankly era già un uomo caratterialmente dotato di suo,e certo è che un’esperienza difficile e usurante come quella appunto della miniera, ne ha ulteriormente rafforzato tenacia, convinzione nei propri mezzi ed entusiasmo. Se esaminiamo infatti quel lavoro, dove si vive fianco a fianco con gli altri, oltretutto in condizioni ambientali tutt’altro che facili, s’impara a stringere i denti, ad aiutarsi l’uno con l’altro per superare i momenti più difficili, a fare ognuno la propria parte nel raggiungimento di un bene comune, e lo mettiamo in parallelo con la gestione di una squadra di calcio, pur nella specificità di ognuno, non faticheremo certo a trovarvi una forte similitudine di approccio, non a caso una sua celebre frase diceva proprio: ” noi siamo una squadra, condividiamo il pallone,il gioco e le preoccupazioni ” ,o il suo stesso concetto di socialismo, secondo cui ” ognuno lavora per gli altri, ognuno aiuta gli altri e ognuno ne ha condiviso i risultati alla fine della giornata
Come spieghi la simbiosi che è nata tra lui e la gente del Liverpool?
Credo per un reciproco riconoscimento di genuina autenticità. Anche qui una sua frase pare decisamente calzante, ovvero quella secondo cui il suo rapporto nei confronti dei tifosi dei Reds ” è una specie di matrimonio tra gente che si piace a vicenda “,in effetti lui era ben consapevole di quanto fosse sincero e profondo l’amore di quella gente nei confronti della squadra, i quali a loro volta capirono di quanto lui stesso fosse animato principalmente dalla volontà di portare in alto quel club unicamente per un sentimento che era nato verso quella città
Dove nasce la sua volontà di cercare giocatori validi tecnicamente ma anche caratterialmente?
La vedo come una sorta di imprinting con il suo carattere: la sua vita, dentro e fuori dal campo, gli aveva insegnato che anche dei notevoli mezzi tecnici o capacità non sono sufficienti ad emergere e primeggiare se non vanno di pari passo con una determinazione ed una volontà adeguata. Inoltre era per questo ben conscio che vista la concorrenza più che agguerrita dei grandi club inglesi del tempo, se una squadra si fosse voluta affermare in pianta stabile ad alto livello, quei giocatori non avrebbero dovuto soltanto essere muniti di pregevoli doti tecniche,ma anche di carattere da vendere.
C’è un giocatore al qualche Shankly è rimasto maggiormente legato?
Potrà sembrare ecumenico, ma l’anedottica dei suoi anni trascorsi a Liverpool, ci fa capire di quanto lui stabilisse con ognuno degli elementi a sua disposizione, un rapporto profondo, unico e speciale. Gli esempi non mancano : da Yeats a Toshack, ai quali fornì anche una preziosa collaborazione nel momento in cui iniziarono a intraprendere la carriera di allenatore, a Moran che nel corso degli anni diventò parte integrante della ” boot room “,fino ai vari Hughes, Smith e Keegan,anche se davvero sarebbe ingeneroso verso di lui ed il suo approccio, vedere una ristretta cerchia di ” preferiti “,e per capire meglio ci basta un esempio davvero significativo,ovvero la grande riluttanza a cedere nel corso degli anni quei giocatori che da un punto di vista anagrafico avevano per così dire fatto il loro tempo a Liverpool. Lui nutriva una profonda riconoscenza verso l’apporto che ogni singolo uomo aveva dato al fine di raggiungere i vari obiettivi, sapeva nell’ottica del gruppo, quanto fosse stata fondamentale la totale dedizione alla comune causa che ognuno aveva messo, e per lui anche cedere un calciatore che ormai aveva ” dato tutto ” la reputava come una forma di irriconoscenza verso il ruolo che avevano avuto nel portare la squadra così in alto.
Il suo addio al Liverpool è stato triste e mal digerito da lui: secondo te lui poteva comportarsi diversamente con la dirigenza)
Il suo ambiente naturale era il terreno di gioco, lo spogliatoio, non certo gli uffici dirigenziali…prova ne è la sua insofferenza alle riunioni societarie, tanto che lui stesso dichiarò di sentirsi come sulla sedia elettrica quando si trovava a colloquio con il presidente. Lui voleva fare soltanto il suo lavoro con la squadra ed essere messo nelle migliori condizioni di farlo,ed anche in questo caso,le talvolta estenuanti discussioni per convincere la società a mettergli a disposizione gli elementi che chiedeva, non contribuirono affatto ad avvicinare le parti e a normalizzare il clima. In tal senso, sebbene fosse un abile ed efficace comunicatore, non era certo un diplomatico, e da persona genuina e spontanea quale era,non era perciò incline a comprome6,edulcorazioni o strategie volte ad arruffianarsi i piani alti e ottenere benevolenza in società; lui sentiva di dover rendere conto unicamente a chi settimanalmente pagava un biglietto per assistere alla partita, erano loro il suo unico referente
Shankly è molte volte ricordato per le sue dichiarazioni pepate e per le buttade: credi possa essere identificato come un utilizzatore della stampa alla Helenio Herrera o alla Josè Mourinho?
Shankly sapeva benissimo il peso e l’importanza delle parole, quindi ci possono essere delle analogie; allo stesso modo lui aveva un approccio più spontaneo, viscerale e meno freddo e pianificato di altri. Molte delle sue dichiarazioni nascono in contesti più distesi, conviviali, talvolta mirate più a ironizzare su certi aspetti piuttosto che a controbattere su aspre polemiche; in sintesi si potrebbe affermare che per lui oltre ad un aspetto tecnico tattico, andava ugualmente curato anche quello ambientale e mediatico
Cosa resta delle idee di Bill Shankly del calcio odierno, molto diverso rispetto ai suoi valori?
Il calcio in tutti questi anni è profondamente cambiato, inutile girarci intorno; tuttavia se osserviamo il Liverpool anche nelle sue vicende più recenti, con quel gettare il cuore oltre l’ostacolo, il voler realizzare imprese sportivamente ai limiti dell’impossibile,lo stesso identificarsi con il proprio pubblico ed il sentirsi parte insieme a loro di un qualcosa di totalizzante e superiore da parte di un tecnico come Klopp, uomo proveniente da un’altra cultura, ma che a detta dei tifosi dei Reds ha diverse similitudini proprio con Shankly, che spesso ha citato sottolineandone il ruolo primario nel creare tutto ciò, se vediamo tutto questo non soltanto ci accorgiamo che qualcosa è rimasto, ma che è un qualcosa che ormai è parte integrante, è nel dna di uno dei più grandi club al mondo.
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