Il libro del giornalista di Mediaset Enzo Palladini ci ha dato la possibilità di approfondire i dettagli della figura di Alvaro Recoba. Ne abbiamo discusso con l’autore.
Come nasce l’idea e l’esigenza di scrivere un libro su Alvaro Recoba?
La conoscenza personale è stata un elemento fondamentale. Chi ha avuto un contatto diretto con il Chino non può non essere rimasto affascinato dal suo modo di essere, dalla sua filosofia o “non filosofia” di vita. E poi, Moratti. Quando un presidente arriva a elogiare pubblicamente un giocatore come è successo per l’ex numero uno nerazzurro con il suo pupillo, non può non scatenare una voglia di raccontare che porta a risultati di questo tipo.
Per molti il talento uruguagio ha sprecato in buona parte il suo grande talento, qual è la tua opinione in proposito?
Tutto questo si è detto di molti calciatori, addirittura di Ronaldo fenomeno. Ma la grandezza di Recoba, vera o presunta che sia, è indissolubilmente legata al suo modo di essere e di agire. Se il Chino fosse stato un alunno da primo banco come Guglielminpietro, sarebbe passato inosservato. Invece era capace di gol impossibili proprio perché viveva il calcio in maniera leggera.
Nel tuo bellissimo libro Recoba viene descritto come un inguaribile “Peter Pan”, quando questo è stato utile e controproducente nel suo modo di giocare?
Il calcio è fatto anche di fantasia e di coraggio. I bambini si avvicinano a questo sport proprio perché vedono dei gesti tecnici affascinanti. Essere un eterno Peter Pan può avere solo aiutato il Chino a sviluppare il suo gioco in quel modo.
Credi che la vicenda del passaporto abbia influenzato le sue prestazioni o il suo modo di essere calciatore? E quanto in tal senso il rapporto con Moratti è stato importante?
Le vicende esterne lo riguardavano molto marginalmente. Gli dispiaceva restare fuori durante il periodo della squalifica ma nessun fattore esterno avrebbe mai potuto condizionarlo durante una partita o un allenamento. Lo condizionavano molto di più le urla di Cuper che gli chiedeva di inseguire il terzino avversario sulla fascia. E Moratti l’avrebbe follemente amato a prescindere. Sulla vicenda del passaporto l’unica sua colpa fu quella di lasciar fare ad altri senza interessarsi in prima persona, altrimenti sarebbe finita diversamente.
La famosa partita contro il Brescia del 1997, dove il Chino ha segnato una strepitosa doppietta, può essere la risposta per chi volesse sapere “chi era Recoba”?
Il filmato di quella sua mezz’ora, prima giornata del campionato 1997-98, è sicuramente molto esplicativa in materia di Chinologia. Ma forse per capire davvero chi era Recoba andrebbero rivisti gli ultimi dieci minuti di Inter-Sampdoria 3-2 in cui fece passare il pallone in spazi che nessun umano avrebbe potuto esplorare.
Nacional ed Inter sono le due squadre alle quali Recoba è più legato, quali sono le differenze dei due rapporti?
In realtà la sua squadra di origine è stata il Danubio, ma nessuno lo cita perché da vecchio, dopo l’esperienza europea, sembrava aver dichiarato amore eterno al Danubio salvo poi tradirlo per il Nacional. La differenza è che per i tifosi del Nacional è una “leyenda”, una leggenda in assoluto. All’Inter invece è un grande amore per Moratti ma non per tutti i tifosi, che spesso l’hanno contestato per rivalutarlo solo nel tempo.
In un calcio ipertattico come quello dei nostri giorni c’è ancora spazio per i talenti come Recoba?
Anche vent’anni fa era difficile da collocare. L’unico ad averlo valorizzato al cento per cento è stato Walter Novellino, che lo schierava alle spalle di Maniero in un 4-4-1-1 molto difensivo. Ma bastava dare la palla al Chino e qualcosa succedeva. Oggi non avrebbe vita facile, ma non sarebbe una novità.
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