Con Danilo Crepaldi parliamo del suo interessante libro sul grande Vujdin Boskov, una delle uscite più interessanti del 2018.
Nella letteratura sportiva mancava decisamente un libro su Boskov. L’idea del libro nasce da questa esigenza?
Sicuramente un libro su Vujadin Boskov che raccontasse quella che è stata la sua vita mancava e mi stupisco come nessuno, prima di me, si sia interessato alla sua vicenda umana. La genesi di questo libro è, tuttavia, diversa! Nasce, innanzitutto dalla grande ammirazione che ho sempre nutrito, fin da bambino, nei confronti dell’uomo di Novi Sad ed all’interessamenti della Signora Aleksandra figlia, appunto, di Vujadin Boskov a questo progetto nonché al nostro comune desiderio di rendere giustizia ad un allenatore ed un uomo unico ed inimitabile quale era il tecnico blucerchiato.
Cosa ti ha maggiormente colpito della sua figura durante la stesura del libro?
Boskov è stato una persona che mi ha colpito sotto molti punti di vista, umano, sportivo e caratteriale ma la sua peculiarità più grande era la sua grande coerenza; infatti fu un uomo che non tradì mai i suoi ideali di vita soprattutto nei momenti difficili in cui alcune sue decisioni avrebbero potuto portare a ripercussioni gravi sulla sua carriera di giocatore, prima ed allenatore poi nonché nella sua vita privata. Ne sono un esempio, lampante, i suoi contatti con i dirigenti federali jugoslavi ed il suo rifiuto di vestire, da giocatore, le maglie di Stella Rossa e Partizan società, all’epoca, imperanti nel calcio jugoslavo.
Boskov si è sempre tenuto lontano dalla politica, nonostante nel contesto dell’ex Jugoslavia fosse praticamente impossibile. Qual è la tua riflessione in merito?
Vujadin era un uomo colto, molto intelligente il quale sapeva sempre come approcciarsi con la politica senza compromettersi e senza crearsi dei nemici. Credo che alla luce di quanto scritto nel mio libro si possa tranquillamente affermare che Vujadin Boskov seppe plasmarsi alla politica jugoslava senza per questo mai rinunciare alle sue idee anche, e soprattutto, quando queste erano in disaccordo con i dettami degli alti papaveri del governo socialista di Tito e con i vertici federali del suo paese. Questo suo modo di essere si riscontrò anche in alcune sue esperienze da allenatore in club come la Roma di Ciarrapico ed il Perugia di Gaucci ma soprattutto nei suoi due mandati da C.T. della Jugoslavia.
Quando si parla di Boskov prevale la figura di allenatore rispetto a quella di eccellente centrocampista. Credi che le sue doti da calciatore meriterebbero maggior celebrazione?
Di questo ne sono fermamente convinto infatti uno degli obbiettivi di PALLONE ENTRA QUANDO DIO VUOLE è quello di dare una visione a 360° gradi di Vujadin Boskov. In Italia, per troppo tempo, i media ma anche i tifosi e le persone comuni hanno avuto una visione limitata dell’uomo di Novi Sad ricordandolo quasi esclusivamente come l’allenatore della Sampdoria scudettata e vice campione d’Europa. In verità fu molto più di tutto questo! Fu dapprima un ottimo studente per poi diventare uno dei più grandi centrocampisti, non solo jugoslavi ma europei, degli anni ’50 come testimoniano le due convocazioni con la selezione del Resto d’Europa. Fu inoltre poi un grande allenatore, non solo a Genova, ma in tutte le squadre che ha allenato riuscendo, fra le altre cose, a regalare uno storico scudetto alla “Sua” Vojvodina spezzando lo strapotere di Stella Rossa e Partizan Belgrado ed un incredibile Coppa d’Olanda alla guida del piccolo Den Haag. Cosa, non meno importante, fu anche un ottimo marito ed un padre meraviglioso nonché un uomo molto saggio che sapeva ironizzare sulla vita regalando aforismi e perle di saggezza che ancora oggi sono attuali. Il Boskov giocatore ed il Boskov allenatore sono sicuramente figure importanti ma Vujke fu decisamente di più di tutto questo.
Hai avuto la possibilità di avvalerti delle testimonianze di tanti ex giocatori allenati dal Boskov, quali aspetti sono maggiormente emersi e quali sensazioni ti hanno trasmesso?
La Signora Aleksandra e tutti gli ex giocatori, collaboratori ed amici di Vujadin hanno tutti espresso un grandissimo rispetto ed un grandissimo amore nei suoi confronti. Se questo può essere normale, e forse scontato per sua figlia Aleksandra non lo era altrettanto nelle altre persone interpellate che lo hanno descritto come un uomo giusto che manteneva sempre le promesse fatte. Personalmente mi hanno emozionato e commosso perché è raro trovare una persona così ben voluta ed ammirata da tutti che è stata in grado di lasciare un segno tangibile ed indelebile nelle persone che lo hanno conosciuto.Approfitto di questa domanda anche per dire che questo libro non è solo mio ma anche di tutte le persone che mi hanno aiutato ed in particolare della Signora Aleksandra che si è letteralmente “fatta in quattro” perché questo libro vedesse la luce. Ognuno di loro ha regalato un pezzetto dell’amore che Vujadin Boskov aveva lasciato loro e di questo li ringrazio di cuore.
Per metodologie di allenamento e stile di comunicazione l’allenatore di Begeč è visto come un precursore. Sei d’accordo? Rivedi certe caratteristiche in qualche allenatore odierno?
Anche questo è un aspetto che in Italia era poco noto anche perché è stato, da certi addetti ai lavori erroneamente, bollato come un allenatore legato indissolubilmente alla marcatura a uomo e quindi di “vecchia scuola”. Vujadin Boskov invece fu un innovatore e lo è stato per tutta la durata della sua carriera dapprima proponendosi, in quel di Novi Sad, come manager prima che come allenatore e poi in seguito migliorando le metodologie di allenamento in tutti i paesi in cui ha allenato! Tanto è vero che dalla “sua scuola” sono venuti fuori allenatori come Vicente Del Bosque e Radomir Antic ma anche Sinisa Mihajlovic e Roberto Mancini. Per rispondere al secondo quesito di questa domanda direi che nel modo di comunicare con i media penso che Mourinho sia quello che li si avvicini di più anche se Boskov era decisamente più simpatico e soprattutto meno borioso e snob del tecnico di Setubal ma per il resto negli allenatori di oggi vedo poco di Vujadin Boskov, e questo credo sia una perdita enorme per il movimento calcistico, perché il suo calcio era semplice e genuino mentre oggi, in molti, si riempiono la bocca con la parola tattica che penso Vujke abbia usato di rado. Boskov parlava di calcio senza fronzoli, spesso usando metafore bellissime, e senza mai cercare allibi per le sconfitte rispettando tutte le persone che li stavano attorno senza mai entrare in polemica con terzi. Questo, purtroppo, negli allenatori di oggi è molto meno riscontrabile.
Le due finali di Coppa dei Campioni perse rappresentano secondo te l’unico rimpianto nel contesto di una grandissima carriera?
Penso che Vujke risponderebbe a questa domanda con queste parole: “Dopo pioggia viene sempre sole!” sottolineando il fatto che quelle sconfitte lo avessero ,comunque, migliorato e da esse abbia imparato delle cose importanti da trasmettere ai suoi giocatori. Non credo che per Boskov siano state un rammarico anche perché era un uomo positivo che guardava sempre avanti e sono convinto che lui sia stato molto orgoglioso e contento dei risultati conseguiti nella sua lunga carriera.
Quanto manca Vujadin Boskov al calcio di oggi?
Tantissimo, di Boskov manca il sorriso, la simpatia, gli aforismi, la sua schiettezza e la sua imprevedibilità. Credo che nel calcio moderno un personaggio come Boskov permetterebbe a tanti tifosi di rinnamorarsi di questo sport che sta diventando .
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