Il libro di Daniele Poto è una piacevole esperienza per implementare ed apprezzare maggiormente la figura del grande Pelè. Ne abbiamo approfondito i contenuti con l’autore.
Pelé è indubbiamente un’icona calcistica mondiale, cosa ti ha spinto ad approfondire la sua figura e la sua importanza in tale contesto?
L’etichetta di n. 1 del calcio di tutti i tempi. E anche la sua icona, relativamente incontaminata rispetto, a esempio, a quella del suo grande contender nei sondaggi: Diego Armando Maradona. Si è trattato di un’esplorazione in un calcio e un continente diverso per far rimarcare le differenze con il football attuale.
Nel corso del tempo il nome Pelé è diventato un marchio, un fenomeno mediatico ed un grandissimo business: tutto ciò come si combina con la sua figura di fuoriclasse in campo?
Anche in questo caso è stato un precursore. Ambasciatore di un Paese (il Brasile) del calcio (nel mondo) abile promotore di sé stesso, contattato dalle industrie per promuovere il viagra come un marchio di carta igienica. Anche in questo caso un precursore pure se a volte i suoi affari, per incauti affidamenti a consulenti inaffidabili, sono andati a male e lo hanno portato vicino al fallimento. Pelé è calcio e Brasile più di qualunque altro calciatore nella storia di questo sport.
Quale sua performance ti ha maggiormente entusiasmato o emozionato: quello del Pelé ragazzino al Mondiale del 1958 o quella del Pelé maturo del Mondiale del 1970?
Sono i due estremi di una carriera formidabile, del calciatore capace di vincere tre edizioni del mondiale delle quattro vissute. Mai nessuno come Pelé in un mondiale come quello del 1958 mentre quello del 1970 è lo splendido tramonto incastonato nel miglior quintetto d’attacco della storia. Impensabile oggi uno sbilanciamento offensivo del genere: Gerson-Rivelino-Tostao-Pelé-Jairzinho. Dunque è difficile e persino ingrato scegliere.
Qual è la tua opinione sul suo rapporto con Garrincha e cosa pensi di chi ritiene Manè addirittura superiore a O Rei?
Pelé vince per lunghezza di carriera e densità, numero di gol, mantenimento al vertice; Garrincha per picchi intensivi. Ma la rivalità tra i due è impensabile riconoscendo e conoscendo la loro amicizia, una patente d’imbattibilità dato che non hanno mai perso un match giocato in sinergia con la nazionale del Brasile. E le partite in questione non sono state poche! Insieme compongono un tandem formidabile e irresistibile sul campo.
Chi non ha vissuto il suo periodo agonistico lamenta la scarsa disponibilità di immagini a riguardo, qualora si tratti di indicare il più grande di sempre: come il tuo libro può colmare la lacuna?
Anche questa è stata una motivazione per scrivere in libro in una bibliografia non vasta come ci si aspetterebbe. In Italia solo citazioni e capitoli per lui, un libro per ragazzi e una recente pubblicazione di Rcs. Ho pensato di scrivere un libro tradizionale ma aggiornato sul suo presente e spalancato sul futuro. Oltretutto proiettato in un orizzonte più vasto anche se auguro lunga vita a Pelé che oggi ha 78 anni.
Cosa ha avuto Pelè in più rispetto ai campioni di oggi? Perché è ancora un simbolo del calcio a più di 40 anni dal termine della sua gloriosa carriera?
Perché constatiamo il suo orgoglio di giocare in un’unica squadra del suo Paese, di essere un giocatore simbolo. Per il Santos, per la nazionale brasiliana, per il Brasile tutto. Un simbolo riconoscente e riconosciuto. Dopo una gavetta che sapeva di povertà, di favelas, di ascesa sociale. Ecco oggi nel calcio globalizzato e demitizzato una storia così sarebbe irraccontabile. Anche se ci sono giocatori che sono appartenuti a una sola squadra come Totti.
Rispondi