TITOLO : I DUELLANTI
AUTORE: Paolo Condò
EDITORE: Baldini -Castoldi
ANNO PUBBLICAZIONE: 2016
PREZZO : 15 euro
PAGINE : 217
Prendete l’innata capacità di romanzare di ogni buon letterato che si rispetti, aggiungeteci conoscenze calcistiche da far rimanere a bocca spalancata, passateci una non invasiva spruzzatina di pathos e concludete il tutto con una camicia rigorosamente bianca, proprio come la purezza del suo spirito profondamente corretto: eccovi Paolo Condò.
Breve presentazione del nostro eroe: si tratta dell’unico giornalista italiano a votare per il Pallone d’oro, nonché conduttore del programma d’approfondimento targato Sky “Mister Condò” – in cui vengono passate in rassegna le carriere dei migliori allenatori italiani – e storica, nonché validissima, penna de La Gazzetta dello Sport.
DUELLIAMO, MA PER IL GUSTO DI FARLO
Sulla copertina del libro si staglia – poderosa – la frase più azzeccata per introdurre i lettori al tema che verrà affrontato: “Quando non c’è offesa, il motivo dell’odio profondo e del duello è il duello stesso.”. Frase che verrà, poi, ripresa nell’ultima pagina della narrazione, quando Condò definisce un tesoro la possibilità di avere un
oppositore che ti costringa a dare il meglio, pena la sconfitta.
Il titolo scelto dal giornalista deriva da quello del film diretto da Ridley Scott (I duellanti, appunto), ripreso – a sua volta – dal racconto Il duello, di Joseph Conrad. I personaggi del film vengono spesso e volentieri paragonati ai due protagonisti scelti da Paolo Condò, ossia José Mourinho e Josep Guardiola, probabilmente i due allenatori più competenti ed influenti del terzo millennio. Da un lato un inarrivabile provocatore, un eccelso comunicatore ed un esuberante motivatore, dall’altra parte un elegante lord su cui son cuciti addosso i princìpi di sportività, rispetto morale e aplomb degni della storica universidad blaugrana.
COME D’HUBERT E FERAUD
Pep (sarà proprio questo nome a far venir fuori dalle righe il glaciale allenatore del Barca) pare esser uscito dallo stesso stampino che ha partorito Armand D’Hubert: nobile (lord, appunto), superiore (ad ogni critica) e distante (dalle tante provocazioni). José, invece, da eccezionale innovatore nell’ambito della comunicazione, ha tutto quello che rese celebre Gabriel Feraud: orgoglioso (poche idee, ma fisse), sanguigno (affronta tutto al 100%, altrimenti non sarebbe Mourinho) ed eccessivo (il pizzicare è all’ordine del giorno).
18 GIORNI TERRIBILI
La narrazione non risparmia salti di parecchi anni, dai primi vagiti di “amicizia” tra i due protagonisti sino all’ultima stagione, quella “inglese”. Oggetto di discussione è l’arco temporale che abbraccia – per un fortuito caso del calendario spagnolo – ben 4 sfide tra Real Madrid e Barcellona: nell’aprile del 2011, in soli 18 giorni, Guardiola e Mourinho si videro praticamente come due parenti stretti.
“come due parenti stretti”
Condò, da reporter vecchio stampo, seguì ogni singolo passo dei due, riservando grande importanza ad ogni fattore esterno che vi giostrava attorno. Dalla protezione incondizionata nei confronti del figliol prodigo Messi ad un rapporto d’amore mai sbocciato con Ronaldo. E poi le città: radio accese 24 ore su 24 per parlare di un solo argomento, mandando al diavolo l’obiettività e tirando – più che mai – l’acqua al proprio mulino.
Ma, in tutto ciò, ci sono anche figure positive: fondamentale, per esempio, è stata la presenza di un certo Manuel Estiarte (gli “sportofili” sgraneranno gli occhi), fido consigliere di Guardiola; e guai, però, a trascurare le singole domande in sala stampa, vere e proprie micce di Sarajevo per dar vita alla guerra. Fredda, ma pur sempre guerra.
Già, la sala stampa…
COME UN ANFITEATRO
Dove i gladiatori si preparano per stendere definitivamente l’avversario. Mourinho (e Guardiola lo sa bene, visto che lo ripete più volte) è più bravo ed efficace: comunica ciò che sente come pochi altri, colpisce il tallone d’Achille del rivale e si alza dalla poltrona quasi sempre soddisfatto. A Pep, il più delle volte, spettava una difficile replica: l’obiettivo di José era farlo scendere dal piedistallo che è stato bravo a creare sin dai primi giorni di carriera, dunque mantenere la coerenza era la sfida più difficoltosa in assoluto per il catalano. Che, alla fine, si sentirà quasi in dovere di “deporre le armi”. Anche se non da sconfitto…
FINO ALLA FINE
Il filo rosso del destino che lega Mourinho a Guardiola – dalla quasi rissa del San Mames ad oggi – non pare avere una fine prefissata: riprendendo la frase citata in apertura, i due continuano a lavorare motivati, in (larga) parte, dalla rivalità con l’altro. Guardiola, più calmo, si è sentito debilitato, tanto da prendersi un anno sabbatico. Ma, scegliendo il Manchester City, ha implicitamente richiamato a sé Mourinho: chiara la scelta del “nemico” di sposare il progetto United, in modo da aggiungere un capitolo in più ad uno dei duelli più mozzafiato dell’intera storia del calcio.
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Condò Paolo
Commentatore sportivo e anchorman televisivo dei programmi Sky, ha gestito per anni la sezione legata al calcio internazionale della «Gazzetta dello Sport». È l’unico italiano a votare per […]
Angelo Abbruzzese
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